Non bastavano gli allevamenti intensivi, l’esplorazione mineraria e la vendita illecita di legno, fatti dai rispettivi “professionisti” del settore. Da qualche tempo a devastare la foresta amazzonica, il polmone del pianeta, ci si è messo pure un intruso, che però è una delle maggiori se non la maggiore economia sommersa del mondo: il narcotraffico. La prova è che persino l’UNODC, l’ufficio dell’ONU che si occupa proprio di monitorare il traffico internazionale di droga, per la prima volta nella sua relazione annuale ha dedicato un apposito capitolo al “narco-disboscamento”.
Amazzonia: 900 rotte della droga e attività criminali
“L’economia del narcotraffico nel bacino dell’Amazzonia – scrive il documento – sta ampliando la sua attività ad altri segmenti, come l’estrazione illegale di legno, l’esplorazione mineraria illecita, il sequestro illegale di terre, e persino il traffico di animali selvatici”. Senza contare che anche la sola attività di narcotraffico pregiudica l’equilibrio dell’ambiente e soprattutto la sicurezza delle comunità indigene, visto che passano attraverso l’Amazzonia ben 900 rotte della droga, in particolare della cocaina, all’interno di quattro Stati del Sudamerica: Brasile, Colombia, Perù, Bolivia.
Lo studio dell’UNODC ha preso in considerazione dati statistici ufficiali e realizzato 25 interviste con esperti dell’area, giungendo quindi alla conclusione che non solo i narcos utilizzano il bacino amazzonico per coltivare e trasportare la droga, ma già che lo frequentano così assiduamente ci stanno mettendo le mani a 360 gradi, mettendo ancora più a rischio la tenuta dell’ecosistema, ora minacciato non solo dal “semplice” disboscamento ma anche da tutta una serie di attività criminali, che espone le comunità indigene alla violenza armata, all’intossicazione da mercurio e alle migrazioni. Le comunità indigene infatti vengono sfrattate oppure sfruttate per l’attività in questione (ad esempio l’estrazione di oro o pietre preziose, in condizioni di assoluta insicurezza), per non parlare di stupri e traffico stesso di esseri umani, anche minori.
Che cos’è il narco-disboscamento
Il “narco-disboscamento” non è altro, dunque, che la golosa opportunità di riciclare direttamente in loco il denaro derivante dal traffico di stupefacenti, che viene ripulito attraverso l’acquisto di terreni e altre attività illecite e speculative, compresa la stessa coltivazione delle sostanze da collocare sul mercato, come cocaina, marijuana ma anche droghe sintetiche di origine vegetale. Il disboscamento selvaggio viene fatto pure con l’intento di cementificare il più aree possibile, in modo da costruire strade più comode per i traffici e anche piste clandestine per far atterrare e decollare aerei, altro business crescente all’interno della foresta pluviale più estesa del pianeta.
Ormai le piste per aerei clandestine sono centinaia: un recente studio ne ha contate quasi 3.000, di cui solo il 58% appare sui registri ufficiali, mentre il 28% sorge in aree teoricamente protette, come quella della comunità yanomami, che nei primi mesi del 2023 ha registrato 130 morti – di cui la maggior parte bambini di meno di 4 anni, per denutrizione – per un’emergenza di salute legata all’invasione della riserva. Sotto il governo Bolsonaro, le morti nella riserva yanomami sono aumentate del 331% in quattro anni, come conseguenza delle attività illecite nell’area, comprese quelle legate agli “eco-narcos”.
Tutto questo è ancora più preoccupante se legato agli ultimi dati sul traffico mondiale di droga: secondo l’UNODC sono quasi 300 i milioni di persone nel mondo che fanno uso di sostanze stupefacenti, vale a dire un aumento del 23% negli ultimi dieci anni. Non solo: 39,5 milioni di persone soffrono gravi problemi di salute per colpa dell’assunzione di droghe, un aumento del 45% in un decennio, e soprattutto solo una su cinque riceve un trattamento medico adeguato. Questo va a vantaggio del narcotraffico, che può così potenziare il suo business.
Amazzonia: nel 2022 abbattuti 21 alberi al secondo
E nel frattempo la foresta amazzonica piange: secondo il rilevamento di MapBiomas, nel 2022 sono stati abbattuti 21 alberi al secondo.
Un dato spaventoso che si porta dietro tutte le conseguenze ecologiche, ma pure geopolitiche: in uno scenario del genere per la comunità internazionale è sempre più difficile portare avanti le politiche verdi efficaci. Il Fondo Amazzonia, re-istituito con il ritorno di Lula alla presidenza del Brasile, vede ora il contributo solo di Germania e Norvegia, con la promessa di fondi da parte di Usa, Unione europea e Regno Unito. Ma nel frattempo la stessa Ue ha accelerato, unilateralmente, l’entrata in vigore delle sanzioni per le imprese sudamericane che esportano materie prime attraverso attività illegali: a partire dal 2024 sarà completamente proibito importare prodotti di origine illecita in Europa, nonostante le proteste del Brasile e del Mercosur. E la colpa è anche del traffico di droga.