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La digitalizzazione aumenta la produttività, ma non in Italia

FIRSTonline

Nella frase d’apertura del rapporto sull’Italia la Commissione Europea ricorda la necessità di aumentare la bassa produttività del paese e con essa la crescita potenziale con effetti positivi che vanno da un più alto livello dei salari alla sostenibilità del debito pubblico. Poiché la crescita della produttività totale (non solo e non tanto quella del lavoro) è la via per aumentare la prosperità e poiché questa crescita ristagna in tutti i paesi ricchi, ma in misura minore che in Italia, gli studi e le analisi si moltiplicano per scoprire come farla ripartire.

Una strada per capire è studiare come fanno le imprese “alla frontiera” ad ottenere una crescita della produttività totale di 4-5 volte maggiore rispetto alle meno produttive, e la differenza cresce a 10 volte per la produttività del lavoro. 

La ripresa dopo la crisi ha visto allargarsi la forbice tra la produttività totale che cresce nelle industrie alla frontiera con maggiore intensità digitale e le imprese meno produttive.

Quindi l’adozione del digitale è lo strumento principe per l’aumento della produttività.

La buona notizia è che aumentare la produttività delle imprese lontane dalla frontiera farebbe aumentare decisamente la produttività totale. Ma non è facile. Al momento, sono le imprese alla frontiera a profittare di più delle nuove tecnologie. 

Gli investimenti nella banda larga, nel cloud computing, nell’Enterprise resource planning o nel Customer relationship management sono necessari, ma non sufficienti: come mostra la figura sotto, le nuove tecnologie digitali sono adottate dal 50% al massimo delle imprese nelle economie avanzate, con l’eccezione dei paesi nordici. Anche in Germania, dove la banda larga ad alta velocità è disponibile e a prezzi ragionevoli, solo il 50% delle imprese l’ha adottata.

FONTE: OECD

La cattiva notizia è che il digitale funziona solo se management, lavoratori e istituzioni sono preparati ad accoglierlo. In caso contrario, non solo non si hanno i benefici del digitale, ma se ne subiscono i rischi. 

Uno studio OCSE per l’Internet Governance Forum 2018 ha concluso che tecnologie sicure possono migliorare la vita solo di chi ha le capacità per usarle. Altrimenti prevarranno i rischi che comporta l’accesso alla tecnologia digitale.  

L’OCSE ha compiuto un grande sforzo di raccolta dei dati relativi a vantaggi e rischi della digitalizzazione, in primo luogo creando una morfologia dei rischi e dei benefici. Tra i benefici, l’accesso alle informazioni gratuito, la disponibilità di una più ampia scelta di beni di consumo, i guadagni di efficienza. Tra i rischi, il digital divide, ovvero differenti possibilità di accesso e capacità per farne uso; la scarsa digital literacy, ovvero come navigare in modo sicuro lo spazio digitale che richiede un mix di conoscenze tecniche e spirito critico per filtrare e selezionare l’ informazione di qualità, non farsi coinvolgere (self-control digital involvement), evitare problemi mentali (per esempio saper resistere al bullismo online); il furto di dati privati e cyber-hacking.

Nella tavola un esempio dei 33 indicatori messi a punto dall’Ocse e la loro classificazione come rischio o opportunità:

FONTE: OECD

Per diverse dimensioni del benessere, gli indicatori sono rappresentati in una “ruota” del benessere digitale il cui centro corrisponde ai risultati minimi e il cerchio intermedio ai risultati massimi con in blu le opportunità e in giallo i rischi.

FONTE: OECD

 

FONTE: OECD

Si nota che in Finlandia ci sono molti benefici e pochi rischi al contrario dell’Italia che ha molti rischi e pochi benefici.

E’ importante notare che non c’è correlazione tra rischi e benefici/opportunità, ovvero all’aumento delle opportunità non aumentano necessariamente i rischi, come si nota nella tavola seguente:

FONTE: OECD

Le opportunità sono collegate all’accesso al digitale, che è quindi condizione necessaria, ma senza le capacità di usarne può provocare gravi rischi. Tutti vorremmo essere nel quadrante in basso a destra con bassi rischi e alte opportunità. Ne deriva che gli incentivi pubblici all’adozione di tecnologie digitali sono utili se il terreno è preparato per il suo utilizzo: mentre si sta completando la fornitura di fibra sul territorio, è dunque necessario lo stesso impegno per la formazione degli adulti di tutte le età in cerca di lavoro. Ma anche l’introduzione nei programmi delle scuole elementari della logica boleana e nei programmi delle medie e superiori della digital literacy, alfabetizzazione digitale, e dell’approfondimento delle capacità di pensiero critico e originale degli studenti. 

La diffusione dell’e-government, oltre ai guadagni d’efficienza della Pubblica Amministrazione, fornirebbe anche un’arena di apprendimento per il pubblico. Inoltre occorre incoraggiare le iniziative delle organizzazioni industriali per facilitare joint ventures dei laboratori universitari con imprese digitali per mettere a frutto le sinergie superando gli ostacoli burocratici o “territoriali” che affliggono le une e le altre.

Sono misure limitate e anche poco costose se si chiamassero a contribuire agli insegnamenti e le ricerche le imprese digitali che hanno un interesse alla moltiplicazione dei potenziali clienti/utilizzatori. Ma occorre convincere o neutralizzare potenti lobbies per lo status quo, come negli altri settori che ostacolano la ripresa della crescita in Italia. Il dibattito con queste lobbies e tutti gli stakeholders, a cominciare da studenti, deve cominciare al più presto. 

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