La crisi finanziario-economica ha avuto come conseguenza anche quella di rallentare il processo di ricambio delle imprese. Il fenomeno è evidente negli Stati Uniti, dove nel 2009 il numero delle nuove imprese nate è inferiore di quasi 100mila unità rispetto a quello degli anni precedenti. In Europa il calo (relativo) maggiore si è avuto in Spagna, dove rispetto al 2006 il numero delle nuove imprese nate si è dimezzato.
In Italia gli ultimi dati (riferiti al 2009) registrano un calo del tasso di natalità delle imprese e un aumento di quello di mortalità, con un turnover ancora positivo ma in netta flessione rispetto a quello dell’anno precedente, e soprattutto rispetto al valore del 2006, quando a fronte di 12,5 imprese nate ogni cento attive ne risultavano cessate 8,5.
Le imprese italiane sopravvissute dopo tre anni dalla nascita hanno una dimensione media superiore a quella originaria e a quella media del sistema. Nel 2009 le imprese nate tre anni prima avevano una dimensione media di 5 addetti, contro il 3,9 complessivo. La differenza è rilevante soprattutto nei servizi, dove a una dimensione media di 3,2 addetti fa riscontro una di 4,7 delle imprese più giovani, mentre vale il contrario nell’industria, dove le nuove hanno in media 6,1 addetti contro i 9,9 generali.
Nello studio della dinamica delle imprese un ruolo importante spetta alle high growth: imprese che, grazie a una crescita notevole, forniscono un contributo importante alla creazione di lavoro. Secondo l’Ocse in alcuni paesi (tra cui Francia, Italia, Paesi Bassi e Grecia) una quota compresa tra il 50 e il 60% dell’incremento dell’occupazione nella seconda metà degli anni Novanta è da attribuire all’attività di queste imprese, mentre negli Stati Uniti esse hanno determinato quasi l’intero aumento dei posti di lavoro tra il 1994 e il 2006.
In Italia le imprese high growth nel 2009 risultavano 5.073, un valore in flessione rispetto a quello del 2008. La maggior parte di queste imprese (40%) opera nel comparto dei servizi (escluso il commercio) e nell’industria (27%). Nel triennio 2006-2009 il loro contributo in termini di occupazione ha bilanciato la notevole perdita di posti di lavoro (-35,2%) registrata nelle altre imprese.
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Allegati: Focus Bnl Costagli – 04 gennaio 2012 (1).pdf