C’è l’industria dell’automobile dietro l’inattesa e brusca frenata dell’economia dell’Eurozona dalla seconda metà del 2018. E non tanto per ragioni congiunturali, quanto per fattori strutturali. Quindi, la zavorra dell’auto è destinata a permanere, almeno fino a quando tali fattori non saranno stati superati. Con i consumatori che stanno fuggendo dai veicoli diesel, e vogliono acquistare autovetture motorizzate elettriche o ibride o al massimo benzina, i produttori si trovano con una capacità produttiva inadeguata: una parte di essa è destinata a essere smantellata (con eff etti sull’ammortamento e quindi sui bilanci delle imprese) e un’altra parte semplicemente non c’è ancora. Due sono i fattori che hanno spinto la domanda a riorientarsi verso combustibili diversi dal diesel: le norme più stringenti UE; la pubblicità e gli annunci delle case automobilistiche riguardo all’introduzione di auto elettriche.
Il giro di vite regolatorio non è finito e tende a mettere fuori mercato le auto diesel. Perciò la debolezza di produzione e domanda ex post di autovetture continuerà a permanere perché la produzione di diesel dovrà adeguarsi alla domanda decrescente di tale motorizzazione e la produzione di autovetture elettriche rimarrà in ritardo nell’attrezzarsi alla crescente richiesta di questa alimentazione. L’effetto finale, comunque, è di deprimere la crescita dell’Eurozona.
Fattori strutturali dietro il crollo dell’auto
Quando il ciclo economico volge al brutto è usuale che ne risentano, e anzi guidino lo scalare di marcia, i beni di consumo durevoli che, al pari degli investimenti, seguono l’andamento della fiducia e delle attese sul futuro. In particolare, ciò vale per l’acquisto di autovetture, che per le famiglie costituiscono un impegno economico rilevante (“big ticket”, secondo il nomignolo americano), a cui si rinuncia quando si teme di non riuscire a far quadrare il bilancio domestico. Quindi è naturale che il peggioramento della crescita sia correlato con lo stop o addirittura la retromarcia della domanda di autovetture. Tuttavia, lo scorso anno la dinamica del reddito delle famiglie dell’Eurozona ha continuato a essere alimentata generosamente dall’aumento dell’occupazione e dei salari reali, sia pure con ritmi non uniformi nei diversi paesi.
La fiducia dei consumatori, inoltre, è scesa in modo più rapido sul finire del 2018, ma non in misura tale da giustificare il repentino ripiegamento che si è osservato nelle vendite di auto. Gli indici del clima di fiducia sono rimasti nettamente al di sopra della media di lungo periodo; lo stesso si può affermare per le intenzioni di acquisto di beni durevoli, nel presente e nel prossimo futuro. Questo spiega perché nell’intero 2018 c’è stata stabilità delle vendite di auto (-0.4 per cento per l’intera UE, dopo il +3.3 per cento del 2017). D’altra parte, i consumi totali dell’Area euro sono aumentati dell’1.3 per cento nel 2019, dopo l’1.8 per cento nel 2017; anche questo un segnale che la domanda delle famiglie non ha conosciuto un arresto. Nella seconda parte dell’anno c’è stato sì un rallentamento, ma le variazioni sono rimaste di segno positivo (+0.1 per cento nel terzo e +0.2 nel quarto trimestre).
Il profilo delle vendite di auto durante il 2018, invece, è stato a due facce: +4.4 per cento annuo nei primi otto mesi e -10,8 per cento negli ultimi quattro. Al netto delle oscillazioni mensili, i dodici mesi terminanti ad aprile scorso registrano una contrazione sui dodici mesi corrispondenti. Lo spartiacque è stato costituito dall’avvio del secondo stadio dell’introduzione delle nuove norme contro l’inquinamento, ossia del passaggio dal sistema NEDC (New European Driving Cycle) al sistema WLPT (Worldwide Harmonised Light Vehicle Test Procedure). Il NEDC in realtà non era per nulla “nuovo“, essendo stato ideato negli anni ‘80 e applicato in base a una direttiva del 2007. Era imperniato su condizioni di guida da laboratorio e assai improbabili a verificarsi nella realtà.
Lo scandalo diesel scoppiato nel settembre 2015 (centraline che modificavano le prestazioni e quindi consumi ed emissioni in fase di test), grazie all’indagine delle autorità USA, ha rivelato non solo il comportamento fraudolento di alcune case automobilistiche europee e soprattutto tedesche (la Volkswagen essendo stata colta in flagrante per prima e in misura macroscopica), ma anche l’inutilità di quel test ideato con il beneplacito e la lobby degli stessi produttori di auto. In altre parole, l’Unione Europea, sia nel suo organo più politico (il Consiglio) sia in quello più esecutivo (la Commissione), era stata catturata (senza opporre grande resistenza) dai produttori di automobili, in primis i tedeschi.