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La Consulta boccia i referendum sulla legge elettorale

Dopo un giorno e mezzo di camera di consiglio è arrivato il verdetto negativo: entrambe le proposte di quesiti referendari sono state giudicate inammissibili dalla Corte Costituzionale – Di Pietro: “Ormai siamo alla deriva antidemocratica, manca solo l’olio di ricino. E’ un piacere al Capo dello Stato” – Il Quirinale: “Volgari insinuazioni”.

La Consulta boccia i referendum sulla legge elettorale

La Corte Costituzionale ha bocciato la proposta di refendum per l’abolizione della legge elettorale oggi in vigore, il cosiddetto “Porcellum“. Dopo una camera di consiglio durata oltre un giorno e mezzo, nessuno dei due quesiti referendari ha superato l’esame della Consulta. 

“La Corte costituzionale – si legge nel comunicato – ha dichiarato inammissibili le due richieste di referendum abrogativo riguardanti la legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l’elezione della camera dei deputati e del Senato della Repubblica). La sentenza sarà depositata entro i termini di legge”.

Furibonda la reazione di Antonio Di Pietro, promotore del referendum insieme ad Arturo Parisi: “L’Italia si sta avviando, lentamente ma inesorabilmente verso una pericolosa deriva antidemocratica – ha detto il leader dell’Idv -, ormai manca solo l’olio di ricino. Quella della Corte non è una scelta giuridica, ma politica, per fare un piacere al capo dello Stato, alle forze politiche e alla maggioranza trasversale e inciucista che appoggia Monti, una volgarità che rischia di farci diventare un regime”.

A stretto giro è arrivata la reazione del Quirinale: “Parlare della sentenza odierna della Corte Costituzionale come di una scelta adottata per fare un piacere al Capo dello Stato – si legge in una nota del Colle – è un’insinuazione volgare e del tutto gratuita, che denota solo scorrettezza istituzionale”. 

Nella seduta di oggi erano presenti tutti i 15 giudici che compongono la Consulta. Il primo quesito sottoposto alla loro valutazione chiedeva l’abrogazione totale della legge ideata dall’ex ministro Roberto Calderoli (e da lui stesso definitita “una porcata”), che attraverso l’espediente delle liste bloccate non consente ai cittadini di esprimere alcuna preferenza sui nomi dei parlamentari da eleggere.

Il secondo quesito chiedeva invece di cancellare una per una le modifiche apportate alla precedente legge elettorale (il “Mattarellum”), che nelle intenzioni del comitato promotore del referendum sarebbe dovuta tornare immediatamente in vigore una volta abolita la legge Calderoli.

Così non è stato, ma da giorni gli esponenti di Pd, Pdl e Terzo Polo continuano a ripetere che la legge elettorale sarà comunque modificata in Parlamento. In attesa che trovino un accordo, le firme di un milione e duecentomila italiani rimarranno chiuse negli scatoloni.  

 

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