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La Cina sta costruendo un porto in Perù. Ecco perché

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Venti giorni in meno. Questo sarà il tempo risparmiato da una nave container per raggiungere la Cina dal suo principale fornitore di materie prime, il Brasile. Grazie al porto di Chancay, finanziato e costruito al 100% da Pechino sulle coste del Perù, i due Paesi che sono l’uno il maggiore partner commerciale dell’altro si “avvicineranno” così di 7.000 km. Si tratterà soltanto di completare l’infrastruttura viaria della Rota Amazonica per collegare entrambi i versanti del Sudamerica, e poi le merci potranno salpare direttamente dal Pacifico, con notevoli benefici di tempo e dunque economici, soprattutto per i prodotti deperibili come quelli alimentari, che sono la stragrande maggioranza. Il porto di Chancay, che non a caso suona come una nuova Shanghai, è situato 80 km a Nord della capitale Lima e sarà inaugurato a novembre dal presidente cinese Xi Jinping in persona: il Dragone vi ha investito la bellezza di 3,6 miliardi di dollari, con la proprietà che sarà al 60% dell’impresa statale di trasporto marittimo e logistica Cosco Shipping, e il resto alla mineraria peruviana Volcan.

Chancay: il nuovo hub di Pechino in Sudamerica

Costruita su un’area di 280 ettari, l’infrastruttura avrà un’impronta di carbonio ridotta al minimo perché completamente elettrificata, con la parte dei container automatizzata e collegata con tecnologia 5G, e inizialmente sarà in grado di far transitare un milione di container e 6 milioni di tonnellate di carico l’anno. L’obiettivo è chiaro: diventare il principale hub commerciale del Sudamerica, in grado di facilitare e velocizzare gli scambi con la Cina ma anche di intensificare i rapporti tra gli stessi Paesi dell’area. Chancay è solo l’ultimo esempio di come Pechino abbia ormai messo le mani sull’America Latina, da cui importa materie prime per lo più agroalimentari (soia, carne bovina, ma non solo) in cambio di investimenti come questo in Perù o come quello fatto in Brasile in un altro porto strategico, quello di Santos, dove un’altra impresa statale, Cofco, ha finanziato con 1,6 miliardi di dollari l’ampliamento di un’infrastruttura che arriverà a sostenere l’export di 14 milioni di tonnellate annue di soia, mais, cotone e caffè in direzione Asia. Ormai Cofco ha lo stesso peso come trader di prodotti agroalimentari in Brasile delle statunitensi Cargill e Bunge, a dimostrazione che l’America Latina è sempre più orientata sulla Via della Seta e sempre meno sul partner storico a stelle e strisce.

Sudamerica sempre più strategico e lontano dagli Usa

La stessa Cina, per vendere i suoi prodotti, punta sempre di più sui Paesi emergenti e meno sugli Stati Uniti: ad esempio la vendita di auto elettriche è raddoppiata nel 2023 verso il Sud-Est asiatico, il Messico e di nuovo il Brasile, che già nel 2022 era tornato ad essere il primo partner del Dragone con scambi record a 150 miliardi di dollari, 16 volte di più di quanto accadeva nel 2004, durante il primo governo Lula. Di questo spostamento di asse se ne sono accorti, con qualche tardiva recriminazione, anche gli Usa: “Chancay renderà ancora più facile per i cinesi estrarre le risorse dalla regione, è molto preoccupante”, ha detto al Wall Street Journal il generale dell’esercito Laura Richardson, a capo del Comando meridionale degli Stati Uniti, aggiungendo che si teme anche per il dual use del porto, ossia che possa essere utilizzato per scopi militari e di intelligence. Washington ha detto molto chiaramente a Lima di essere irritato per il controllo cinese sulle infrastrutture in Perù, ma il Sudamerica non è più, come in passato, il cortile di casa degli Stati Uniti.

Anzi, quello di Chancay non è nemmeno l’unico progetto nel suo genere: secondo una ricerca del Council on Foreign Relations, le aziende cinesi stanno investendo in ben 92 porti al di fuori della Cina, fra cui quelli europei di Amburgo, Atene, Rotterdam. E non è nemmeno solo Pechino a fare operazioni di questo tipo: il porto di Callao, vicino alla capitale Lima, concentra attualmente la stragrande maggioranza delle attività portuali in Perù e quasi raddoppierà la sua capacità con l’entrata in funzione entro due anni di una nuova banchina, frutto dell’investimento di 400 milioni di dollari da parte della società degli Emirati DP World. “Dobbiamo avvicinarci all’Asia. Il mondo è qui”, aveva già sintetizzato José Dirceu, ex ministro del governo Lula, durante una visita di qualche anno fa in Cina.

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