La Cina sta cambiando pelle. Il rallentamento dell’economia mondiale – che tuttavia è stimata crescere quest’anno del 3,5%, secondo le ultime indicazioni del Fondo monetario – ha portato la Cina a rivedere il suo modello di sviluppo e a spingere sulla domanda interna, che quest’anno e il prossimo crescerà più del Pil. Ciò che è più importante, i consumi cresceranno più rapidamente degli investimenti, a differenza di quel che è successo negli ultimi dieci anni.
Ci sono anche considerazioni politiche e non solo economiche dietro a questo cambiamento. La dirigenza cinese cerca di acquietare i fermenti politici con una più equa ripartizione dei frutti della crescita.
Dal punto di vista dei paesi che esportano in Cina, quel che è importante è la crescita del mercato di sbocco. Già oggi la Cina è il secondo importatore mondiale, dopo gli Usa, ma su queste importazioni è forte il peso delle materie prime. Peso che, secondo le linee-guida esposte dal governo, verrà ridotto in favore di più importazioni di manufatti per consumo e investimento. Il governo ha anche affermato che la crescita dell’import sarà favorita da riduzioni di dazi (specie nei confronti dei paesi più poveri) e da varie facilitazioni offerte agli importatori, in tema di cambiamenti normativi e incentivi creditizi.
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