Certo, l’economia mondiale non se la passa bene. Ma c’è un paese che può essere considerato più malato di altri, in termini di crisi di modello di sviluppo: la Cina. Per carità, in termini geopolitici può approfittare (e in parte lo fa) dei grandi sconti che la Russia sta praticando pur di vendere il petrolio. E, più in generale, trarre profitto dalle difficoltà di Mosca, ormai il partner debole dell’alleanza anti-Usa tra i colossi dell’Est. Va in questa direzione la decisione cinese di pagare in rubli e yuan le forniture di gas russo attraverso il gasdotto Sila Sibiry.
L’economia cinese perde colpi e diventa un problema globale
Ma anche gli ultimi dati in arrivo da Pechino confermano che l’economia del Drago si è ormai inceppata. A poco più di un mese dal Congresso del Centenario del Partito, è sfumata la previsione di ripresa della seconda economia del pianeta: il Pil, avverte Nomura, non salirà più del 2,7%, dimezzando i tassi previsti, già fortemente ridotti. Rallenta l’export +7% (contro un’attesa di 13%), così come l’avanzo commerciale, sceso ad agosto sotto 80 miliardi di dollari. La frenata si riflette sul mercato valutario: lo yuan, varcata la soglia di 6,95 sul dollaro è a un passo da quota 7, da sempre considerato un limite quasi invalicabile. E si spegne, seduta dopo seduta, la speranza di un rimbalzo delle borse, nonostante consigli e suggerimenti dei gestori. Segna il passo l’indice Csi 300 di Shanghai e Shenzhen, la culla della tecnologia che lunedì ha sospeso i trasporti pubblici per contrastare il Covid -19. Le quotazioni sono ai minimi da quattro mesi, ma fa assai peggio Hong Kong, quartier generale dell’high tech made in China, scivolato stamane ai minimi da 25 mesi.
Insomma, non solo l’economia del Drago non fornirà alla ripresa il propellente garantito nel 2008/09, quando la crescita a doppia cifra dell’economia aiutò in maniera determinante a superare la crisi Lehman Brothers, ma è tangibile il rischio che l’involuzione del colosso d’Oriente possa rappresentare un problema in più per la crescita globale, già segnata dall’arretramento della globalizzazione e dall’affermazione di una logica di blocchi e di guerra fredda.
I malesseri dell’economia cinese: crisi immobiliare e tecnologia
I segnali di malessere sono numerosi: non si vede uno sbocco alla crisi immobiliare esplosa ormai più di un anno fa con i problemi di Evergrande e degli altri gruppi del mattone. È una spada di Damocle che pesa sul Pil, vista l’importanza dell’edilizia per l’economia interna in generale e per i bilanci pubblici in particolare. Tra le altre conseguenze si è diffusa, fatto inedito, la protesta dei compratori di case, che hanno già pagato gli acconti ma non vedono il momento in cui entreranno nell’abitazione terminata. Di qui una campagna di disobbedienza civile basata sulla sospensione delle rate dei mutui, che le autorità stanno cercando di contenere, agevolando periodi di moratoria e fornendo liquidità agli enti locali per aiutare i costruttori.
L’altro segnale di malessere riguarda la tecnologia, nel mirino di Xi da quando Jack Ma, patron di Alibaba, ha sfidato il primato del partito (e delle banche di regime) proponendo con la quotazione di Ant un sistema finanziario on line. Da allora la scure del presidente ha colpito la new economy, legando le mani ai Big, dalla stessa Alibaba a Tencent, imponendo vincoli un po’ su tutto, dalle scuole private allo sviluppo dei giochi online, con grave danno per l’innovazione del Paese.
Disoccupazione giovanile cinese all’italiana
La frenata dell’economia ha fatto sfumare l’obiettivo del sorpasso dell’economia Usa, già fissato al 2035. Ma, ben più grave, ha colpito l’ascensore sociale. La Cina, già terra del pieno impiego o quasi, si ritrova tassi di disoccupazione giovanile all’italiana. Nella fascia compresa tra 16 e 24 anni, un giovane cinese su cinque non trova lavoro, secondo dati ufficiali. Quattro volte il tasso di disoccupazione che si riscontra nella fascia anagrafica 25-59 anni.
Infine, le conseguenze dei lockdown imposti anche alle città chiave dell’industria cinese pur di sradicare il Covid. Queste chiusure, sommandosi alla crisi dell’immobiliare, stanno abbattendo la domanda di materie prime e gelando la crescita. Anche la recente siccità da record ha depresso i livelli di attività.
Cina, Congresso Pc: la strada di Xi è tutta in discesa
Queste le emergenze che incombono sul Congresso che quasi certamente promuoverà il terzo mandato quinquennale di segretario generale per Xi Jinping che nel 2018 ha fatto cambiare la Costituzione per abolire il limite dei due mandati per la presidenza della Repubblica voluto da Deng Xiao Ping. 2.300 delegati in rappresentanza di 96 milioni di iscritti saranno convocati dal 16 ottobre per una settimana nella Grande sala del popolo su Piazza Tienanmen per eleggere 200 membri del Comitato centrale (più altrettanti supplenti), che a loro volta daranno la loro benedizione a 25 dirigenti dell’Ufficio politico, i cui membri più autorevoli, attualmente sette compreso il segretario generale Xi Jinping, costituiranno il Comitato permanente del Politburo. Difficile che ci siano sorprese, anche se a giudicare dai mercati, la politica della “prosperità condivisa” voluta da Xi fa acqua.