Più che una guerra delle valute sembra una festa di stimoli monetari. Anche la Banca centrale australiana ha deciso di tagliare il tasso di interesse di riferimento di 25 punti base al 3,25%. Si tratta della terza revisione al ribasso del 2012 che arriva in seguito alle preoccupazioni del rallentamento economico della Cina e delle debolezze dell’Europa che aumentano l’incertezza sul futuro dell’economia del Paese. Il gigante asiatico, infatti, è il primo mercato per l’export australiano e la sua economia debole farà crollare la domanda per le lucrative risorse minerarie come il minerale di ferro. Intanto il tasso di cambio AUD/USD, il cosiddetto Aussie, è crollato a 1,0290 toccando un nuovo minimo a 20 giorni. E la valuta si è indebolita anche contro euro e yen.
Come fa notare un report di Unicret (scritto da Nikolaus Keis), l’Asia rappresenta il segmento dell’economia globale che al momento suscita maggiori preoccupazioni in termini di dinamismo economico, perfino per i grandi come Cina, Giappone e Corea. Negli ultimi mesi, gli scambi commerciali interasiatici hanno fatto segnare una sostanziale battuta d’arresto, e le attività nazionali hanno anch’esse evidenziato performance deludenti.
Nonostante ulteriori interventi delle autorità sul piano macroeconomico dalla primavera, ultimamente i dati sulla Cina continuano a evidenziare segnali di maggiore debolezza riflettendo pertanto persistenti difficoltà esterne (crisi del debito sovrano europeo) e interne (ridimensionamento dell’attività sui mercati degli immobili di fascia alta). La debolezza è particolarmente diffusa sul versante dell’offerta, come si evince dai recenti ribassi degli indici Pmi del settore manifatturiero e dai dati sull’attività industriale. La Cina sembra registrare un ritardo rispetto al ciclo globale di correzione delle scorte. Il rapporto nuovi ordini/scorte ha fatto registrare i livelli minori del post-Lehman. Tale situazione è di cattivo auspicio per le prospettive a breve termine per la produzione, l’occupazione e gli investimenti in macchinari e attrezzature e, di conseguenza, le importazioni di beni strumentali.
Il versante della domanda appare più promettente a fronte dei segnali di stabilizzazione evidenziati dai recenti dati relativi alle vendite al dettaglio e alle vendite di automobili. Ma i giochi non sono chiusi e lo dimostra il fatto che soltanto di recente i policymaker cinesi abbiano deciso di introdurre ulteriori programmi di incentivazione fiscale. In ogni caso, si è trattato sostanzialmente di un potenziamento delle iniziative già previste.
Al fine di garantire un atterraggio morbido e ridurre ulteriormente i rischi di ribassi, le autorità cinesi dovranno allentare ulteriormente la politica monetaria del Paese. Sul versante monetario, prevediamo ulteriori tagli del coefficiente di riserva obbligatoria (RRR) per complessivi 150 pb per il resto dell’anno e forse un nuovo taglio dei tassi.
Sul fronte fiscale, le autorità dovranno accentuare le misure di incentivazione perseguendo i progetti di investimento pubblico già annunciati, ma concentrandosi in misura maggiore sulla riduzione delle imposte strutturali e sugli incentivi al consumo.
Ciononostante è aumentato il rischio di essere già intervenuti in ritardo, tanto che il processo di recupero subirà molto probabilmente un ulteriore rinvio. La crescita del Pil reale nel terzo trimestre 2012 dovrebbe scendere leggermente al di sotto dei livelli di tolleranza fissati dal governo pari al 7,5%. Tuttavia, considerato l’ingente potenziale di ulteriori misure di incentivazione fiscale e monetaria associate a timidi segnali di stabilizzazione sul versante della domanda e alle dinamiche del mercato immobiliare e dei finanziamenti, non prevediamo un atterraggio duro.
In ogni caso, per determinati settori, compresi quelli verso i quali si orientano le esportazioni europee, è effettivamente possibile assistere a qualcosa di simile a un atterraggio certo non soft.