Volano le Borse al traino della Cina. La crescita dell’export di Pechino (+11,5% in dollari a marzo) ha dissolto i timori sulla congiuntura della seconda economia del pianeta. La bilancia commerciale ha visto il mese scorso un surplus di 29,86 miliardi di dollari.
A Milano l’indice FtseMib sale del 3,4% superando di nuovo quota 18 mila, la Borsa di Parigi guadagna il 2,5%, Francoforte +2,3%. Londra +2,5%.
Rallenta il petrolio. Reduce da un rialzo complessivo del 13% nelle precedenti tre sedute, il Brent scende dello 0,9% a 44,2 dollari al barile, Wti a 41,5 dollari (-1,4%).
Avanzano però i titoli petroliferi. Eni +2,9%, Tenaris +2,8%, Saipem +4,7%.
I rialzi più forti in Europa sono dei settori Materie prime (Stoxx +4,4%) e delle Banche (+4,5%). A Parigi Société Générale guadagna il 5,5%,Bnp Paribas +4,4%. A Francoforte Deutsche Bank avanza del 5,3%.
Ancor più robusta la reazione delle banche italiane, ieri azzoppate dall’accoglienza fredda al fondo Atlante. Corrono Unicredit +6,7% ed Intesa +6,3%. Prende velocità Monte Paschi +6,2%, domani in assemblea.
Buoni guadagni anche per Banco Popolare +5,5%, Pop.Milano +7% e Ubi +7,2%.
Generali sale del 4,3%, UnipolSai +2%.
In forte rialzo anche l‘automotive (Stoxx +2,8%).
Fiat Chrysler sale del 4%, preceduta da Exor +4,4% alla vigilia dell’assemblea. Nel comparto a quattro ruote spiccano i rialzi di Volkswagen +4,5% e Bmw +3,7%.
Fra gli altri titoli industriali, rimbalza Cnh Industrial +3,8%.
Continua la marcia di Prysmian +2,1%, StM +3% e Finmeccanica +2,4%.
La parata dei rialzi continua con le società del Lusso: Ferragamo +3,9%, Yoox +4,2%.
Mediaset avanza del 3,7%: dopo la promozione a Buy ieri di Goldman Sachs, oggi è arrivato l’upgrade a Buy anche di Société Générale.
Torna in terreno positivo anche Telecom Italia +4%. Un report di Mediobanca interviene sul tema del possibile accordo fra Telecom Italia e Metroweb ed il rapporto con Enel Open Fiber. Scrivono gli analisti: se alla fine non si troverà un accordo su chi deve avere il 51% della newco relativa alla banda ultralarga, i costi di due strutture (Telecom da un lato, Enel Oper Fiber dall’altro) diventeranno onerosi tanto da dover costringere il gruppo telefonico a vendere almeno il 25% dell’eventuale spin off della rete, magari ad un fondo statale.