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La Cina compra anche il Salar de Uyuni e mette le mani sul litio boliviano

Pechino investe oltre 1 miliardo di dollari per due fabbriche che sorgeranno nella più grande (e alta) distesa salata al mondo, nelle Ande: vi estrarrà 35 mila tonnellate di litio all’anno

La Cina compra anche il Salar de Uyuni e mette le mani sul litio boliviano

La Cina da anni sta colonizzando mezzo pianeta a caccia di materie prime necessarie per la transizione energetica: per questo investe in infrastrutture (soprattutto portuali), intensifica gli scambi commerciali in particolare con il “Sud del mondo” e conquista anche pezzi importanti di territorio. L’ultimo “colpo” è il Salar de Uyuni, la più estesa salina della Terra: quasi 11.000 chilometri quadrati a 3.600 metri di altitudine, sulle Ande. Una riserva di biodiversità e anche una gettonata località turistica: insomma, un simbolo del Sudamerica, che ora passa parzialmente in mano cinese per via della sua disponibilità di “oro bianco”, cioè del litio. Il litio serve tra le altre cose per le batterie delle auto elettriche ed è quindi un metallo preziosissimo per la transizione energetica, è una delle cosiddette “critical commodities” e la Bolivia, dove sorge il Salar de Uyuni, ne possiede le maggiori riserve al mondo: 23 milioni di tonnellate stimate. Però sta accadendo che il Paese andino è sull’orlo della guerra civile e non ha mai investito davvero sull’estrazione di litio, tanto che ne produce appena lo 0,1% del totale globale, nonostante il potenziale. Negli ultimi anni, a La Paz hanno puntato tutto sul gas naturale, le cui esportazioni però ora stanno drammaticamente diminuendo.

Litio boliviano: Russia e Cina avanzano, l’Occidente resta a guardare

In questo contesto, con l’Europa che rimane ferma e gli Stati Uniti che col nuovo corso di Donald Trump dovrebbero riorientarsi sul fossile, ad approfittare della situazione sono “gli altri”, cioè la Russia e la Cina, che sono i principali acquirenti dell’oro bianco boliviano, con una quota del 95% in due. Ora però Russia e Cina non si limitano più soltanto ad acquistare litio, ma lo vanno ad estrarre sul posto. Ad aprire le danze era stato ad inizio 2024 il gruppo russo Uranium One Group, con un investimento di poco meno di un miliardo di dollari. L’ultima mossa di Pechino è una ulteriore conferma ed ha anche un valore simbolico, essendo appunto il Salar de Uyuni non una località qualsiasi ma il più grande deserto di sale del mondo. Chiudendo qualche settimana fa un accordo con il governo boliviano, l’azienda cinese Hong Kong CBC Investment ha investito oltre un miliardo di dollari per la costruzione di due fabbriche per la produzione di carbonato di litio, in grado di generare complessivamente 35 mila tonnellate l’anno. Forse ingenuamente, il presidente boliviano Luis Arce ha salutato la firma del contratto con entusiasmo: “Da adesso non saremo più assenti sul mercato internazionale, saremo anzi un attore importantissimo per la determinazione del prezzo globale del litio”. La verità sembra piuttosto essere che a beneficiarne sarà soprattutto la Cina: la Hong Kong Cbc Investment, tra l’altro, fa parte della holding Catl, cioè il maggior produttore di batterie al litio del mondo. Mentre l’Europa di Ursula von der Leyen dorme e gli Stati Uniti prendono strade diverse, il “resto del mondo” si organizza.

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