X

La ciliegia Regina di Castello, un sapore unico grazie al clima dei Monti Lattari e all’origine vulcanica dei terreni

Ph. Paola Viesi

Il loro colore è inconfondibile, rosso screziato da una punta di bianco, così come il loro sapore, fresco, intenso dalla polpa che scrocchia in bocca. Il suo habitat è quello delle pendici dei Monti Lattari, area preappenninica dove i prati stabili conferiscono ai prodotti caseari aromi unici, così come le sedimentazioni secolari vulcaniche, unitamente a un microclima che ha reso celebri queste terre nei secoli hanno consentito la coltivazione di pomodori, limoni e ortaggi dal gusto unico.

È la ciliegia Regina Castello dei Monti Lattari che cresce nell’area collinare tra Gragnano e Pimonte, in provincia di Napoli. Un frutto antico e appetitoso: si vendono da sempre sulla strada per scendere al mare, verso Castellamare di Stabia: «sono inconfondibili. Una volta assaggiate non le dimentichi» afferma Sabato Abagnale, presidente di Slow Food Monti Lattari Costa d’Amalfi.

Nota e apprezzata in tutta la regione, in particolare a Napoli e sulla costiera Amalfitana, la ciliegia dei Monti Lattari ha rischiato di scomparire a cominciare dagli anni ‘80 del secolo scorso, quando le varietà migliorate di ciliegie provenienti dalla Turchia hanno soppiantato le produzioni locali, ridotte anche a causa dello spopolamento delle aree interne.

Alcuni alberi hanno più di sessant’anni e superano i 15 metri di altezza.

Ma non è stata solo una questione di concorrenza di varietà più redditizia ad avviare questa straordinaria ciliegia sulla strada dell’oblio. Sono pochi oggi gli impianti specializzati di ciliegi, presenti in setti promiscui e tradizionali. Quelli storici sono caratterizzati da fusti alti, per la cui raccolta un tempo si usavano lunghe scale di legno. Alcuni alberi hanno più di sessant’anni e superano i 15 metri di altezza. È un problema per la raccolta, perché nessuno è più specializzato a farla.

Fortunatamente a dare nuova vita e prospettiva alla Ciliegia Somma dei Monti Lattari è venuto il suo inserimento fra i Presidi Slow Food, della Campania.

Conosciuta fin dal 1600 rischiava l’estinzione per l’avanzare sui mercati delle ciliegie turche. Oggi è Presidio Slow Food

Grande, soda e succosa, questa ciliegia è legata in maniera particolare al territorio in cui cresce. Siamo nelle aree agricole di Gragnano e Pimonte, in provincia di Napoli, sulle colline a ridosso dei Monti Lattari, dove già all’inizio del 1600 alcuni documenti storici attestano la sua coltivazione. Qui «l’origine vulcanica dei terreni contribuisce alla fertilità dei suoli e conferisce particolari caratteristiche organolettiche ai prodotti coltivati» spiega Simone Lucchisani, responsabile del neonato Presidio. Se l’area bassa di Gragnano è tradizionalmente vocata alla produzione di pasta, la zona collinare a ridosso delle montagne è da sempre apprezzata per le produzioni ortofrutticole e per le ciliegie, che in particolare nel borgo medioevale di Castello, l’areale storico di coltivazione, trovano la perfetta esposizione, mite ma ventilata. Un microclima peculiare «dovuto al fatto che la zona dove vengono coltivate le ciliegie, per sei mesi l’anno riceve pochissima luce. Da aprile in poi invece prende più sole possibile, dall’alba al tramonto» racconta l’agricoltore Francesco Scala. Insieme al papà Ciro, referente dei produttori del Presidio, è uno dei quattro aderenti al progetto che vuole incentivare proprio il ricambio generazionale tra gli agricoltori locali.

Per il suo rilancio si punta a fare rete con i ristoratori e i pasticcieri locali

Il gruppo locale di Slow Food è stato tra i promotori del rilancio della ciliegia e oggi spera che il Presidio «possa contribuire a promuovere la zona e aprirla a nuovi sviluppi turistici, puntando anche a fare rete con i ristoratori e i pasticcieri locali», conclude Abagnale. La ciliegia Somma, buonissima fresca ma facilmente deperibile, è infatti tradizionalmente trasformata in confetture.

La raccolta della ciliegia va dalla terza decade di maggio fino ai primi di luglio. E il comune del borgo di Castello gli ha dedicato una festa che si svolge ogni anno a giugno.

Unica e inconfondibile è pure la tradizione di “insaccare” le ciliegie, cioè di disporle a piramide per mantenerle più a lungo. Se negli anni sono mutate le dimensioni – una volta si componevano grandi cumuli, oggi cassette di 4-5 chili o vaschette – invariata è l’arte di staccare i peduncoli di ciascuna ciliegia, a mano e con accortezza, prima di sistemare i frutti.

La ricetta delle ciliegie sciroppate del Cucchiaio d’argento

Ingredienti

1 kg di ciliegie

80 g di zucchero bianco

20 g di zucchero di canna

500 ml di acqua

Procedimento

Avvolgere in un panno dei vasetti di vetro e metterli in una pentola a bollire per 30 minuti aggiungendo i tappi all’ultimo. Fare raffreddare, togliere dalla pentola e lasciare asciugare i vasetti su un canovaccio.

Dopo aver lavate bene le ciliegie, togliere il picciolo e asciugare. Per preparate lo sciroppo versare lo zucchero e l’acqua in una casseruola facendo cuocere per circa 5 minuti o fino a quando si sarà sciolto lo zucchero.

Lasciare intiepidire e riempire i vasetti con le ciliegie senza schiacciarle. Versare lo sciroppo fino a 1,5-2 cm dal bordo del vasetto e sbattendo leggermente sul piano di lavoro per evitare che si formino bolle d’aria.

Adesso si può procedere chiudendo i vasetti e schiacciando il centro del tappo in modo che si senta lo scatto. Avvolgere di nuovo nel canovaccio e fare bollire in acqua per altri 10 minuti, quindi lasciare raffreddare i vasetti nella pentola. Prelevare quindi i vasetti e disporli capovolti su uno strofinaccio. Lasciare riposare le ciliegie sciroppate in luogo fresco al buio per circa 30 giorni prima di consumare.

Related Post
Categories: Food News