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La Chiesa e l’Ici da pagare: ecco tutta la storia

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Lo Stato italiano dovrà riscuotere l’Ici non pagata dalla Chiesa tra il 2006 e il 2011. Lo ha deciso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con una sentenza da molti definita “storica” che rovescia le decisioni prese negli anni passati dalla Commissione Europea e dal Tribunale dell’Unione Europea. È stato invece respinto il ricorso riguardante l’Imu.

ICI E CHIESA: LA STORIA DALL’INIZIO

Nel 2006, diversi enti, tra cui scuole e B&B avevano deciso di rivolgersi alla Commissione Europea sostenendo che l’esenzione concessa dallo Stato (su questo ritorneremo a breve) a scuole religiose, cliniche, alberghi e attività commerciali gestite da enti ecclesiastici fosse illegittima. La stessa esenzione è stata criticata in passato anche da Papa Francesco: “Un collegio religioso, essendo religioso, è esente dalle tasse, ma se lavora come albergo è giusto che paghi le imposte”, aveva dichiarato il Pontefice in un’intervista alla radio portoghese Renascenca.

Nel 2012 e nel 2016, la Commissione Ue prima e il Tribunale Ue poi avevano però stabilito che per l’Italia sarebbe stato impossibile recuperare l’Ici non pagata dalla Chiesa “a causa di difficoltà organizzative” e di calcolo esistenti nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi. Parlando in parole povere: dato che veniva ritenuto impossibile calcolare chi dovesse pagare, quanto e su quali basi, secondo la sentenza di primo grado l’Italia non avrebbe dovuto recuperare quelle somme.

A questo punto la “Scuola Elementare e Materna Montessori” di Roma ha deciso di ricorrere alla Corte di Giustizia Ue che ha ritenuto invece che tali circostanze costituiscano “mere difficoltà interne all’Italia” e che quindi le somme debbano essere recuperate. I giudici di Lussemburgo hanno sottolineato inoltre che i ricorrenti erano situati “in prossimità immediata di enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività analoghe” e dunque l’esenzione Ici li poneva “in una situazione concorrenziale sfavorevole (..) e falsata”.

Diverso il discorso sull’Imu. In questo caso i giudici hanno respinto il ricorso e ritenuto legittime le esenzioni stabilite dal governo Monti.

IMU, PERCHÉ LA CHIESA ERA ESENTE

Sin dall’anno di introduzione dell’Ici – il 1992 – la legislazione italiana ha previsto delle particolari esenzioni per gli immobili di proprietà della Chiesa utilizzati a fini non commerciali. Nel 2005, l’allora Governo Berlusconi decise di allargare ulteriormente il raggio d’azione della misura, stabilendo che la Chiesa non avrebbe dovuto pagare l’Ici nemmeno sugli immobili utilizzati a fini commerciali. Questo ampliamento fu giudicato illegittimo dalla Commissione europea perché considerato come un vero e proprio “aiuto di Stato” che danneggiava tutte le attività commerciali che invece, non appartenendo alla Chiesa, dovevano pagare l’imposta.

Le regole sono poi cambiate con l’introduzione dell’Imu (2012) per la quale il Governo Monti non ha previsto alcuna esenzione per gli immobili di proprietà della Chiesa usati a fini commerciali.

ICI DELLA CHIESA: A QUANTO AMMONTA LA SOMMA DA RECUPERARE

La sentenza non fornisce alcuna cifra, ma secondo i calcoli dell’Anci, l’ammontare complessivo da recuperare arriverebbe addirittura a 4-5 miliardi di euro. Si tratterebbe infatti di 800 milioni l’anno di tasse non pagate dal 2006 al 2011.

E ORA CHE SUCCEDE?

“Se l’Italia non dovesse recuperare gli aiuti, si aprirebbe la via della procedura di infrazione, con altri costi a carico dei cittadini”. Lo spiega all’Ansa, l’avvocato Edoardo Gambaro che, assieme all’avvocato Francesco Mazzocchi, ha presentato il ricorso.

Il recupero però potrebbe avvenire in tempi non brevissimi. “”La Commissione – continua Gambaro – sarà obbligata a dare seguito alla sentenza, emanando una nuova decisione e valutando, insieme allo Stato italiano, le modalità di recupero delle imposte non riscosse per lo meno dal 2006″.

Da sottolineare infine che le conseguenze di questa sentenza non riguarderanno solo gli enti non commerciali appartenenti alla Chiesa, ma anche quelli legati al no profit con ripercussioni che potrebbero raggiungere dunque partiti, associazioni sportive, ecc.

 

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