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La ceramica è l’eccellenza del Made in Italy ma va difesa da regole ambientali sbagliate e da concorrenza sleale. Parla Graziano Verdi

Confindustria Ceramica

L’industria della ceramica è un tesoro del Made in Italy di cui non si parla mai abbastanza e che riassume in sè le caratteristiche migliori della manifattura di qualità: l’innovazione, il design, la sostenibilità, l’attenzione alle produzioni ecologiche, il suo radicamento nel cluster di Sassuolo e insieme una forte propensione all’export e all’internazionale. Il Cersaie di Bologna di settembre sarà la vetrina di una realtà industriale in continua evoluzione. Ma un tesoro così va difeso da politiche ambientali sbagliate e dalla concorrenza sleale di Paesi che non conoscono i diritti sociali e civili e che, sia con lo schiavismo che con fabbriche altamente inquinanti, praticano politiche di dumping che danneggiano fortemente la nostra ceramica. E’ quanto racconta a FIRSTonline un manager di grande esperienza e attualmente vicepresidente di Confindustria Ceramica come Graziano Verdi. Ascoltiamolo.

Per generale riconoscimento, l’industria della ceramica italiana rappresenta un’eccellenza assoluta del Made in Italy per innovazione, design, sostenibilità e forte propensione all’export: alla vigilia del tradizionale appuntamento di settembre del Cersaie di Bologna, qual è oggi il suo reale stato di salute?

“Il Cersaie, che è l’appuntamento internazionale più importante per chi si occupa di design delle superfici, delle ceramiche e di arredobagno, ha certamente amplificato e valorizzato negli anni l’eccellenza dell’industria della ceramica italiana. Lo dicono prima di tutto i numeri se si considera che oggi la ceramica italiana può vantare un prezzo medio di vendita nell’ordine dei 15 euro contro meno di 9 euro della Spagna e 6 della Cina, che è la più grande esportatrice al mondo di ceramica in volume. Questo ha un significato ben preciso e vuol dire che il consumatore finale riconosce il valore intrinseco della ceramica italiana, specialmente delle grandi lastre e dei formati extra small. Lo stato di salute del settore risente ancora dell’effetto Covid, che portò ad una fortissima crescita nel fatturato nel corso del 2022 poi rientrata l’anno successivo, mentre oggi assistiamo ad una sostanziale stasi che però ci fa essere molto fiduciosi per il 2025”.

Innovazione e design, sostenibilità e produzioni sempre più ecologiche, cluster e internazionalizzazione: è questa la formula del successo della ceramica italiana?

“Sì, è così. Le chiavi del nostro successo sono quelle. Se si pensa che l’80% delle nostre vendite è all’estero, si comprende la considerazione che il mondo intero ha della ceramica italiana. Cluster, cioè il distretto della ceramica di Sassuolo che è il settimo distretto industriale italiano con un export di 4,4 miliardi di euro, e l’internazionalizzazione sono stati e sono oggi più che mai un binomio unico e vincente. Il professor Michael Porter, che è uno dei padri dei distretti, ha fatto conoscere a tutto il mondo l’importanza del nostro cluster, nel quale la vicinanza di tante piccole e medie imprese della stessa filiera ha favorito il trasferimento di competenze, la logistica e le infrastrutture ma ha anche stimolato collaborazione e concorrenza tra le aziende, da cui ha tratto grande beneficio la loro competitività. Non per caso anche il Professor Romano Prodi aveva fatto del distretto di Sassuolo l’oggetto di uno studio sull’organizzazione industriale, edito nel 1966 da Franco Angeli”.

Quanto conta la sostenibilità, oltre all’organizzazione in cluster e all’internazionalizzazione, per la competitività della ceramica?

“Conta sempre di più. Su questo piano abbiamo lavorato molto e fatto investimenti importanti per ridurre le emissioni di CO2 anche ricorrendo a materiale riciclato – che riduce materie prime vergini e trasporti – e con prodotti di 6 millimetri, che riducono il peso ed i relativi oneri della logistica. Non dimentichiamo inoltre gli sforzi enormi dei produttori con investimenti ingenti nel fotovoltaico per ridurre l’acquisto di energia elettrica nelle fabbriche”.

Tra l’escalation nel Medio Oriente, l’inasprirsi della guerra in Ucraina con conseguenti sanzioni per la Russia, la frenata dell’economia tedesca, i rischi di recessione globale e, non da ultimo, l’estrema incertezza delle elezioni presidenziali americane di novembre che cosa preoccupa di più la ceramica italiana nello scenario internazionale?

“Siamo di fronte a uno scenario internazionale carico di tensioni come non s’era mai visto. Non ci ricordavamo più della guerra e l’aggressione della Russia all’Ucraina ce l’ha portata vicino a casa mentre il Medio Oriente è diventato una polveriera. Non ci sfugge però l’impegno della comunità internazionale, soprattutto americana ed europea, per provare a ricomporre le tensioni in un mondo di nuovo pacificato. È una sfida molto difficile ma noi siamo ottimisti e dobbiamo andare avanti. Sul piano economico non credo invece che siamo alla vigilia di una nuova recessione globale. Le fibrillazioni di Borsa sono una cosa e l’economia reale è un’altra. Sul piano generale quello che temiamo di più dallo scenario che abbiamo davanti è che l’Occidente perda il suo ruolo guida e che le autocrazie – dalla Russia alla Cina – prevalgano sulle democrazie”.

Di quale politica industriale ha bisogna la ceramica italiana per accrescere sempre di più la sua competitività?

“Ci servono poche cose ma chiare e soprattutto ci serve una politica energetica europea che aiuti le imprese e ridurre la carbonizzazione ma senza regole dettate dall’ideologia e con tempi irrealistici, che finiscono solo per soffocare le aziende. Il gas naturale nel medio periodo resta essenziale per gestire ogni realistico processo di transizione energetico che voglia salvaguardare manifattura e lavoro nel nostro paese. Deve quindi essere disponibile per le nostre imprese a condizioni competitive, che garantiscano la sicurezza del sistema anche in situazioni di crisi. Su questo è ora che il Governo italiano faccia sentire la sua voce e si batta per cambiare una politica ambientale che rischia di mettere in ginocchio non solo la ceramica ma anche altri fondamentali settori della manifattura nazionale. Al tempo stesso servono regole chiare sull’export e un netto altolà al dumping di Paesi che non conoscono i diritti civili e sociali e che ci fanno concorrenza sfruttando il lavoro minorile ed utilizzano impianti altamente inquinanti con cui abbassano irregolarmente i loro prezzi. In questo modo la sola India ha aumentato la propria quota nel mercato europeo al 6%, a scapito anche delle produzioni italiane. Così non va”.

L’atteso Piano Industria 5.0 sembra finalmente alle viste: che benefici ne può trarre la ceramica?

“Se, come sembra, nel Piano Industria 5.0 rientreranno anche gli investimenti della ceramica nel fotovoltaico gli effetti possono essere positivi, anche se sarà necessario qualche ritocco affinché gli spiragli innovativi che si aprono per l’industria diventino realmente aperture nette specialmente sull’impatto ambientale. In altre parole, ci vorrebbe più coraggio soprattutto sul mini-nucleare e sulla gestione intelligente della transizione, considerando che per installare i nuovi impianti ci vorranno almeno 15 anni”.

Quali novità possiamo attenderci quest’anno dal Cersaie di settembre?

“Le novità saranno molte soprattutto nel design, nell’architettura e nelle tecnologie. Sarà il Cersarie della ceramica dei formati piccoli che daranno più colore all’ambiente e che riflettono la grande passione e la grande attenzione con cui lavorano le nostre imprese. Tra i tanti un evento particolare ci sarà il 26 settembre quando ospiteremo Rikem Yamamoto, il Premio Pritzer 2024, che terrà una Lectio magistralis su come lui interpreta l’architettura ed il mondo del costruito”.

Biografia di Graziano Verdi

Graziano Verdi è un dirigente esperto nel settore del lusso e del design. Ha ricoperto posizioni di leadership come presidente e amministratore delegato del gruppo Iriis-GranitiFiandre e ha lavorato anche in Tecnogym e nella multinazionale belga Koramic. Nel 2017, ha co-fondato il Gruppo Italcer insieme ad Alberto Firchielli del fondo Mindful Capital Partners. Oggi, Italcer è una realtà consolidata nel settore ceramico, con un fatturato di 340 milioni di euro. Il gruppo comprende diversi marchi, tra cui La Fabbrica Ceramiche – Ava, Elios Ceramica, Devon&Devon, Ceramica Rondine, Equipe Ceramicas, Fondovalle e Terratinta Ceramiche. Graziano Verdi è anche consigliere indipendente di Pelliconi Spa, azienda leader nella produzione di tappi e chiusure per bottiglie. Dal 2018, è membro del Consiglio Generale di Confindustria Ceramica e, da giugno di quest’anno, ricopre il ruolo di vice presidente.

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