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La Cdp e la nascita dei campioni nazionali

Imagoeconomica

La trasformazione in un gruppo industriale organico è fatta di un’attività quotidiana e strategica che si nutre del confronto costante con il mercato e la società, con la managerializzazione dei vertici e l’evoluzione della stessa struttura della Cdp, che nel 2005 aveva un’età media di 48 anni (il 33% con la laurea), nel 2014 di 45 anni (il 60% con la laurea) e nel 2019 di 43 anni (il 79% con la laurea). Di questo nuovo orientamento complessivo della struttura, fa parte anche la spinta a condividere progetti comuni non soltanto con le società controllate, ma anche con i grandi gruppi di cui Cassa è azionista.

Le partecipazioni che si trovano nel portafoglio di Cassa Depositi e Prestiti rappresentano uno degli ultimi presidi a che il tessuto civile e sociale, industriale e finanziario dell’Italia non si sfilacci, non si disgreghi, non si sfarini. Nella sua graduale trasformazione in holding industriale strategica, Cassa Depositi e Prestiti – con il piano industriale 2019-2021 – ha avviato numerosi progetti di collaborazione con le società da essa partecipate. Con Eni ha ideato una joint venture per sviluppare quattro impianti (con la tecnologia waste-to-fuel, che mira a utilizzare gli scarti organici per la produzione di biocarburanti e biometano): il primo progetto pilota è in un luogo simbolico della storia italiana come Porto Marghera, che fin dagli anni Venti ha ospitato stabilimenti attivi nella metallurgia e nella chimica, nella meccanica e nella cantieristica, nell’elettricità e nel petrolifero.

Sempre con Eni, c’è un progetto sugli impianti fotovoltaici di ultima generazione. Quindi, insieme a Eni, Fincantieri e a Terna, con il progetto MarEnergy Cassa Depositi e Prestiti studia la produzione di energia dal moto ondoso del Mediterraneo. Infine, con Snam lavora sull’efficienza energetica sugli immobili di proprietà sua, dei comuni e della pubblica amministrazione. E, così, nel rispetto della loro autonomia, Cassa Depositi e Prestiti cerca sempre più di stringere rapporti operativi con le proprie partecipate.

La nascita dei campioni nazionali: il ruolo di investitore dinamico e paziente

Il meccanismo di costruzione di un gruppo di partecipazioni industriali, con una ratio strategica il più possibile coerente, ha una prima doppia marcia naturale e, poi, un ulteriore passo in avanti di natura più sistemica.

La prima marcia naturale è composta da due elementi. Il primo elemento va dritto al cuore del capitalismo italiano e alla sua identificazione di quelli che – nella letteratura economica, quale loro forma costitutiva, indipendentemente da ogni forma di policy – vengono definiti i campioni nazionali. Questa definizione viene coniata con uno stretto riferimento alla economia e alla società francese e, poi, è stata traslata al modello tedesco.

E, peraltro, in maniera diretta e indiretta, soprattutto in Francia la Caisse des Dépôts et Consignations ma anche in Germania la Kreditanstalt für Wiederaufbau detengono partecipazioni e contribuiscono allo sviluppo delle attività di imprese industriali e finanziarie, che sono operative in settori a elevato contenuto strategico, nelle infrastrutture e nelle reti essenziali per il funzionamento del sistema economico e sociale dei rispettivi Paesi.

Questa definizione può anche adattarsi a una realtà complessa come quella italiana, segnata dalla presenza significativa e radicata di grandi imprese che hanno una origine nella economia a matrice pubblica e che poi, soprattutto con le privatizzazioni degli anni Novanta, hanno trovato una evoluzione nell’istituzione del mercato, passando dal diaframma benefico composto dal rapporto con le piazze finanziarie e dal legame con gli investitori. Su questa linea di marcia, vi sono appunto le società di cui il gruppo Cassa Depositi e Prestiti si trova a detenere i pacchetti azionari: Eni e Poste Italiane, più Terna, Snam, Italgas, Fincantieri e Saipem (per queste cinque Cassa Depositi e Prestiti ha diritti di governance). Ciascuna nei suoi settori.

Ognuna con le proprie specificità. Tutte con le caratteristiche – storiche e strategiche, di posizionamento e di prospettiva – che le consentono di rientrare nel canone appunto dei «campioni nazionali», consolidati nella loro natura di lungo periodo. La seconda linea di marcia è rappresentata dallo sviluppo e dal coordinamento delle società di cui Cassa non detiene semplicemente i pacchetti azionari, ma di cui ha il controllo formale e sostanziale (come Cdp Immobiliare o Cdp Equity). Di queste società, che anche sotto il profilo giuridico e societario sono all’interno del perimetro del gruppo, la Cdp ha il pieno coordinamento.

Queste società rappresentano l’evoluzione – nel senso della articolazione – di specifiche attività che, all’interno della sfera del gruppo o nella sua immediata e organica vicinanza, costituiscono per la Cdp la realizzazione di recenti vocazioni industriali e finanziarie, oltre che di più antica assistenza al business del tessuto produttivo italiano. L’ulteriore passo in avanti, che in qualche maniera prova a ricucire concettualmente e a ricomporre strategicamente le prime due direzioni di marcia, è rappresentato dalla scelta di contribuire alle vicende di nuove società che possano, in qualche maniera, definire linee di sviluppo di natura sistemica.

Linee di sviluppo di natura sistemica che, nella visione di lungo termine della Cassa Depositi e Prestiti, riescano a rinnovare l’ideale e la prassi, il codice e il profilo dei campioni nazionali, secondo una linea che contempera – stando ai vertici del gruppo – la doppia natura dell’investitore che è al contempo dinamico e paziente. Una linea che prende il via nel 2019. E che è concentrata – nella linea impostata dall’ultimo piano industriale di Cdp, presentato a fine 2018 – nella focalizzazione su grandi imprese – appunto, nella definizione di matrice francese, «campioni nazionali» – attive nelle reti e nelle infrastrutture strategiche.

La prima operazione, secondo questa linea, è appunto compiuta nel 2019. Il gruppo, attraverso Cdp Equity, ha acquisito il 18,7% di Salini Impregilo sottoscrivendo un aumento di capitale da 250 milioni di euro. Salini Impregilo è stato ribattezzato WeBuild. E, in questa nuova veste, ha l’obiettivo di fare da perno alla rimodulazione di un settore – le grandi opere e le infrastrutture – che in Italia versa da anni in condizioni problematiche.

Salini Impregilo ha una identità non solo nazionale, ma anche internazionale: ha costruito, in tutto il mondo, 260 fra dighe e impianti idroelettrici e 472 chilometri di linee metropolitane. Inoltre, essa stessa nasce da una integrazione fra due realtà distinte come Salini e Impregilo. Dunque, ha già sperimentato le complessità dei processi di acquisizione, fusione e integrazione.

Per tutte queste ragioni, il nuovo gruppo – appunto rinominato We-Build – è il perno di una iniziativa più ampia, Progetto Italia, che mira a razionalizzare un comparto che oggi, pur impiegando 1,4 milioni di lavoratori impegnati in 800mila aziende, soffre di polverizzazione delle imprese, che hanno appunto dimensioni medie piccole, un alto livello di indebitamento e una eccessiva esposizione sul mercato interno italiano, che ormai è da decenni ripiegato su stesso. Un comparto che, quindi, non è soltanto un comparto fine a se stesso. Ma che rappresenta, nella sua estensione complessiva, una infrastruttura e una rete: una innervatura di natura materiale, dell’intero tessuto economico e sociale italiano.

In questa linea che, appunto, mira – in maniera esplicita, nelle strategie dichiarate dei vertici della Cassa Depositi e Prestiti – a rinnovare la versione italiana del modello dei «campioni nazionali», la seconda operazione è rappresentata dalla fusione tra Sia e Nexi, annunciata nell’autunno 2020. In questo caso, il campo strategico è rappresentato dalla rete immateriale, fondamentale per il buon funzionamento delle nuove economie, delle transazioni finanziarie digitali.

L’obiettivo è costruire un big player nei pagamenti elettronici, in cui Cdp dovrebbe rappresentare al closing dell’operazione il primo azionista. La ratio strategica, in una realtà sempre più segnata dalla dematerializzazione delle transizioni economiche, è contribuire a comporre una sorta di infrastruttura finanziaria e digitale.

L’intento è, appunto, far nascere il maggiore operatore di pagamenti digitali in Europa per numero di esercenti serviti e di carte gestite. Un operatore con ricavi aggregati per oltre 1,8 miliardi di euro. Dal punto di vista degli equilibri nazionali, in Italia i pagamenti digitali hanno una quota di penetrazione pari al 25%, che risulta inferiore rispetto alla media europea. Secondo l’analisi della Banca d’Italia, la diffusione dei pagamenti digitali potrebbe abbassare il costo del contante per il sistema economico di sette miliardi di euro all’anno.

La nuova società Sia-Nexi, attraverso la piattaforma Sia, è un partner tecnologico per Borsa Italiana, in particolare nella componente tecnologica e di sicurezza per il trading e per il post trading. Borsa Italiana rappresenta la terza operazione dei vertici della Cassa Depositi e Prestiti nell’ambito della costituzione, appunto, di campioni nazionali, in una logica di investitore – secondo le loro stesse parole – insieme dinamico, cioè attento alle occasioni di investimento e alle esigenze di sistema, e paziente, dunque disposto a costruire operazioni di lungo periodo, preferibilmente delineando elementi di frame e di infrastrutturazione, anche di nuova generazione.

In questo caso, l’infrastruttura è quella dell’accesso ai mercati borsistici. Con Borsa Italiana destinata a diventare di proprietà di investitori europei, fra cui appunto una rilevante componente italiana. Nel 2020 il London Stock Exchange, proprietaria di Borsa Italiana, ha accettato una offerta da 4,32 miliardi di Euronext.

E Cdp Equity è destinata a possedere il 7,3% del capitale azionario di Euronext, una quota uguale a quella della Caisse des Dépôts et Consignations, a cui – nella dimensione italiana degli investitori – va aggiunto l’1,3% di Intesa Sanpaolo. Cdp Equity, dunque, entrerà a far parte dell’attuale gruppo di azionisti di riferimento della società, che gestirà – oltre a Borsa Italiana – altre sei borse in Francia, Belgio, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi e Portogallo con oltre 1.800 società quotate per una capitalizzazione, calcolata con valori dell’ottobre del 2020, pari a 4.400 miliardi di euro.

Ma, al di là della collocazione continentale, Borsa Italiana è il principale sbocco per la raccolta di capitale azionario e obbligazionario da parte delle imprese italiane, con 370 società quotate e una capitalizzazione complessiva che ha un valore paragonabile a un terzo del Pil nazionale.

L’operazione prevede che MTS, il mercato telematico dei titoli di Stato, diventi dunque il fulcro del Fixed Income Trading a livello di gruppo Euronext. La stessa centralità verrà, secondo i progetti annunciati nel 2020, assegnata alla Cassa di Compensazione e Garanzia di Piazza Affari che dovrebbe avere un ruolo di clearing house di tutto il gruppo Euronext e che dovrebbe giocare un ruolo fondamentale sulla strategia futura nei servizi post-trade di Euronext, dando liquidità al mercato e certezza della effettività delle operazioni. Infine, sotto il profilo tecnico, il Monte Titoli dovrebbe diventare il maggiore CSD (Central Securities Depository) del gruppo Euronext.

In una ottica pan-europea, Borsa Italiana dovrebbe così acquisire maggiore spazio e maggiore centralità strategica, anche con la collocazione in Italia della divisione finanziaria di Euronext e la prospettiva del trasferimento del data center del gruppo in Italia. Il tutto, dunque, nel campo aperto del rafforzamento di una infrastruttura di base fondamentale come quella dell’accesso dei capitali per le imprese, in questo specifico caso italiano ed europeo, peraltro nella logica della rete della connessione con le altre piazze finanziarie continentali.

Anche così, nell’intenzione dei vertici della Cassa Depositi e Prestiti, si dovrebbe rafforzare la strategia operativa dei campioni nazionali, in grado di incrementare nelle reti e nelle infrastrutture la competitività del Sistema Italia in una logica europea, con una proiezione internazionale e uno sguardo agli equilibri nazionali.

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