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La castagna: un pianeta da riscoprire, dal frutto all’albero, anche le sue potenzialità economiche

Da primo produttore mondiale di Castagne l’Italia oggi è costretta ad importarne. C’è una richiesta crescente di prodotti di qualità che noi non siamo in grado di soddisfare. Malaguti: il settore ha notevoli potenzialità sia dal punto di vista nutrizionale sia da quello farmaceutico e industriale (sono ricchi di proprietà antiossidanti, antimicrobici e prebiotici) sia in campo farmaceutico sia in campo alimentare.ma non vengono sfruttate.

La castagna: un pianeta da riscoprire, dal frutto all’albero, anche le sue potenzialità economiche

L’Italia è stata a lungo il principale produttore mondiale di castagne e il primo paese esportatore al mondo, ma a partire dagli anni Cinquanta del Novecento l’abbandono progressivo delle aree montane ha portato a una forte decrescita della produzione castanicola passata dalle 556.970 tonnellate del 1928 alle 40.000 di oggi. E di fatto la produzione italiana, che è di ottima qualità, non riesce a coprire sia la domanda interna che quella esterna. Il paradosso è che il nostro paese esporta castagne e marroni di grande qualità, anche DOP e IGP, per il consumo fresco per un totale di 13. tonnellate, e importa castagne di qualità inferiore destinate in larga misura alla trasformazione (farine, quinta gamma, snack, ecc.…) ma anche per il consumo del fresco presso la GDO per 23.000 tonnellate. Particolare non secondario il prezzo delle castagne che importiamo supera quello delle castagne esportate. Dati che fanno capire come sia necessario aumentare la produzione di castagne e marroni nazionali.

Trae spunto da queste considerazioni l’incontro de “I Mercoledì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola” organizzato a Bologna sul pianeta Castagna con la partecipazione di Renzo Panzacchi, Presidente del Consorzio Castanicoltori Appennino Bolognese, del Prof. Marco Malaguti, Associato di Biochimica all’Università di Bologna, di Guido Mascioli, della Delegazione Bologna A.I.C. e di. Ercole Borasio, Accademico Ordinario A.N.A

“Per comprenderne pienamente il valore non dobbiamo dimenticare che quella della castagna è stata una presenza costante nell’alimentazione della specie umana, dall’età della pietra e dall’uomo delle caverne, fino ai giorni nostri. Fenici ed Ebrei commerciavano le castagne in tutto il bacino del Mediterraneo, Greci e Romani ne hanno sempre fatto uso, e tal proposito possiamo ricordare lo storico e medico Senofonte che nel V secolo a.C. definì il castagno “l’albero del pane”. L’ampia diffusione del castagno – afferma Renzo Panzacchi – nell’antica Roma e in certe aree dell’impero è testimoniata da numerosi autori romani, tra i quali Catone, Virgilio, Tito Livio, Ovidio, Plinio, Columella. Bisogna poi attendere Carlo Magno prima e Matilde di Canossa subito dopo, per assistere in Italia alla valorizzazione colturale del castagno. Una spinta che si esaurirà solamente alla metà del secolo scorso, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando iniziò il grande esodo dalla montagna verso le città. Per la castagna si trattò di una vera catastrofe con una enorme riduzione delle superfici coltivate e della produzione, in un arco temporale molto breve. Poi, a partire dalla fine del secolo scorso, è iniziata una timida inversione di tendenza, che a poco a poco continua a prendere vigore e che consente di guardare al futuro con un motivato ottimismo”.

“Oggi possiamo affermare – ha sottolineato il prof. Malaguti del Dipartimento di scienze per la qualità della Vita dell’Università di Bologna – che l’importanza nutrizionale della castagna sia essenzialmente di carattere storico e legata al mantenimento della tradizione gastronomica. Dal punto di vista strettamente nutrizionale, castagne e marroni non presentano aspetti che possano farli classificare come alimenti di altissimo valore. Essi possiedono, comunque, alcuni aspetti interessanti da evidenziare.

Le castagne forniscono energia principalmente attraverso il loro contenuto di carboidrati, prevalentemente di tipo complesso, amido. Tale amido è a sua volta composto per i 2/3 da amilopectina, più ramificata e digeribile, e per 1/3 da amilosio, lineare e meno digeribile. La digeribilità dell’amido è fortemente influenzata dalla tecnica di cottura impiegata, castagne arrostite presentano una quota di amido resistente con proprietà prebiotiche superiore alle stesse castagne preparate con modalità differenti. Il contenuto di lipidi è inferiore ai 2g/100g peso fresco, il che rende castagne e marroni un alimento decisamente magro. Per quanto riguarda la composizione lipidica essa è prevalentemente rappresentata da acidi grassi polinsaturi e contiene anche una quota interessante di fitosteroli. La componente proteica e modesta (circa 3g/100g peso fresco), le proteine hanno un profilo amminoacidico completo, il che determina un indice chimico superiore a quello di molti altri alimenti vegetali. La composizione della parte edibile della castagna comprende poi un quantitativo molto significativo di fibra insolubile. Per quanto riguarda invece il contenuto in micronutrienti, spiccano il contenuto di potassio e fosforo, mentre l’alimento si caratterizza per un contenuto di sodio decisamente molto modesto.

Attualmente possiamo dire che la vera ricchezza della castagna (meglio dire del castagno) risieda nei prodotti di scarto della lavorazione: foglie, corteccia, cupole spinose, gusci e tegumento interno sono un vero concentrato di composti bioattivi. Ciò che un tempo era materia di scarto oggi si presenta quindi come la vera ricchezza di questa pianta. Acidi fenolici, catechine e tannini sono concentratissimi e possono trovare applicazioni come antiossidanti, antimicrobici e prebiotici sia in campo farmaceutico sia in campo alimentare.

Gli studi più recenti in cui il nostro laboratorio è stato coinvolto, hanno avuto come oggetto di indagine proprio le caratteristiche nutraceutiche di estratti di corteccia, di foglie e cupole spinose che si sono dimostrati possedere spiccate proprietà antiossidanti e antinfiammatorie in modelli cellulari di cellule muscolari cardiache e microglia”.

La riscoperta della castanicoltura – come si è detto – anche se timida sta avendo effetti positivi sia per la tutela ambientale di numerose realtà territoriali, come ad esempio il Castagneto Didattico Sperimentale di Granaglione sull’Appennino bolognese al centro di numerose attività a cura di Fondazione Carisbo e Accademia Nazionale di Agricoltura, che in cucina dove la farina di castagna è sempre più apprezzata. Oggi l’Italia esporta marroni e castagne, anche DOP e IGP di grande qualità, ma la scarsa produzione nazionale (40.000 tonnellate annue) limita l’export e non soddisfa la domanda interna costringendo a importare dall’estero prodotti di minore qualità a un prezzo più alto. Il rilancio definitivo della castanicoltura nazionale favorirebbe la transizione ecologica di numerose realtà montane creando, al contempo, una nuova risorsa economica per il Paese.

Se a livello mondiale il leader è la Cina con la sua produzione di quasi 2 milioni di tonnellate l’anno, 4 volte rispetto a quello che produceva nel 2000, ciò lo si deve a un preciso progetto di sviluppo che ha realizzato 1,9 milioni di ettari di nuovi castagneti da frutto in vent’anni. A seguire vengono la Turchia che produce 63.500 tonnellate annue e poi la Corea del Sud con 53.000 tonnellate (dati FAO 2019). Rispetto a un recente passato i produttori europei hanno subito pesanti riduzioni della produzione, tranne il Portogallo che invece ha saputo intercettare il fabbisogno degli altri paesi avendo avviato, dal 2010, un piano per creare 10.0o0 ettari di nuovi castagneti da frutto. I mercati europei chiedono in particolare prodotti “premium” di alta qualità, come quelli italiani.

Un esempio di quello che si può fare in Italia viene dal Castagneto Sperimentale Didattico di Granaglione nato nel 2003 per iniziativa della Fondazione Carisbo, che ne ha la proprietà, nell’ambito del “Progetto Appennino” che prevede il recupero e la valorizzazione della castanicoltura locale. La superficie è di 10 ettari e al suo interno sono presenti un essicatoio tradizionale per la produzione di farina di castagne, un’aula didattica e un mulino da castagne. “Dal 2018 – afferma. Ercole Borasio – la gestione tecnico-scientifica del castagneto è stata affidata all’Accademia Nazionale di Agricoltura e i progetti di valorizzazione del parco avviati sono molti dalla produzione castanicola da frutto, a quella da legno, fino all’innovativo progetto “Castagni parlanti” che studia, mediante apposizione di sofisticati sensori su 48 alberi, il sequestro di carbonio da parte dei castagni del parco. Oggi il castagneto è inserito all’interno della “Corona di Matilde”, in territorio Alto Reno Terme, primo Paesaggio Rurale di Interesse Storico dell’Appennino bolognese riconosciuto dal MIPAAF, e puntiamo ora al riconoscimento ministeriale della sua qualifica a “Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale”.

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