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La Carta di Identità Elettronica? Per averla facciamo così

Funziona davvero la CIE, la Carta di identità elettronica? Sì. Ma non è disponibile ovunque. E ottenerla non è facilissimo. Bisogna armarsi di un po’ di pazienza e sapere quali sono le mosse giuste. Ve lo spiega un giornalista che ha voluto (e dovuto) fare, con successo, la trafila.

La Carta di Identità Elettronica? Per averla facciamo così

Ottima idea quella delle Carta di Identità elettronica (CIE). Come ogni moderno tesserino dotato di chip elettronico ci regala (nelle promesse dei nostri governanti) una serie di vantaggi: più sicurezza (le contraffazioni dovrebbero essere praticamente impossibili), più comodità (grazie al formato carta di credito e al materiale plastico molto più duraturo del tradizionale cartoncino) e soprattutto un ponte verso quell’identità elettronica che dovrebbe contribuire non poco a semplificare e sveltire i nostri rapporti con la burocrazia. Via libera dunque, già da qualche anno. Funziona? Sì. Anche se a prezzo di qualche italico intoppo burocratico, che un po’ paradossalmente colpisce anche la “CIE”. Come fare? Quella che segue è la storia di un giornalista che ha fatto, per bene, la trafila. Il racconto è un buon tutorial per tutti.

Inizia l’avventura

La scadenza non era proprio ravvicinata, poco meno di 12 mesi, ma le condizioni della mia carta d’identità, quasi completamente distrutta, mi hanno consigliato il cambio prima della vera e propria dissoluzione del documento di riconoscimento. Ho così scelto di passare alla carta elettronica, nella speranza di avvantaggiarmi nel tempo e con il miraggio dei servizi promessi sul sito del ministero degli interni che è il regista dell’operazione Carta d’identità elettronica, in arte CIE. Questo è il resoconto di un percorso iniziato in primavera e conclusosi in estate.

Solo su appuntamento

Il primo passo è stata la registrazione al sito del ministero per poter verificare che la Cie fosse già disponibile nel mio comune e prenotare l’appuntamento. La nuova carta non è ancora disponibile per tutti i comuni. Ma nella capitale sì. L’agenda per prendere gli appuntamenti è centralizzata nel Sistema di prenotazione AgendaCie, gestito dal Viminale.

Verificata l’abilitazione a Roma ho provveduto a ricercare il primo appuntamento disponibile. Il software di prenotazione è stato facile da usare anche perché consente di orientare la ricerca per date e/o per i municipi, fatto importante per la capitale che di circoscrizioni ne ha quindici e non tutte a portata di mano.

La prenotazione l’ho fatta ai primi di maggio 2019 e ho trovato posto per il 26 giugno, negli uffici del mio municipio. Il software permette anche di scegliere l’orario dell’appuntamento.

Il giorno fissato sono andato agli uffici del mio municipio nel quartiere Trieste con la classica foto tessera e copia della e-mail di conferma della prenotazione. Il codice stampato mi è servito per prendere il numero d’ordine per la fila allo sportello. Piuttosto comodo.

Agli uffici comunali gli orari sono cadenzati a quindici minuti per pratica e il mio turno arriva con qualche attimo di anticipo rispetto alle 14,45.

Il primo passaggio è stato il pagamento dei 22,21 euro, 16,79 richiesti dal governo più i diritti di segreteria, tutti regolati elettronicamente. Sia pure al prezzo di un cambio, momentaneo di sportello. I pos per i pagamenti elettronici sono stati lesinati dall’amministrazione e non tutte le postazioni ne avevano uno a disposizione.

La buona sorpresa

Tornato allo sportello di partenza il completamento della richiesta è stato tutto sommato sorprendentemente agevole. La foto è stata scannerizzata facilmente – può essere consegnata anche su pennetta Usb, fatta la dichiarazione sull’eventuale donazione degli organi è stata la volta della rilevazione delle impronte digitali. Qui il meccanismo si è inceppato leggermente.

Ci sono volute tre diverse scannerizzazioni delle due dita da inserire nella banca dati. Colpa del programma un po’ farraginoso, tutte e due le scannerizzazioni, devono andare a buon fine in una unica passata e se si sbaglia la seconda si deve ricominciare anche con la prima. Un po’ ha pesato anche l’inesperienza dell’impiegato. Un tutor intervenuto in supporto ha dato indicazioni risolutive.

Dall’ufficio sono andato via con la ricevuta per il ritiro di lì a qualche giorno, il 4 luglio. Sono stato avvisato che lo stampato della richiesta contiene la seconda parte del pin a 8 cifre associato alla mia CIE. La prima parte del numero insieme all’altro mezzo codice (PUK) arriva con la carta d’identità. A consegnarla è il ministro degli Interni con una lettera personale firmata (quando mi sono imbarcato nella procedura) da Matteo Salvini. Forse una premura eccessiva, ho pensato.

La mia carta funziona, non fa parte di quel set di CIE fallate emesse fra ottobre 2018 e febbraio 2019 di cui si parla nelle pagine web del ministero dell’Interno. Il controllo l’ho fatto sul sito del Viminale, ma lo si può tentare anche, ad esempio, sul sito del Comune di Roma.

Le informazioni contenute, sono accessibili secondo diverse modalità e livelli di protezione: dati accessibili liberamente: Numero Unico Servizi (NIS); I dati accessibili con scansione sono: nome, cognome, data e luogo di nascita, sesso, cittadinanza, validità per l’espatrio, fotografia, genitori (nel caso di minorenni), indirizzo di residenza (al momento del rilascio), codice fiscale, numero di serie. Dati accessibili con PIN: il certificato client, che serve nel riconoscimento fra carta e lettore. Dati accessibili solo a forze dell’ordine: impronte digitali contenute nel cip della CIE. Tutto ciò dovrebbe impedire, ao almeno ostacolare non poco, le contraffazioni, le conseguenze di furti e comunque gli usi illeciti.

Il futuro in arrivo

Oltre a dare un riconoscimento fisico la CIE consentirà a tutti cittadini italiani di farsi la propria identità digitale, un set di nome password unici, con aprirsi la strada nei siti di tutte le pubbliche amministrazioni per gestire le proprie informazioni, fare pagamenti a distanza, prenotare servizi. Ma gli sviluppatori del progetto pensano anche all’uso privato: consentire l’accesso varchi elettronici a basso livello di sicurezza, come per esempio l’accesso alla palestra, semplicemente avvicinando la carta ad un lettore; attraversamento veloce e sicuro di varchi ad alto livello di sicurezza, come per esempio l’accesso agli stadi. Accesso al trasporto pubblico, magari associato ad un portafoglio virtuale per pagare il biglietto. Conferma della presenza sul luogo di lavoro. Check-in in un hotel, senza bisogno di memorizzare manualmente i dati e fare fotocopie.

Il sistema di accesso diretto con la CIE, che ha un proprio logo “Entra conCie” è ancora in corso di implementazione. Ad oggi sono ancora poche le amministrazioni pubbliche che consentono l’accesso attraverso la Carta di identità digitale, ma anche Inps e Agenzia delle Entrate, fra gli altri, stanno lavorando con il Poligrafico per aprire il servizio di accesso ai loro siti utilizzando il documento elettronico. L’elenco dei siti viene aggiornato di continuo.

Con la carta invece è possibile già oggi semplificare la procedura per ottenere un’identità digitale certificata attraverso il sistema SPID, Servizio pubblico per l’identità digitale. Lo SPID è un sistema già più avanti nell’implementazione che permette l’accesso a circa 4.000 siti protetti, anche alle banche dati pubbliche nazionali.

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