La guerra sembra più lontana, dopo l’annuncio del ritiro di alcune forze russe dal confine ucraino e i mercati tirano un sospiro di sollievo: i listini europei rimbalzano e Wall Street apre intonata mostrando un passo forte nelle prime ore di scambi. Perde quota invece il petrolio, reduce da faraonici guadagni degli ultimi mesi e fa marcia indietro il gas dopo la schiarita, almeno momentanea, nello scacchiere geopolitico europeo. Il Brent cede quasi il 4,5% e tratta a 92,15 dollari al barile.
Piazza Affari sale del 2,09 a 26.967 punti e recupera le perdite di ieri. Tornano sugli scudi le banche e i titoli industriali. Sono sulla stessa lunghezza d’onda Francoforte +1,98%; Parigi +1,86%; Madrid +1,71%. Più arretrate Amsterdam +0,98% e Londra +1,03%. Su tutte svetta Mosca, +3,42%, evidentemente più serena dopo le recenti perdite.
La ritrovata propensione al rischio penalizza i titoli di Stato. Salgono i rendimenti negli Usa, con il tasso del decennale a +2,03%.
Crescono i rendimenti anche nella zona euro: il Btp 10 anni si porta a ridosso del 2% e il Bund di pari durata a +0,31%, per uno spread in calo a 167 punti base (-1,35%).
Sul mercato valutario scende l’indice del dollaro dello 0,4% circa. L’euro tratta in rialzo e riporta il cambio in area 1,136.
Soffre l’oro, che aveva toccato i massimi da sette mesi in avvio di contrattazioni in mattinata. Al momento lo spot gold cede circa l’1% e tratta intorno a 1859 dollari l’oncia.
Bper regina di Piazza Affari
Banche nuovamente sugli scudi a Piazza Affari, dopo i timori di ieri: a guidare il listino principale è Bper, +9,15% che brinda al positivo esito della sua offerta su Banca Carige (-0,1%). Per gli analisti l’acquisto ha una valenza industriale e Kepler alza il giudizio sulla banca modenese a “buy” da “hold”. In scia si apprezza la Banca popolare di Sondrio (+3,53%), che potrebbe diventare un altro tassello nella costruzione del terzo polo bancario nazionale.
L’effervescenza contagia d’altra parte tutto il settore, con Banco Bpm +2,89%, che potrebbe risultare nel mirino di Unicredit (+2,13%) dopo recenti indiscrezioni stampa.
Si unisce al banchetto Intesa +3,09%.
Nel risparmio gestito brillano Finecobank +3,91% e Banca Generali +2,98%.
Risalgono titoli industriali come Leonardo +4,92%; Stellantis +4,11%; Buzzi +3%. Nella top ten del giorno anche Amplifon +4,09% e Moncler +2,94%.
L’unica blue chip negativa è Eni -1,14%, che soffre il tonfo del greggio. È praticamente piatta Unipol (-0,08%), principale azionista di Bper.
Fuori dal paniere principale Autogrill (+10,14%) sale dopo i conti annuali.
Su Euronext Growth è di grande soddisfazione il debutto per la matricola Technoprobe (+14,04%), specializzata nelle “probe card” utilizzate per il test di funzionamento dei semiconduttori.
Venti di pace in Europa?
Il vento sui mercati è cambiato oggi a dell’annuncio da parte del distretto militare meridionale della Russia che le forze armate del paese hanno cominciato a ritirarsi dalla Crimea, tornando verso le basi dopo aver completato le esercitazioni nella penisola occupata da Mosca nel 2014.
Per il segretario della Nato Jens Stoltenberg tali movimenti non sarebbero un segnale di de-escalation, ma il continuo lavoro della diplomazia offre “ragioni di cauto ottimismo”.
Inoltre, al termine del colloquio di oltre due ore tra il presidente Vladimir Putin e il cancelliere Olaf Scholz, i commenti sono apparsi cautamente positivi.
Al centro dell’incontro anche il futuro del Nord Stream 2 che è pronto a funzionare da dicembre e, secondo Putin, è un “progetto strutturale per rafforzare la sicurezza energetica in Europa e risolvere problemi energetici ed ambientali, e non ha nessuna valenza politica”. La Russia non vuole la guerra, ed è pronta a proseguire il transito di gas attraverso l’Ucraina dopo il 2024 (quando scadrà l’attuale contratto a lungo termine) “se ci sarà una domanda di tali forniture da parte di acquirenti europei e sarà per noi redditizio e se il sistema di trasporto del gas ucraino funzionerà”. Un accordo conviene a tutti.
La Bce, in uno studio che verrà pubblicato nel prossimo Bollettino, stima che “l’impatto diretto e indiretto di un ipotetico shock da razionamento del gas del 10% sul settore delle imprese riduca il valore aggiunto lordo dell’area dell’euro di circa lo 0,7%”. Secondo lo studio, che non tiene conto di eventuali variazioni dei prezzi dell’energia, le perdite sarebbero particolarmente significative per i paesi dove la produzione dipende maggiormente dal gas e dove la stessa produzione del settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e condizionamento rappresenta una quota considerevole del valore aggiunto. In questo scenario, l’Italia avrebbe un impatto di poco inferiore all’8%, Francia e Spagna attorno allo 0,7% e la Germania di poco superiore al 6%. Olanda, Lussemburgo e Belgio inferiore allo 0,4%. I più penalizzati sarebbero Austria e Portogallo con un impatto superiore all’1,2% per l’Austria e all’1,6% per il Portogallo.
Disavanzo commerciale nella zona euro
Secondo Eurostat i prezzi dell’energia hanno avuto un impatto notevole a dicembre sulla bilancia commerciale della zona euro, producendo un disavanzo commerciale non destagionalizzato di 4,6 miliardi di euro, rispetto al surplus di 28,3 miliardi di dicembre 2020, con un aumento delle esportazioni del 14,1% parallelo a un incremento delle importazioni del 36,7%. Al netto delle variazioni stagionali, il deficit commerciale della zona euro è ancora più ampio, a 9,7 miliardi di euro a dicembre, in crescita dal disavanzo di 1,8 miliardi di euro a novembre e dei surplus fatti segnare in tutti gli altri mesi del 2021.
La crescita dei prezzi dell’energia ha ampliato il deficit dell’Unione europea per quel che concerne l’energia, a 276,7 miliardi di euro per il 2021, rispetto ai 157,2 miliardi del 2020.
Il gap commerciale dell’Europa con il suo principale fornitore di energia, la Russia, si è più che quadruplicato, raggiungendo 69,2 miliardi di euro dai 15,7 miliardi del 2020. Anche nei confronti della Norvegia – altro grande partner commerciale – la bilancia commerciale Ue è peggiorata, passando ad un deficit di 18 miliardi dal surplus di 6,1 miliardi del 2020.
L’ufficio statistica dell’Unione Europea conferma inoltre che la crescita economica della zona euro è rallentata su base trimestrale, secondo le attese, nell’ultimo quarto del 2021, a causa di un’ondata di casi di Covid e dalla crescita dei prezzi che hanno ridotto i redditi a disposizione dei consumatori. Il prodotto interno lordo dei 19 paesi che condividono l’euro è cresciuto dello 0,3% su base trimestrale tra ottobre e dicembre, con un incremento del 4,6% su base annua.
Conferme sull’inflazione Usa
Nella giornata di oggi sono arrivate nuove conferme sulla corsa dell’inflazione negli Usa, dove i prezzi alla produzione in gennaio sono saliti dell’1% su dicembre e del 9,7% sullo stesso periodo dello scorso anno. I dati sono peggiori delle attese degli analisti, che scommettevano su un aumento congiunturale dello 0,5% e su uno tendenziale del 9,1%.Per l’Europa indicazioni in chiaroscuro sono giunte infine dall‘indice Zew che misura la situazione economica e la fiducia economica in Germania. Il primo indice passa a -8,1 punti, rispetto ai -10,2 di gennaio, contro i -6 punti attesi, mentre il secondo sale a 54,3 punti da 51,7, al di sotto dei 55 attesi.