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La Borsa guadagna a gennaio il 7,3% ma ora c’è la recessione

Imagoeconomica

La frenata dell’economia globale è più pesante del previsto e i grandi provano correre ai ripari. Il vertice Usa-Cina si è chiuso senza un accordo ma in un clima disteso, quasi euforico. I negoziati continueranno in Cina subito dopo il Capodanno cinese che la settimana prossima celebrerà l’inizio dell’anno del maiale. Poi, la grande pace (se ci sarà) sarà siglata direttamente dai due presidenti. “Ce ne occuperemo io e il mio amico Xi” ha twittato Donald Trump.

I segnali di pace, assieme ai toni da colomba delle banche centrali, sembrano fatti apposta per rincuorare i mercati, preoccupati da una congiuntura che si rivela peggiore del previsto, dall’Asia all’Europa, colpita, più che dalla prevista recessione italiana, dall’allarme lanciato dalla Bundesbank (sorprende Jens Weidmann in versione colomba) e, soprattutto, dalle condizioni dell’economia cinese, quasi in apnea alla vigilia del Capodanno lunare. La produzione industriale del Drago, segnala stamane l’indice Caixin, è scesa a gennaio ai minimi da tre anni, deludendo le speranze in un rimbalzo. Rallenta anche il Giappone: l’industria manifatturiera segna i minimi da 29 mesi, fanno peggio Corea del Sud e Taiwan. Intanto l’indice Baltic dry, che misura l’andamento dei commerci via mare, perde il 47% da agosto, da quando sono cominciate le difficoltà sui dazi.

PECHINO: INDUSRIA AI MINIMI DAL 2016, MA LA BORSA VA

L’economia globale, con l’eccezione degli Usa, va male. Ma le Borse riprendono tono, grazie alle rinnovate attenzioni delle banche centrali, a partire dal voltafaccia della Fed (un terzo degli esperti è convinto che entro l’anno Jerome Powell taglierà di nuovo i tassi).

I mercati si affacciano così a febbraio con il segno più. Il CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzhen guadagna lo 0,9% anche se l’indice Pmi Caixin sulle aspettative dei direttori degli acquisti è sceso in gennaio a 48,3 da 49,7 di dicembre.

La valuta cinese accusa il colpo, il cambio dollaro Yuan sale dello 0,6% a 6,73: primo apprezzamento dopo sette giorni consecutivi di debolezza.

In ordine sparso gli altri mercati della regione. Sia il Topix giapponese che Hong Kong accusano modeste perdite dopo aver toccato nuovi massimi.

Il petrolio Brent è in calo dell’1,5% a 61 dollari il barile, mentre il WTI, il greggio di riferimento per gli Stati Uniti, è piatto intorno a 54 dollari il barile: il differenziale tra i due tipi di petroli pregiati, scende sui minimi degli ultimi cinque mesi.

Positivi ieri a Piazza Affari i titoli energetici: Eni +0,9%. Saipem +2,2%. Tenaris +0,6%.

FACEBOOK TRAINA IL NASDAQ, AMAZON DELUDE

Andamento a più velocità ieri per i mercati Usa. Segna il passo l’indice Dow Jones (-0,06%), frenato dal tracollo di Dupont Chemical (-9,23%) dopo i conti. Meglio S&P 500 (+0,86%) e soprattutto il Nasdaq (+1,37%).

A trainare il listino tech è stata Facebook: +10,82%, nella seduta migliore da tre anni, grazie ai conti migliori del previsto.

Risultati record anche per Amazon: ricavi per 72,4 miliardi (meglio delle attese di 71,87 miliardi), utili record di 3,03 miliardi. Ma le previsioni di Jeff Bezos per il 2019 hanno deluso gli operatori: -4,9% nel dopo Borsa.

ITALIA IN RECESSIONE, ALLARME DI WEIDMANN SU BERLINO

L’ingresso in recessione dell’economia italiana, pur ampiamente previsto dai mercati, ha zavorrato la Borsa italiana, fanalino di coda tra i mercati dell’Eurozona. A preoccupare gli operatori non sono solo i dati 2018 peggiori delle stime, ma le prospettive tutt’altro che confortanti per l’anno in corso, aggravate dai segnali inquietanti in arrivo dall’economia tedesca, la locomotiva attorno a cui ruota l’industria manifatturiera italiana.

L’ultimo allarme, ieri sera, l’ha lanciato il presidente della Bundesbank Jens Weidmann: “Il calo dei prezzi del petrolio – ha detto – comporterà in particolare un’inflazione probabilmente in sensibile calo quest’anno rispetto a quanto previsto dalla Bce a dicembre”. Per la Germania, in particolare, il banchiere vede una contrazione più prolungata di quanto previsto con un Pil che potrebbe scendere “ben sotto il tasso potenziale del’1,9% nel 2019”.

PIAZZA AFFARI +7,3% A GENNAIO

La Borsa italiana chiude con un ribasso dello 0,21%, a quota 19.730 punti, al termine di una seduta contrastata: dopo un avvio positivo, il listino ha azzerato i guadagni in tarda mattinata per poi recuperare terreno a fine sessione, in scia anche a Wall Street.

Gennaio si è chiuso con un guadagno complessivo del 7,30%. Nel corso della seduta si era spinto sui massimi da metà ottobre a 19.904 punti per poi ripiegare sotto il peso delle banche.

Anche l’indice Ftse Star (ieri -0,4% a 33.260 punti) ha archiviato il mese di gennaio con un guadagno del 9% (FtseMib +7,3%). È il miglior risultato su base mensile dal marzo 2017 che terminò con un +11%. In Europa, nello stesso periodo l’indice Eurostoxx è salito del 4,80%, il Dax del 5,30%.

FA PAURA DEUTSCHE BANK (-5%)

Ieri Francoforte ha chiuso piatta, -0,06%. Deutsche Bank è franata del 5%, peggior blue chip: secondo Bloomberg i dirigenti hanno due mesi di tempo, quel che manca alla fine del trimestre, per rilanciare l’attività ed impedire l’intervento dello Stato. Nel caso i risultati del trimestre non dovessero rappresentare un punto di svolta, le autorità di Berlino scenderebbero in campo per pilotare l’aggregazione con Commerzbank.

Le vendite prevalgono a Madrid (-0,18%), mentre Parigi e Londra sono positive (rispettivamente +0,36% e +0,46%).

LO SPREAD SCENDE A 243 PUNTI, DECENNALE AL 2,59%

Seduta volatile ma finale piatto per il mercato obbligazionario. Dopo il ribasso in scia all’annuncio del dato del pil, il mercato ha prima ha ripreso la via del rialzo, per poi sostanzialmente azzerarlo.

Lo spread Btp/Bund chiude a 243 punti, il tasso del decennale quasi invariato a 2,59%.

Il derivato sul decennale di riferimento ha toccato i massimi di contratto a 129,81 e il Bot a un anno è sceso ai minimi di rendimento a 0,054%.

Banche sotto tiro in Italia, ma non solo. Oltre alla situazione di Deutsche Bank, sull’indice europeo di settore (-2%) pesa l’accusa della Commissione europea, secondo cui otto banche avrebbero fatto cartello nel trading di titoli governativi.

A Milano il comparto accusa una frana del 3,8%. Quasi tutti i titoli del credito figurano in fondo al listino. La peggiore è stata Bper -6,1%, ma perdono anche Ubi (-4,7%), Banco Bpm (-4,9%), Unicredit (-4%) e Intesa Sanpaolo (-3,2%).

FERRARI INGRANA LA SESTA: +11%

All’altro capo del listino principale Ferrari vola a +11% dopo diverse sospensioni con volumi estremamente sostenuti. A entusiasmare gli investitori i risultati 2018 in linea con le aspettative e soprattutto l’anticipazione al prossimo anno degli obiettivi 2020 in termini di Eps e free cash flow. È prevista dopo il 2022 l’immissione sul mercato della prima auto elettrica.

Beneficiano dei risultati anche Fiat Chrysler (+1,5%). La cinese Zhejiang Geely Holding ha detto di non avere interesse per Alfa Romeo.

Al contrario chiudono in profondo rosso Cnh (-2,81%) e Pirelli (-3,16%), su cui Equita Sim ha abbassato il target price a 8,1 euro da 8,3, mentre Banca Imi a 7,5 da 8 euro. Entrambe confermano il rating buy.

AFFONDO DI ELLIOTT SU TELECOM ITALIA (+5%)

Ben comprata anche Telecom Italia, che approfitta dell’incremento della quota di proprietà del fondo Elliott, che sale dall’8,8% al 9,4%. Il titolo chiude a +5%.

Acquisti anche su Leonardo (+1,3%) dopo l’ok dell’Antitrust al completamento dell’acquisto della quota di controllo di Vitrociset.

Positiva Juventus (+2% nonostante la sconfitta di ieri in Coppa Italia.

Fuori dal listino principale, bene Tiscali (+3,9%) dopo che l’azienda ha emesso un bond convertibile da 10,6 milioni, con scadenza un anno, integralmente sottoscritto dai soci Ict Holding Limited e Sova Disciplined Equity Fund in quote uguali.

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Denaro su Safilo (+3,7%) dopo le anticipazioni su ricavi ed ebitda 2018 diffuse ieri.

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