L’energia che divide, nelle diverse aree di crisi del pianeta. E l’energia che unisce, a volte proprio in quelle stesse aree. Due lati di una stessa medaglia che Riccardo Puliti, direttore generale per l’energia e le risorse naturali della Bers (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) osserva ogni giorno da un orizzonte molto ampio che spazia dai Paesi europei dell’ex mondo sovietico, si estende verso Oriente e verso il Sud del Mediterraneo.
Non c’è sviluppo senza energia né può esserci crescita senza pace e stabilità. Come si conciliano in un momento in cui sembrano prevalere i venti di guerra e il tema della sicurezza degli approvvigionamenti torna al centro dell’attenzione?
“C’è una diplomazia dell’energia che spesso precede la diplomazia politica vera e propria. Ho potuto constatarlo in oltre vent’anni di esperienza e potrei citare diversi esempi. Prendiamo la recente crisi Russia-Ucraina: nel periodo di massima tensione dei rapporti e fino al 15 giugno, quando si sono rotte le trattative, Mosca ha rifornito Kiev con 7 miliardi di metri cubi di gas che sono serviti a riempire gli stoccaggi al 42,5% della capienza. Ora l’Ucraina può contare su 13,5 miliardi di metri cubi e con quelli affronterà l’inverno”.
Altri casi?
“Per restare nell’area, la Crimea è un teritorio conteso eppure negli ultimi 3-4 mesi l’Ucraina ha dato elettricità e gas alla regione che altrimenti sarebbe rimasta al buio”.
Nei fatti, dunque, nessuno se la sente di spingere la “guerra” fino in fondo. La Bers è impegnata a sostenere gli investimenti che favoriscono lo sviluppo: in quali aree?
“La Bers è fortemente interessata ad un espansione della propria attività in campo energetico nell’area del Mediterraneo. Ai Paesi tradizionalmente nel nostro raggio d’azione, si sono aggiunti la Turchia dal 2009 e dal 2012 Marocco, Tunisia, Egitto e Giordania. Da maggio anche Cipro, sia per la zona turca che per quella greca. Altri due Paesi hanno chiesto di essere considerati nel nostro perimetro di operazioni: la Libia e il Libano”.
Aree strategiche. Come intervenite?
“Investiamo 2 miliardi di euro l’anno nel settore dell’energia e delle risorse naturali. Se invece guardiamo al nostro portafoglio in essere, si arriva a quasi 9 miliardi. Il settore elettrico fa la parte del leone con 6 miliardi. Circa 2 miliardi sono impegnati nell’oil&gas e 1 miliardo nel settore minerario. Interveniamo sia in equity come nel caso della joint venture Ogk5 con Enel in Russia in cui abbiamo un 5%, sia con finanziamenti e strumenti propri di una banca commerciale. E mi fa piacere ricordare che abbiamo sostenuto Terna e A2A in Montenegro per la nuova interconnessione con l’Italia e l’installazione di 140 mila contatori elettronici made in Italy”.
Cifre importanti per la realizzazione di impianti e infrastrutture. Anche il memorandum firmato con l’Ome, l’osservatorio per l’energia nel Mediterraneo, va in questa direzione?
“Certamente. Nell’energia seguiamo due vettori di crescita: l’efficienza energetica, soprattutto nell’Est europeo. E la sicurezza. Guardiamo con molta attenzione allo sviluppo del maxi-giacimento di gas Leviatano che cambierà la geopolitica del Mediterraneo orientale, interessando Israele, Libano e Cipro e l’export verso Turchia e Egitto. Ma seguiamo con attenzione anche il Corridoio Sud europeo e la realizzazione del Tap in particolare”.