Caro Cavaliere mi dispiace, ma non si può fare. Quasi in contemporanea con l’uscita della sua biografia, la Bce gela i progetti di Leonardo Del Vecchio in Mediobanca: la Delfin, cassaforte dell’impero di mister occhiali, allo stato attuale non potrà salire dall’attuale 19,9% al 25% dell’istituto di piazzetta Cuccia. Per ottenere il via libera, riferisce Mf cui si deve lo scoop, Del Vecchio dovrebbe trasformare Delfin in capogruppo bancaria. Ma una trasformazione del genere avrebbe ripercussioni nel resto dell’impero: una holding bancaria non può controllare stabilmente il numero uno al mondo degli occhiali, per giunta impegnato a fondo nella rivoluzione digitale del settore.
La Bce ferma Del Vecchio: cosa può succedere ora
Si può prevedere, perciò, che Del Vecchio, pur essendo uno che non si arrende facilmente, rinunci al disegno iniziale, ovvero puntare alla crescita nel captale di Mediobanca e Generali con l’obiettivo di “difenderne l’italianità e aiutarle a crescere e a diventare leader”. Nell’attesa di individuare un’altra strategia che non potrà far conto più di tanto su Francesco Gaetano Caltagirone. Il veto alzato nei confronti di Delfin, infatti, vale a maggior ragione nei confronti dell’immobiliarista romano, ormai impiombato in una guerra di trincea in Generali, fuori dalla stanza dei bottoni della compagnia di cui è stato a lungo vicepresidente dopo aver investito tre miliardi di euro sul ribaltone.
Difficile, a questo punto, che Caltagirone, forte del 5% abbondante in Mediobanca, voglia o possa aumentare la pressione su Alberto Nagel e così ottenere un cambio della guardia. Nagel, da ieri, è senz’altro più forte, sostenuto da buona parte dei soci storici di piazzetta Cuccia. Senza dimenticare il rischio di incappare nel rischio di concerto e relativo obbligo a lanciare un’Opa. Insomma, il fortino di piazzetta Cuccia sembra ormai inespugnabile.
La Bce ferma Del Vecchio: Benetton pontiere?
Piazza Affari ha già preso atto della nuova situazione: il titolo Mediobanca, spento l’appeal speculativo, arretra del 2,5%, peggior titolo del listino. Perde colpi anche Generali -1%, l’altro campo di battaglia, che ancora porta i segni dello scontro che ha diviso la maggioranza, supportata dalla totalità degli investitori istituzionali, contro la coppia Del Vecchio-Caltagirone. Ma la decisione della Bce rende nei fatti più complicato puntare ad una guerra a suon di carte bollate per spodestare Philippe Donnet, sostenuto da Mediobanca dalla poltrona di numero uno della compagnia, che domani annuncerà i conti del trimestre.
La guerra, insomma, sembra volgere al termine. Ma ora occorre costruire la pace e così evitare una situazione di stallo che minaccia di frenare lo sviluppo di uno dei pochi poli finanziari italiani di respiro internazionale. Il ruolo di pontiere tra i duellanti potrebbe essere svolto dai Benetton che in assemblea Generali hanno votato al fianco di Caltagirone (in base all’opinabile principio che le scelte dei “padroni” vanno premiate rispetto a quelle dei cda) ma già avevano anticipato di voler far da mediatori tra i belligeranti. Magari per disegnare un futuro del Leone meno legato a Mediobanca che potrebbe puntare al ruolo di king maker del risparmio gestito acquisendo Banca Generali e Mediolanum dall’amica famiglia Doris.
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E ora riparte il risico bancario per Unicredit
Non è l’unico scenario possibile, per la verità. Anche perché, come già ricordato, Del Vecchio non è uomo che si arrende. Il patron degli occhiali, da sempre, ha un occhio di riguardo per Unicredit, la banca che, merito di Lucio Rondelli, capì che l’ex martinitt aveva una marcia in più, tanto da accompagnarlo, primo italiano, al listino di Wall Street. Del Vecchio, grande azionista della banca di piazza Gae Aulenti, ha avuto un ruolo determinante nella scelta di Andrea Orcel, il “ Cristiano Ronaldo dei banchieri” che per ora stenta ad individuare la strada maestra per far crescere l’istituto. L’ultimo tentativo, un possibile merger con Commerzbank, è andato a vuoto per lo scoppio della guerra in Ucraina, fatale anche per l’Opa quasi matura su Banco Bpm. Per non parlare delle trattative fallite con il Tesoro per il Monte dei Paschi.
Del Vecchio, bloccato dal veto di Francoforte, è consapevole che Orcel dispone della necessaria licenza bancaria. E potrebbe giocare la carta Unicredit per un merger con piazzetta Cuccia in grado di schierare un player di dimensioni internazionali. Il risiko, insomma, è tutt’altro che finito. Anche perché lo stallo danneggia tutti.