La biodiversità, che assicura la presenza di piante con caratteristiche differenti e il riparo a milioni di specie animali, è la base della sicurezza alimentare ed è strettamente connessa con la buona salute di tutti i tipi di ecosistemi presenti sulla terra, in quanto portatrice di diversità genetica all’interno delle specie, a sua volta fondamentale al riguardo, poiché dalla varietà delle specie dipende la capacità di sopravvivere agli eventi estremi del clima, agli attacchi di nuovi parassiti e la resilienza delle colture deputate all’alimentazione di tutti i popoli del pianeta.
Nella situazione attuale il massimo della biodiversità si ritrova nella fascia compresa tra i due tropici dove sono collocate le grandi foreste primarie residue. Lì sono anche concentrati i paesi meno ricchi del mondo, con economie spesso basate su un’agricoltura familiare che sfama milioni di persone nelle comunità dei popoli nativi, che da sempre seguono i cicli naturali, proteggono l’ambiente e hanno preservato la natura a discapito della propria ricchezza. Al contrario nelle zone temperate con il clima più favorevole per gli insediamenti umani, si concentrano le economie più ricche che però hanno ottenuto la loro ricchezza dall’insediamento di grandi città con industrie e infrastrutture altamente impattanti, a discapito degli ecosistemi naturali locali spesso completamente cancellati.
Da qui è nata la consapevolezza, ormai globalmente diffusa e caldeggiata anche dalla FAO, che solo la biodiversità, con la protezione di tutti gli ecosistemi naturali, può assicurare un’alimentazione adeguata a tutti i popoli della terra ed eradicare la fame nel mondo. La biodiversità rappresenta uno strumento di resilienza ambientale e sociale con importanti risvolti sull’economia rurale dei territori e sulla salvaguardia del paesaggio agrario. Dietro il termine biodiversità si nasconde una fittissima rete di organismi viventi talvolta anche molto piccoli e pressoché invisibili ma che, in equilibrio tra loro, riescono a costruire percorsi di vita di inestimabile importanza.
Banane e biodiversità
Nel corso dell’ultimo Forum sulla banana, da parte di produttori e agronomi si è discusso del futuro del commercio della banana, arrivando alla conclusione che il mercato delle banane è esposto a grandi rischi in conseguenza della presenza sul mercato mondiale di una sola varietà di banane, nonostante ne esistano diverse centinaia. Nel mondo mangiamo tutti la stessa banana. Un’assurdità!
La varietà attualmente più coltivata è la Cavendish, che produce frutti relativamente lunghi e dalla polpa compatta fino agli ultimi stadi di maturazione, quando diventa invece molto morbida e più dolciastra. La Cavendish è un ibrido realizzato per ottenere frutti con quantità sufficienti di polpa ma che ha l’inconveniente di riproduzione per propagazione, cioè cloni della pianta di partenza. Questo espone la Cavendish a malattie e parassiti con le classiche e drammatiche conseguenze delle monoculture.
Nella seconda metà dell’Ottocento, la varietà di banana utilizzata per le esportazioni era la Gros Michel, adatta al trasporto con lunghi viaggi, ma dopo la guerra, in pochi anni, un fungo attaccò le piante che essendo tutte solo Gros Michel furono decimate perché prive di difese contro le infezioni (Malattia di Panama). Tutte le principali piantagioni nell’America centrale ed in Sudamerica furono decimate. Fu allora introdotta la coltivazione della varietà Cavendish, resistente al fungo.
Ma l’avidità dei produttori fece sì che non venne introdotta alcuna variazione alla monocoltura per evitare che si ripetessero gli errori già fatti ed oggi cominciano ad essere segnalati casi sempre più frequenti di esposizione della monocoltura della Cavendish ad un fungo che non consente la sopravvivenza delle piante, oltre all’esposizione ad altri rischi (Sigatoka Nera,) legati sempre alla stessa causa: la mancanza di biodiversità.
Cavendish e diffusione colturale
La banana Cavendish è la varietà di banana più coltivata e consumata al mondo ma deve essere trasportata con molte cautele e richiede spesso di essere refrigerata per rallentarne la maturazione La sua produzione avviene principalmente in climi tropicali, con i maggiori produttori situati in paesi come Ecuador, Filippine, Colombia, Costa Rica e India. La raccolta avviene quando i frutti sono ancora verdi, per permettere la maturazione durante il trasporto.
Diversificare la produzione potrebbe avere grandi benefici per ridurre i rischi legati alla coltivazione di un’unica varietà, ma i produttori per motivi logistici ed i consumatori per la percezione del gusto non intendono modificare le logiche produttive. Ogni frutto ha pressoché lo stesso sapore, il medesimo aspetto e gli stessi tempi di maturazione. Questi ultimi sono essenziali per gli esportatori, che hanno necessità di consegnare miliardi di banane ancora acerbe e di lasciare che maturino poi nelle fasi di distribuzione al dettaglio.
La monocoltura della banana Cavendish presenta quindi diversi rischi, soprattutto per la sostenibilità ambientale e la sicurezza alimentare, rappresentati da:
- vulnerabilità alle malattie conseguenza dei climi più caldi e umidi che favoriscono la proliferazione di alcuni virus e parassiti,
- uso intensivo di pesticidi e fungicidi sempre più necessari in rapporto alla vulnerabilità, con evidenti danni all’ambiente e dimostrati rischi per i lavoratori
- esaurimento dei suoli conseguenza della coltivazione intensiva
- peggioramento delle condizioni dei lavoratori, in particolare delle donne. Anche se si sono compiuti grandi progressi per eradicare il lavoro minorile, resta ancora oggi una piaga presente soprattutto nelle piccole realtà produttive, dove la povertà rurale è endemica. I bambini lavoratori rappresentano ancora una fonte di reddito per le famiglie povere e una forza lavoro a basso costo per i piccoli produttori, schiacciati dagli alti costi di produzione.
Cambiamento climatico
Si deve inoltre considerare la riduzione della produttività in conseguenza del cambiamento climatico con aumento delle temperature a cui la banana è particolarmente sensibile, anche perché temperature più alte riducono la qualità del frutto e richiedono più acqua.
Per poter cercare una soluzione sarebbe indispensabile giungere ad una diversificazione delle colture, introducendo nuove varietà di banane più resistenti ma soprattutto utilizzando pratiche agricole sostenibili. Potrebbero essere coltivate banane locali e tradizionali per i mercati locali e coltivando in modo misto con altre piante per migliorare la salute del suolo e ridurre i pesticidi.
Nonostante se ne discuta da anni, al momento non sembrano esserci grandi soluzioni praticabili. Come contromisura per limitare i danni, alcuni gruppi di ricerca stanno lavorando allo sviluppo di piante geneticamente modificate in modo da essere resistenti al TR4. Non in tutti i paesi è però consentito il commercio di organismi geneticamente modificati, di conseguenza per ora i produttori sono restii a introdurre frutti OGM come anche ad utilizzare le nuove tecniche di modifica del DNA, come Crispr che permettono di cambiare parte del materiale genetico di un organismo senza introdurne di nuovo proveniente da altri organismi.
Consumi
Il consumo di banane nell’Unione europea ha registrato una crescita significativa negli ultimi anni. Dal 2012 al 2021, l’offerta totale di banane, comprendente sia la produzione interna che le importazioni, è aumentata del 37%, raggiungendo 5,8 milioni di tonnellate nel 2021, rendendo l’Ue uno dei principali mercati mondiali per questo frutto. Il mercato delle banane nell’Ue è in espansione, con una crescente domanda che viene soddisfatta sia dalla produzione interna che dalle importazioni.
La banana è un prodotto altamente deperibile e ciò rende difficile lo stoccaggio. Il mercato è in mano a pochi grandi produttori che gestiscono tutta la filiera e che determinano di fatto i successi delle varietà in circolazione, essendo molto affezionate alle Cavendish, le più richieste dai loro clienti. L’Unione europea è il principale importatore di banane e si stima che nel 2023 ne abbia importati circa 5 milioni di tonnellate, pari al 27 per cento delle importazioni totali seguita da Stati Uniti (22 per cento) e Cina (10 per cento).
Consumatori – coproduttori
Anche le scelte dei consumatori promuovono il cambiamento. Tutti noi giochiamo un ruolo da protagonisti quando acquistiamo le banane dal fruttivendolo, al mercato, al supermercato oppure online. Se oggi la produzione e il commercio di questi frutti sono un po’ più “etici” e sostenibili è anche merito delle forti pressioni dell’opinione pubblica contro le scandalose condizioni di lavoro nelle piantagioni, ma anche della maggiore sensibilità dei consumatori verso gli aspetti etici.
Uno dei principi di riferimento per Slow Food è essere coproduttori, cioè essere sempre consapevoli di quali siano le origini del cibo che mangiamo, quale siano le caratteristiche dietro la sua filiera, in particolare per quanto riguarda la giustizia insita nella produzione. La banana non è solo quindi un frutto di facile godimento ma un pezzo di una storia che riassume il significato oggi della biodiversità e dell’impegno per la tutela dei produttori.
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Enrico Roccato è stato dirigente sanitario e si occupa di cibo e alimentazione sostenibile. È stato Presidente della condotta dell’Empolese-Valdelsa di Slow Food