Ha destato scalpore la notizia secondo cui la Apple ha deciso di riportare in America, l’anno prossimo, la produzione dei suoi desktop iMac. C’erano molti pochi esempi di rimpatri del genere, anche se sta prendendo piede invece lo spostamento, da parte di società americane, di produzioni o approvvigionamenti Made in China a favore di altri paesi a basso costo del lavoro, e in particolare a favore del Messico: il forte aumento dei salari cinesi, unito al vantaggio del Messico in termini di costi di trasporto, sta spingendo verso questo riposizionamento produttivo.
Ma il caso della Apple è potenzialmente più importante, perché potrebbe segnare l’inizio di un trend, tanto più che lo spostamento riguarda gli Stati Uniti stessi – un paese a costo del lavoro certamente non basso.
Tuttavia, uno studio della HSBC Securities (Taiwan) minimizza l’accaduto. Il rimpatrio riguarda un investimento relativamente, piccolo di soli 100 milioni di dollari, e non è legato a grandi strategie d’impresa ma probabilmente al desiderio di guadagnarsi benevolenza da parte del governo federale e dell’opinione pubblica, ancora scossa dalle notizie relative alle disagiate condizioni di lavoro presso la Foxconn cinese (uno dei principali fornitori della Apple). La nuova fabbrica, secondo il rapporto, sarà probabilmente destinata all’assemblaggio, altamente automatizzato, degli iMac sulla base di componenti importati.
Chinapost