Era previsto da mesi, ma oggi è ufficiale. Eastman Kodak, azienda icona della fotografia fondata a Rochester nel 1892, proprio ieri ha fatto richiesta presso un tribunale di New York del Chapter 11, la procedura di bancarotta assistita, dichiarando asset per 5,1 miliardi di dollari e un indebitamento di 6,7 miliardi.
L’attività della società, che ha chiuso 6 degli ultimi 7 esercizi in passivo, continuerà grazie alla protezione dall’azione dei creditori prevista dal Chapter 11 e a un finanziamento di 950 milioni a 18 mesi da parte di Citigroup, capitale che sarà utilizzato per tentare una ristrutturazione. L’amministratore delegato Antonio Perez, che in sette anni alle redini della società ha bruciato un capitale di 7 miliardi, ha dichiarato che quello compiuto “è un passo significativo per permetterci di completare la nostra trasformazione” e che la speranza “è quella di uscire dallo stato di bancarotta nel 2013“. Per farlo Kodak dovrà dismettere degli asset e tentare la vendita dei circa 1.100 brevetti ad oggi registrati, per portare in cassa nuova liquidità.
Con i “de profundis” a Kodak si chiude in un certo senso l’era della pellicola, mentre rimangono il paradosso di una società che non è stata in grado di rimanere al passo delle sue stesse innovazioni (fu proprio la Kodak, a metà degli anni settanta, a inventare la macchina fotografica digitale, senza mai riuscire, in seguito, a operarne in prima persona un adeguato sfruttamento commerciale) e una crisi di cui non si riesce ad intravedere la fine e che, dopo il taglio di 13 impianti di produzione e di decine di migliaia di posti di lavoro dal 2011 ad oggi, vede adesso almeno altri 9mila lavoratori rischiare il licenziamento.