X

Klimov: “Le ragioni della Russia su Siria, Ucraina e petrolio”

“I tempi in cui l’Unione Sovietica finanziava i partiti comunisti occidentali sono finiti da 25 anni. Ora la Russia non deve esportare ideologia ed è proibito per legge finanziare forze politiche di Stati esteri”. Il vice presidente della Commissione Affari Esteri del Parlamento Russo Andrey A. Klimov in Italia per un giro di contatti con le forze politiche rappresentate in Parlamento, smentisce in maniera netta le voci ricorrenti di finanziamenti da parte russa a forze politiche come il Front National della Le Pen e la Lega di Salvini che si sbracciano a favore di Putin e polemizzano da tempo con le posizioni ufficiali dei governi europei che hanno adottato delle sanzioni per contenere l’espansionismo Russo dopo quanto avvenuto in Crimea ed in Ucraina.

Klimov è un politico di lunga esperienza, laureato in economia, parla un ottimo inglese. Siede da molti anni alla Duma ed appoggia la politica di Putin tenendo una serie di contatti con le forze politiche dei paesi occidentali per illustrare le ragioni della Russia, senza sovrapporsi a quelli che sono i rapporti a livello governativo. In Italia ha incontrato il presidente della Commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, esponenti della Lega e del M5S. Non ha visto i rappresentanti del PD. “Purtroppo avevo avuto tramite la nostra ambasciata – dice Klimov – un appuntamento lunedì che poi è stato posticipato a martedì ed alla fine è stato completamente cancellato. Evidentemente c’è stato un equivoco burocratico, dato che i rapporti tra i governi dei nostri due paesi mi sembrano eccellenti”.

Sig Klimov i rapporti con l’Europa sono difficili perché molti paesi orientali temono una ripresa del tradizionale espansionismo russo verso occidente. A giugno si dovranno ridiscutere le sanzioni dopo verifica del rispetto degli accordi sull’Ucraina. Che garanzie siete in grado di dare per salvaguardare la sicurezza di tutti i paesi europei?

In primo luogo vorrei ricordare che dopo la caduta dell’Unione Sovietica noi abbiamo ritirato le truppe di stanza in tutti i paesi dell’Est a partire dalla Germania dell’ Est. Sono tornati all’interno delle frontiere russe circa un milione di soldati, mentre ad esempio gli Stati Uniti non hanno ritirato i loro militari, ed anzi le frontiere della Nato sono avanzate di molte centinaia di chilometri e questo rappresenta un problema per la nostra sicurezza. Per quel che riguarda la presenza di nostri soldati al di fuori dei confini devo precisare che in Crimea la nostra presenza militare è stata limitata al tempo necessario ad assicurare un ordinato svolgimento del referendum e non ha provocato alcuna vittima. Mentre nego che esistano truppe russe in Ucraina: è stato solo rafforzato il dispositivo militare lungo i confini a difesa del nostro territorio. I paesi baltici non hanno nulla da temere. Siamo stati noi a decidere di ritiraci volontariamente da quei territori ridando piena libertà a quei popoli e certo non ci rimangiamo una decisione storica. Non lavoriamo per indebolire la UE attraverso il sostegno a partiti nazionalisti. Ricordiamo bene le lezioni del passato e gli errori commessi quando si voleva esportare ideologia o regimi politici”.

Come vede la situazione in Siria dove si stanno scontrando le varie potenze regionali e globali, e la possibilità di porre fine al conflitto in tempi ragionevoli senza destabilizzare l’intera regione già caratterizzata da tanti contrasti?

Noi siamo andati in Siria perché chiamati dal governo di Damasco al quale ci legava un antico trattato di mutua assistenza. In termini giuridici quindi non potevamo venir meno ad un impegno. Dal punto di vista strategico occorre considerare che la sicurezza nazionale della Russia sarebbe stata messa in pericolo da una totale destabilizzazione dell’area. In primo luogo le nostre frontiere sono molto vicine a quelle siriane dalle quali ci divide solo l’Armenia, paese amico con il quale esiste un accordo di libera circolazione delle merci e delle persone. In secondo luogo noi valutiamo che nelle milizie dello Stato Islamico combattono attualmente circa 7000 russi che noi dobbiamo fronteggiare da un lato convincendoli ad abbandonare una ideologia sbagliata e tornare in Russia, e dall’altro battendoli sul terreno. Insomma per la Russia la questione siriana è un tassello importante della nostra sicurezza. Non così per l’altra grande potenza, cioè gli Stati Uniti, per i quali la Siria non rappresenta alcun problema per la propria sicurezza ma fa parte di un gioco globale di influenza e di dominio. Difficile dire come potrà evolvere il conflitto. Sarebbe un successo se le operazioni militari terminassero entro quest’anno. Poi il Governo siriano dovrà impegnarsi con polizia e forze speciali per bonificare completamente il territorio da residui piccoli gruppi terroristici”.

Ma quale governo? Pensate ad una Siria ancora unita o alla formazione di due o più Stati?

“Sarebbe saggio mantenere uno Stato unito. Con quale governo lo vedremo. Sono in corso colloqui a Mosca (oltre che a Ginevra) con i vari gruppi politici del paese. Del resto quando ci si avvia sulla strada della frantumazione e del ridisegno delle frontiere non si sa mai bene dove si va a finire”. 

Infine, la questione del prezzo del petrolio. E vero che state parlando con l’Arabia Saudita per arrivare ad un controllo della produzione in modo da arrestare la caduta dei prezzi?

“Bisogna partire dalla considerazione che oggi i costi di estrazione del greggio si aggirano tra i 50 ed i 70 dollari al barile. Tutti i budget dei vari paesi produttori, Arabia Saudita compresa, si basano su un livello di prezzi di 45-50 dollari. Oggi la crisi del prezzo del petrolio deriva da vari fattori. In primo luogo dalla debole crescita mondiale (2-3%) e quindi bisogna che la comunità internazionale, tutta insieme, si ponga il problema di accelerare la crescita. Poi c’è in atto una gigantesca speculazione. Basti pensare che il volume dei derivati in essere sul petrolio supera di 10 volte il PIL mondiale. La Russia si adopera per arrivare ad una intesa equilibrata non perché è debole, come ha detto il presidente Obama, ma proprio perché è forte e può dare un reale contributo alla ripresa della crescita globale”.

Related Post
Categories: Interviste
Tags: Russia