Natura e cultura, intelletto e corpo, bellezza e transitorietà sono le condizioni dell’essere umano che Kiki Smith esamina nel suo lavoro. Rivela la fragilità del corpo mentre esplora le relazioni dell’individuo con gli animali e l’ambiente.
La mostra “procession”, nel Lower Belvedere, riunisce una novantina di opere per costruire un cosmo spirituale, intellettuale e mitico. Ciò fornisce uno spaccato del suo lavoro artistico che va dai primi anni ’80 ai giorni nostri.
Mentre la Mostra-evento pone l’accento sulle sculture, saranno esposti anche lavori su carta e arazzi. Figure e storie si susseguono in una parata cerimoniale che sottolinea il potere delle immagini e le loro qualità carismatiche. Le invenzioni pittoriche a volte radicali e l’abbondanza di diversi materiali che Smith impiega creano un impareggiabile corpus di lavori e sono davvero pionieristici per una generazione più giovane di artisti. Il suo lavoro tocca importanti temi dell’esistenza.
Il titolo Procession deriva dalla parola latina procedere, un riferimento a marciare in avanti, avanzare o agire. La mostra si apre con le prime opere di Smith, emerse sotto l’influenza di mutevoli cambiamenti sociopolitici e culturali modellati dall’AIDS e dal discorso sulla sessualità, il genere e l’attivismo femminista. Senza restrizioni di tabù, disagio e limiti della vergogna, le sue ricerche sul corpo (specialmente femminile) illustrano la conditio humana – la condizione umana.
Nei suoi oggetti e disegni, presenta singole parti del corpo, tra cui piede, braccio, orecchio, lingua e organi come lo stomaco e l’intestino, o vasi accuratamente etichettati contenenti presunti fluidi corporei, come urina, sperma, saliva, sangue, sudore o lacrime. L’interno del corpo è rivolto verso l’esterno. Figure a grandezza naturale fatte di cera d’api (Vergine Maria, 1992) o di carta e crine di cavallo, come nella figura umana appesa al muro (Untitled, 1995), mostrano il corpo nudo e indifeso. Smith sovverte così le nozioni convenzionali di femminilità: la donna non appare né come oggetto desiderabile né come idolo idealizzato.
A partire dai primi anni ’90, Smith si dedicò all’estrazione di temi da storie, miti, leggende, fiabe e credenze religiose. Ora incorpora la sua materia, la sua fisicità e le sue esperienze sociali, in un contesto più ampio, esaminando la relazione dell’individuo con la natura e l’ambiente. Sontuosi arazzi e sculture creano un universo che rispecchia lo stretto legame esistente tra uomo e animale.
Nelle sue opere, che includono rappresentazioni di animali morti, in particolare uccelli e specie estinte, Smith si rivolge alla nostra creazione in via di estinzione. I suoi corvi – Untitled (Crows) (1995/2016) – neri e senza vita, i loro corpi sparsi per terra, testimoniano un disastro ecologico.