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Kairos è di nuovo in vendita. Gruppo Sella in pole position. Interesse anche da Anima e Zurich Financial

FIRSTonline

Il dossier per l’acquisizione della maggioranza di Kairos Sgr è rispuntato sui tavoli di alcuni protagonisti del mondo del risparmio gestito: a cominciare da quello del Gruppo Sella, ma anche di Anima e Zurich Financial, secondo indiscrezioni riportate dal Sole24ore.

Sono circa quattro anni che il colosso elvetico del risparmio, Julius Baer, sta pensando alla cessione del gruppo Kairos, la controllata boutique finanziaria italiana che opera nell’asset management e wealth management, fondata da Paolo Basilico che ne è uscito nel 2019, ma ora ci potrebbe essere un’accelerazione per arrivare alla chiusura della trattativa entro agosto, riporta il quotidiano. Nonostante una patrimonio gestito di 5 miliardi, il gruppo Kairos nel 2022 ha registrato perdite per quasi 9 milioni.

Gruppo Sella in pole position con la sua Banca Patrimoni

Il Gruppo Sella sembrerebbe essere in pole position e starebbe trattando l’acquisizione di Kairos tramite Banca Patrimoni Sella & C., che già detiene il 74% del capitale di Sella Sgr, società di gestione del risparmio del gruppo Sella.

Banca Patrimoni, guidata da Federico Sella, ha una presenza capillare in Italia, mentre la scelta di crescere per linee esterne sarebbe coerente con quanto detto da Pietro Sella, ad dell’intero gruppo, che a più riprese ha dichiarato l’interesse per acquisizioni mirate.

Se l’acquisizione andasse in porto, Banca Patrimoni Sella, secondo dati Assogestioni, passerebbe da circa 19,4 a circa 25 miliardi di attività in gestione, provocando una scossa nel settore a cui è stata spesso sottolineata l’eccessiva frammentazione.

Tra i nomi che circolano di potenziali candidati all’acquisto ci sono quelli del gruppo elvetico Zurich, di Anima, che dispone di cassa a disposizione per l’attività di M&A.

Kairos: 5 miliardi di patrimonio, ma perdite per quasi 9 milioni

Kairos è uno degli storici leader italiani dei patrimoni in gestione, con oltre 5 miliardi di patrimonio anche se negli ultimi anni ha visto risultati altalenanti. Già qualche scricchiolio si era visto lo scorso anno quando il gruppo Kairos Investment Management (Kim), presieduto da Dieter Armin Enkelmann e guidato da Alberto Castelli, aveva rinunciato al dividendo a fronte di una miniperdita di 125mila euro. Ma l’affondo è arrivato qualche giorno fa, in occasione dell’assemblea degli azionisti, quando è emerso un bilancio 2022 ha chiuso nella parte civilistica con una perdita di oltre 8,5 milioni, quasi doppia a 16 milioni nel consolidato, prevalentemente per l’effetto mercato, ovvero per la riduzione delle commissioni di performance.

Una quarto di secolo di storia nel risparmio gestito

Kairos nasce nel 1999 come un’iniziativa imprenditoriale nel settore del risparmio gestito, grazie all’intuizione di alcuni partner uniti dalla visione di creare una realtà indipendente dalle logiche della grande industria. Nel 2016 proprio gli svizzeri di Julius Baer Group Ltd innalzano la partecipazione in Kairos Investment Management dal 19,9% all’80%, quota passata al 100% nel 2018. Intanto, nel 2017, Kairos Julius Baer Sim viene incorporata in Kairos Partners Sgr, permettendo al gruppo di semplificare la struttura organizzativa. Un altro mutamento nella compagine azionaria c’è nel 2020 con il ritorno di alcuni soci storici: quando il gruppo Julius Baer, mantenendo la maggioranza, cede una quota complessiva del 30% del capitale al socio fondatore Guido Maria Brera e a Rocco Bove e Massimo Trabattoni, gestori storici di Kairos, Alberto Castelli (ad) e Caterina Giuggioli. L’anno prima, dopo venti anni da azionista, era invece uscito dal gruppo l’ad e fondatore, Paolo Basilico.
Proprio Julius Baer, tra il 2018 e il 2019, aveva avviato dei sondaggi per cedere Kairos. Tuttavia il gruppo elvetico aveva deciso alla fine di fermare la cessione della controllata italiana, con un mutamento di strategia. Tra i potenziali pretendenti, in un processo che fino a quel momento era stato gestito dall’advisor Goldman Sachs, c’erano Mediobanca, la più interessata all’operazione a quel tempo, ma anche Lombard Odier, oltre a diversi fondi di private equity focalizzati sui servizi finanziari: Apax Partners, Centerbridge, Jc Flowers, Hellman&Friedman.

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