La Juve a un passo dal Paradiso, il Milan vede l’inferno. Lo scontro dello Stadium ha visto uscire vittoriosa la squadra di Allegri, vero e proprio tabù per Gattuso, battuto tre volte su tre (Supercoppa compresa) in stagione. Il 2-1 finale regala ai bianconeri la possibilità di chiudere matematicamente il discorso scudetto già oggi, anche se sarà necessaria una vittoria del Genoa nel posticipo contro il Napoli: ad ogni modo se anche gli azzurri vincessero la festa sarebbe solo rimandata a sabato prossimo, quando a CR7 e compagni basterebbe battere la Spal per stappare lo champagne. Per il Milan invece è tutto l’opposto: il ko mette a repentaglio quel quarto posto conquistato con tanta fatica e ora alla portata di Atalanta, Roma e Lazio.
Con quella di Torino diventano tre le sconfitte rimediate nelle ultime quattro, un ruolino in netta controtendenza rispetto a quanto fatto nei mesi precedenti ma sufficiente per complicare i programmi di un club per cui la Champions, conti alla mano, non è solo una questione sportiva. Il 2-1 di Torino, paradossalmente, lascia anche qualcosa da salvare: la prestazione è stata buona, tanto più se si pensa a chi c’era dall’altra parte del ring. Ma ogni Juventus-Milan che si rispetti deve lasciarsi dietro una scia di polemiche importanti e anche questo, evidentemente, non fa eccezione. E così sotto accusa finisce l’arbitro Fabbri, reo di non aver concesso un rigore ai rossoneri per un braccio di Alex Sandro ritenuto lecito, il tutto nonostante le immagini del Var, ma anche di essersi perso un fallo di reazione di Mandzukic su Romagnoli.
“Siamo molto dispiaciuti, la squadra ha fatto una grande prestazione ma poi torniamo a casa con zero punti dopo errori arbitrali netti – ha tuonato Leonardo. – L’arbitro è stato inadeguato nelle scelte, sia nel rigore che nelle ammonizioni, e nel dialogo, condizionando abbastanza l’andamento del match”. Va anche detto però che il rigore ha inciso relativamente sull’andamento del match: ad annacquare un po’ il fuoco di polemiche ci aveva pensato Bonucci, autore, suo malgrado, dell’errore che apriva la strada a Piatek per l’1-0 Milan, il tutto appena 3’ dopo l’episodio incriminato. La zampata del polacco (40’) era il giusto premio per un primo tempo di stampo rossonero, nel quale le motivazioni avevano fatto la differenza. Il copione sembrava proseguire senza stravolgimenti anche nella ripresa ma la Juve non è a un soffio dal titolo ad aprile per caso, bensì perché ha giocatori in grado di accendersi da un momento all’altro, in campo e in panchina.
Al 60’ Musacchio commetteva un fallo tanto ingenuo quanto netto su Dybala e l’argentino, sin lì spettatore non pagante, trasformava il rigore conseguente mandando il pallone alle spalle di Reina. Allegri si giocava le carte Pjanic e Kean e la mossa si rivelava decisiva: il bosniaco sfruttava un errore di Calabria per mandare in porta il giovane attaccante, che segnava il settimo gol nel giro di poche settimane con un destro imparabile, mandando la Juve a un passo dallo scudetto e il Milan nel mirino di svariate inseguitrici. “Era importante vincere, la squadra ha dato una bella risposta – le parole di Allegri. – Adesso per lo scudetto manca una vittoria o un pareggio ma non metterò la sciarpa del Genoa, fa troppo caldo in questi giorni…”. Decisamente più cupo l’umore di Gattuso, costretto a fare i conti con una situazione di classifica sempre più complicata.
“È stata una delle migliori prestazioni da gennaio ad oggi, l’abbiamo persa negli ultimi 18 minuti non per bravura della Juve ma per errori nostri – il commento del tecnico rossonero. – L’arbitro? Credo alla buona fede, altrimenti non avrebbe senso continuare questo mestiere. Sabato prossimo ci giochiamo qualcosa di importante, se riusciamo a vincere con la Lazio avremo la possibilità di qualificarci alla nostra Champions League”. Nel frattempo il campionato potrebbe emettere a breve il suo primo verdetto, il più scontato, certo, ma comunque il più importante. Il Napoli però non ha nessuna intenzione di partecipare alla festa della Juve, tanto più che, almeno per questa settimana, dipende ancora da lui.
Ma al di là dell’orgoglio, perdere col Genoa (ore 20.30) non è contemplato anche per altri motivi: il rischio di farsi avvicinare da chi sta dietro e, soprattutto, evitare polemiche prima del match con l’Arsenal, il vero obiettivo rimasto in stagione. Ancelotti si affiderà al solito 4-4-2 con Meret in porta, Hysaj, Maksimovic, Koulibaly e Mario Rui in difesa, Callejon, Allan, Fabian Ruiz e Zielinski a centrocampo, Mertens e Milik in attacco. Stesso sistema di gioco anche per Prandelli, che risponderà con Radu tra i pali, Pereira, Biraschi, Gunter e Criscito nel reparto arretrato, Lerager, Radovanovic, Rolon e Lazovic in mediana a supporto della coppia offensiva composta da Kouamé e Sanabria.