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Juve-Roma, l’eterna sfida Totti-Buffon

Fa strano vederli così, bambini prodigio invecchiati, ma ancora prodigiosi. Totti e Buffon. Buffon e Totti. Con la loro aura di eterna giovinezza – l’infanzia infinita dei campioni – scalfita, ma sempre inesausta, come il filone più ricco di una miniera, anche dopo gli scavi di vent’anni ai massimi livelli.

E’ strano perchè tutti e due (Totti e Buffon, Buffon e Totti) hanno iniziato prestissimo a fare quello che sanno fare meglio, ovvero segnare e parare. Già a 16, 17 anni, sui campi della serie A. E forse non pensavamo potessero invecchiare anche loro, e non avendoli persi di vista neanche per un attimo non ce ne siamo mai accorti. Soltanto, a volte capita di vederli ragazzini, con la pelle liscissima oppure i brufoli, a fare quello che sanno fare meglio, e solo allora ci rendiamo conto.

Domenica sera si troveranno di fronte per la miliardesima volta, a cercare di farlo una volta di più, per spingere la notte più in là. Per entrambi sarà la 689sima partita in carriera, nazionali escluse. Il calciatore di tutti e quello di pochi, il campione nazionale e quello di una città sola, che lo venera. L’ultima volta è stato Totti a gioire (segnando per la decima volta all’amico), con una saetta di collo pieno telecomandata sotto la traversa della porta difesa da Buffon. Imparabile, si dice in questi casi. 

Fu una vittoria pleonastica, però, la festa di una sera destinata a rimanere tale. La storia, dopo la momentanea deviazione lungo la traiettoria della bomba del dieci giallorosso, ha ripreso il suo corso naturale: la Juventus ha ripreso la via dello scudetto, la Roma il sentiero accidentato di una stagione sprecata.

Questa volta è diverso. Questa volta, come mai prima d’ora tra Totti e Buffon, c’è in palio la posta più importante, la rincorsa impensabile (e forse impossibile) della Roma alla Juventus, lanciata verso un altro campionato da dominatrice e verso il terzo scudetto di fila. 

Una sfida incerta, si direbbe da tripla, tra due squadre che, come hanno sempre fatto i loro capitani, finalmente possono guardarsi negli occhi. L’unica cosa certa, comunque andrà a finire, è l’abbraccio tra i due a inizio partita, quando si scambieranno i gagliardetti e si stringeranno la mano, e poi al fischio finale, quando i giochi saranno ormai fatti. Quelli come loro – i bambini prodigio – fanno così: combattono con tutte le forze che hanno uno contro l’altro e poi si abbracciano. Perchè loro sono fratelli, figli naturali della dea Eupalla.

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