Comincia l’era di Andrea Pirlo. La Juventus infatti, contrariamente a tutte le previsioni, non ha aspettato nemmeno 24 ore per voltare pagina, prima licenziando Sarri e poi sostituendolo con l’ex regista bresciano, passato nel giro di una settimana da allenatore dell’Under 23 a quello della prima squadra. Un salto clamoroso, non tanto per la cacciata dell’ormai ex tecnico (era nell’aria da giorni, indipendentemente dalla sfida con il Lione), quanto per la scelta di Pirlo, promosso sulla prestigiosissima panchina bianconera senza aver mai allenato prima.
Una decisione di Agnelli in persona che questa volta, a differenza di un anno fa, ha voluto fare di testa sua, optando per una scommessa affascinante e rischiosa allo stesso tempo. Paratici, confermato nonostante le voci che lo volevano esonerato assieme a Sarri (ma la Juve, con una nota riportata dall’Ansa, ha seccamente smentito), non ha potuto far altro che prenderne atto, tanto più dopo un flop di tale portata come quello contro i francesi. “Andrea è un ragazzo che è stato da noi, ha giocato con noi, è sempre stato in contatto con noi – le parole del ds bianconero. – Pensiamo anche al fatto che possa essere un predestinato da allenatore, come lo è stato da giocatore”.
Non sappiamo se sarà così, di certo però Pirlo ha superato una concorrenza importante, anche in virtù di richieste contrattuali (ha firmato un biennale da 2 milioni a stagione) decisamente più basse rispetto a Zidane, Mancini, Inzaghi e Pochettino, gli altri papabili sostituti di Sarri. Ora si apre una nuova fase, nella quale Ronaldo dovrebbe avere un ruolo centrale, almeno nei piani di Agnelli. Il portoghese invece, attraverso i social, ha lanciato un messaggio sibillino (“è tempo di riflessioni, possa questo periodo di vacanza aiutarci a prendere le decisioni migliori per il futuro”), della serie “resto solo se mi fate una squadra all’altezza”.
Voci di corridoio però lo danno molto felice dell’arrivo di Pirlo, un po’ come gli altri senatori dello spogliatoio, con cui Sarri, evidentemente, aveva rapporti tutt’altro che idilliaci, dunque è probabile che resti a Torino, sempre che il Psg non decida di tentare l’affondo. La palla dunque passa nuovamente a Paratici, chiamato a fare un mercato importante sia in entrata (servono due terzini, due centrocampisti e un attaccante) che in uscita, dunque l’opposto di un anno fa, quando la Juve rimase beffata su troppi fronti.
Champions amara anche per il Napoli, sconfitto 3-1 dal Barcellona e costretto a dire addio al sogno delle Final Eight. Un ko che brucia perché gli azzurri, al netto del risultato finale, hanno giocato una buona partita, creando diversi problemi ai catalani, apparsi lontani dalla loro versione migliore. Il problema è che il Barça, per quanto sotto tono, ha sempre un certo Messi, in grado di fare la differenza con giocate da urlo, capaci di sovvertire qualsiasi equilibrio tattico e di indirizzare un match altrimenti equilibrato. Il Napoli tra l’altro era partito forte colpendo un palo dopo appena 2’ con Mertens, il che lasciava presagire segnali di impresa.
Nulla di più sbagliato perché il Barcellona, alla prima occasione utile, trovava l’1-0 con Lenglet (10’, dubbi per una spinta su Demme lasciata correre dall’arbitro Çakir), ma soprattutto il raddoppio con Messi, autore di una splendida giocata su cui Ospina non poteva nulla (23’). La frittata, poco dopo aver scampato un altro gol dell’argentino (annullato per fallo di mano), si completava al 46’ quando il solito Messi prendeva il tempo a Koulibaly, costringendolo a un rigore che Suarez trasformava con freddezza.
Il Napoli però aveva il merito di non crollare e anzi trovava in chiusura di tempo la rete del 3-1 con Insigne, anch’egli dal dischetto per un fallo di Rakitic su Mertens (50’). Nella ripresa gli azzurri cercavano in tutti i modi di segnare ancora, consapevoli che un gol avrebbe potuto davvero riaprire i giochi, ma un po’ per imprecisione e un po’ per sfortuna non ci riuscivano, lasciando al Barça l’onore (o l’onere, a seconda di come andrà) di sfidare il Bayern nella Final Eight di Lisbona.
“C’è grande rimpianto per la mezzora di blackout del primo tempo – l’analisi di Gattuso. – Sul primo gol si potrebbe discutere, ma sarebbe troppo facile parlare dell’arbitro: potevamo fare male al Barcellona, invece gli abbiamo regalato la partita. Loro non stavano benissimo, servivano più convinzione e brillantezza ma abbiamo sbagliato troppe cose, anche se convinto che la differenza l’abbia fatta l’esperienza”.
Infine una battuta su Pirlo, l’ex compagno di mille battaglie (e vittorie) tra Milan e Nazionale, destinato invece a diventare il rivale per eccellenza. “Adesso sono c… suoi” ha sorriso Rino, che conosce da tempo la differenza tra giocare e allenare. Presto la capirà anche Andrea, chiamato alla sfida più importante della carriera prima ancora di averla iniziata.