Fine del sogno. La Champions della Juventus si spegne sotto i colpi di un meraviglioso Ajax, capace di fare ciò che in Italia non riesce a nessuno da quasi un anno: vincere allo Stadium, per giunta dominando. A Torino è andata in scena una vera e propria lezione di calcio, con gli olandesi superiori nel gioco, nel ritmo, nei singoli, insomma in tutto. Alcuni sostengono che le sconfitte meritate, in quanto tali, facciano un po’ meno male, altri al contrario che siano ancora più difficili da digerire, proprio perché figlie di una manifesta superiorità: la verità, probabilmente, sta nel mezzo, quel che è certo è che la Juve avrà bisogno di tempo per metabolizzare al meglio quanto accaduto ieri sera. Non è un mistero che la Champions fosse il primo obiettivo stagionale, né che gli investimenti estivi, CR7 su tutti, fossero finalizzati proprio al suo raggiungimento.
L’Ajax, al contrario, non ha certo iniziato la stagione pensando di poter trionfare in Europa, eppure in questo doppio confronto s’è avuta quasi la sensazione che i ruoli si fossero invertiti. Il gioco degli olandesi, figlio di una filosofia nata negli anni 60 e splendidamente rinverdito da tale Ten Hag, uno che fino a due anni fa allenava l’Utrecht e che a breve, c’è da scommetterci, sarà nel mirino di molti top club europei, ha letteralmente annichilito una Juventus superiore solo a livello di nomi e stipendi, non certo di organizzazione tecnico-tattica.
Normale allora che sotto accusa finisca Massimiliano Allegri, reo di non aver saputo opporre resistenza a una banda di ragazzini sfrontati, affamati e maledettamente bravi, nonostante una fuoriserie impreziosita dal miglior giocatore del mondo, anche ieri a segno. Il tam-tam sulla sua successione sarebbe già partito se non fosse che Agnelli, da grande presidente, ha immediatamente preso la parola per confermarlo. “L’Ajax ha ampiamente meritato di passare il turno, c’è delusione per una sconfitta ma c’è anche da fare una valutazione complessiva: ormai è il quinto-sesto anno che siamo stabilmente nei quarti di finale e questo è motivo di orgoglio – il commento del numero uno bianconero – Quest’anno la Champions era un obiettivo e lo sarà anche l’anno prossimo. Con Allegri in panchina”.
Parole confermate dallo stesso tecnico, a testimonianza di un’intesa più forte di tutto, anche di delusioni cocenti come questa. “L’altro ieri ho parlato col presidente Agnelli e gli ho comunicato che sarei rimasto, nei prossimi giorni ci incontreremo per programmare il futuro – ha ribadito Max – L’Ajax ha meritato il passaggio del turno nel secondo tempo, noi avevamo giocato bene solo il primo. Il calcio è bestiale, abbiamo preso un gol abbastanza fortuito e poi abbiamo avuto un po’ di paura”.
Analisi riduttiva, perché per una prima parte giocata sostanzialmente alla pari (e infatti conclusa sull’1-1), ce n’è più stata una seconda di totale dominio olandese, tanto che la sconfitta avrebbe potuto assumere dimensioni ancora maggiori, come spiegato da un Ten Hag giustamente raggiante. “Il 2-1 ci va un po’ stretto, abbiamo avuto tante occasioni per fare gol – il commento del tecnico lancero – Avremmo dovuto chiudere la partita segnando di più, ma io sono molto felice e orgoglioso di questo risultato. Non eravamo favoriti, ma con la nostra filosofia abbiamo di nuovo superato i nostri limiti”.
E dire che la qualificazione, a un certo punto, sembrava aver preso la strada di Torino. Il gol di Ronaldo (28’), il quinto nelle ultime tre partite di Champions, dava l’impressione di poter mettere in discesa l’incontro, tanto più che l’Ajax, fino a quel momento, non era riuscita a ripetere la prestazione di Amsterdam. Si trattava però di un fuoco di paglia, perché da lì in poi gli olandesi, forse liberati dai tatticismi che mal si conciliano con la loro storia calcistica, crescevano a tal punto da impadronirsi della scena, fino a far scomparire la più quotata Signora.
Van de Beek trovava il pari che rimetteva tutto in discussione (34’), poi, nella ripresa, era De Ligt (proprio lui, il difensore più desiderato da Paratici) a trovare il 2-1 dopo che i compagni, in diverse occasioni, avevano già fatto tremare Szczesny. Era il 67’ e, teoricamente, la Juve avrebbe ancora potuto riaprire la gara, la pratica però è un’altra cosa, tanto che si è andati più vicini al 3-1 che non al 2-2.
Ad Allegri resta il rammarico di non aver potuto giocarsela con tutti gli effettivi a disposizione ma attaccarsi alle assenze contro chi, numeri alla mano, fattura quasi cinque volte di meno (402 milioni vs 91) sarebbe quasi inopportuno. Meglio concentrarsi su cosa fare in estate e su come svecchiare, e allo stesso tempo rinforzare, una squadra ancora troppo poco europea per i desiderata della casa madre. Sarà questa la grande sfida di Max, sempre che la bufera dei prossimi giorni (perché ci sarà, eccome se ci sarà) non lo costringa a rivedere i propri programmi.