C’è una sorta di nemesi storia nei rapporti tra la Fiat, ora in Stellantis, e la politica italiana. Per decenni la politica italiana, soprattutto nei partiti d’opposizione ma non solo, ha rimproverato alla Fiat di Gianni Agnelli di usufruire ampiamente della mano santa dello Stato sotto forma di incentivi fiscali e non, di finanziamento dei processi di ristrutturazione e della cassa integrazione, di agevolazioni per gli investimenti e altro ancora. Ora sta succedendo il contrario. Di fronte al graduale spostamento del baricentro di Stellantis verso la Francia, non mancano forze politiche, sindacali ma perfino imprenditoriali (con in testa il Presidente dell’Anfia, l’associazione della filiera dell’industria automobilistica, Paolo Scudieri) che reclamano un intervento diretto o indiretto (attraverso la Cassa depositi e prestiti) nel capitale di Stellantis a garanzia degli stabilimenti italiani. A tutti loro però il Presidente di Stellantis, John Elkann, ha avuto buon gioco a rispondere che “gli Stati entrano nelle imprese quando vanno male e Stellantis va molto bene” se è vero, come è vero, che nel 2022 è stata la società con i risultati operativi più alti nel settore dell’automobile”. Parole ineccepibili e quindi Up. Nella speranza che la produttività delle fabbriche italiane cresca e sia la loro miglior difesa e che i soldi dei contribuenti e del risparmio postale siano utilizzati per migliori finalità produttive e sociali.