X

Johann Joachim Winckelmann: “Monumenti” al m.a.x

Il percorso espositivo ruota attorno a un’opera fondamentale, ma poco nota e finora poco studiata, di Winckelmann: Monumenti antichi inediti (1767), l’ultima pubblicata dallo studioso tedesco, di cui si riconosce la grande influenza sul mondo del Neoclassicismo e ben oltre; l’autore, infatti, per la prima volta in maniera così rilevante, accompagna le descrizioni dei “Monumenti” con le immagini grafiche degli stessi. Si tratta di 208 splendide tavole incise, tutte siglate, affidate ad artisti di chiara fama che Winckelmann sceglie e paga di tasca propria, convinto della bontà, anche teorica, dell’operazione.

I “Monumenti antichi inediti” (1767) descritti da Winckelmann sono “oggetti dell’antico”, ovvero bassorilievi, opere d’arte, suppellettili, vasi, gemme che catturano la sua attenzione durante i suoi meticolosi studi delle antichità che ha occasione di ammirare nelle collezioni della sua cerchia – prima fra tutte, quella del Cardinale Alessandro Albani di cui è bibliotecario e stretto collaboratore dal 1758 e a cui dedica il volume –, ma anche nel corso di numerosi viaggi che intraprende a Roma e dintorni, Firenze, Napoli, Portici, Pompei quasi sconosciuta all’epoca, Caserta e Paestum.

Al m.a.x. museo saranno presentate le prime due edizioni italiane dell’opera: l’editio princeps del 1767 in due volumi e quella successiva napoletana del 1820 in due volumi, con l’addenda di Stefano Raffei del 1823; inoltre, i due manoscritti preparatori, esposti per la prima volta e provenienti dalla Biblioteca universitaria di medicina di Montpellier, e tutte le 208 tavole incise appartenenti alla collezione del m.a.x. museo.

A questi si accompagnano 20 matrici in rame, 14 prove di stampa, ossia incisioni all’acquaforte ritoccate a bulino, oltre a tre reperti archeologici provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli: una gemma che ritrae Zeus che fulmina i giganti, un rilievo in marmo bianco con Paride e Afrodite e un lacerto di una pittura rinvenuta a Pompei nella casa di Cipius Pamphilus con il cavallo di Troia.

Una specifica sezione della mostra proporrà ritratti incisi di Winckelmann, eseguiti da alcuni dei suoi più cari amici – provenienti  dalla Biblioteca comunale “A. Saffi”, Fondi Antichi, Manoscritti e Raccolte Piancastelli di Forlì – e un dipinto a olio dell’atelier di Angelika Kaufmann.

Un’altra sezione sarà consacrata alla fortuna critica dell’ultimo testo di Winckelmann, attraverso una ricca selezione di incisioni e volumi a tema. I “Monumenti antichi inediti” s’inseriscono in effetti in una lunga tradizione di raccolte di antichità illustrate che hanno il loro avvio con il Rinascimento. Ma se Winckelmann manifesta, all’inizio della sua carriera, una certa riserva nei confronti dei cosiddetti “musei di carta”, con i “Monumenti antichi inediti” si assiste a una completa riabilitazione di questo genere editoriale e l’avvio di un nuovo metodo di studio, in cui narrazione e illustrazione godono di un rapporto del tutto paritario.

Sebbene la morte prematura abbia impedito a Winckelmann di completare lo sviluppo dei “Monumenti antichi inediti”, i suoi principali continuatori, da Seroux d’Agincourt (1730–1814) a Leopoldo Cicognara (1767–1834) a Luigi Rossini (1790–1857) a Giovanni Volpato (1735–1803) considerano i “Monumenti” l’unico modello possibile di storia dell’arte, che combina appunto testo e immagini.

Johann Joachim Winckelmann, nato il 9 dicembre 1717 a Stendal nell’Altmark, figlio di un maestro calzolaio, è conosciuto principalmente per il suo testo “Storia dell’arte nell’antichità” pubblicato nel 1764 con il titolo originale “Geschichte der Kunst des Alterthums”. Ricopre cariche importanti ed è inserito nei circuiti più raffinati e colti dell’epoca. Nel 1758 assume la carica di bibliotecario e stretto collaboratore del cardinale Alessandro Albani a Roma, nell’omonima villa. Nel 1761 diventa membro dell’Accademia di San Luca a Roma, dell’Accademia Etrusca di Cortona e della Society of Antiquaries a Londra. Nel 1763 è nominato prefetto delle Antichità di Roma e nel maggio dello stesso anno Scriptor linguae teutonicae alla Biblioteca Vaticana. Nel 1765 iniziano le trattative per la sua assunzione a Berlino come bibliotecario di Federico il Grande. Queste negoziazioni non avranno però esito positivo. Dopo averlo vagheggiato tanto, nel 1768 si prepara a tornare in Germania. Alla volta di Ratisbona, decide improvvisamente di sospendere il viaggio in terra tedesca per fare ritorno a Roma. Arrivato a Trieste viene assassinato e muore dopo una lunga agonia, non senza aver prima dettato le proprie volontà che fanno del Cardinale Albani l’erede universale di tutti i suoi averi, incluse le carte manoscritte e i libri rimasti a Roma.

 

Related Post
Categories: Cultura