Pietro Ichino, uno dei migliori giuslavoristi italiani e già parlamentare del Pd, è tutto fuorché una persona animosa ed è abituato a ragionare sulla realtà, ma la realtà dice l’opposto di quanto afferma il segretario della Cgil, Maurizio Landini, per sostenere la raccolta di firme per il referendum anti-Jobs Act. Landini dice che il decreto sui licenziamenti del Jobs Act “sarebbe stato un fattore di aumento del precariato” ma, argomenta Ichino sulla sua Newsletter, “i dati Inps dicono che negli ultimi 15 anni la probabilità di essere licenziati in Italia è rimasta sostanzialmente invariata”. Ma Landini prende lucciole per lanterne anche su un altro versante: quello dei rapporti di lavoro. Lui sostiene che quelli a tempo determinato sono aumentati, ma stavolta è l’Istat a smentirlo. L’Istituto di statistica – ricorda ancora Ichino – “ci informa che gli assunti a tempo indeterminato sono aumentati sia in valore assoluto sia in percentuale sulla forza-lavoro e che i rapporti a termine sono rimasti circa un sesto rispetto al totale, in linea con la media Ue”. Tra l’altro la riforma dei licenziamenti introdotta al Jobs Act “ha portato – segnala Ichino – a un dimezzamento del contenzioso giudiziale”. L’onestà intellettuale vorrebbe che Landini ne prendesse atto, ma si può star sicuri che non avverrà, perché tutta la sua campagna sui referendum non ha un obiettivo sindacale ma esclusivamente politico: quello di candidarsi alla leadership dell’alleanza Pd-Cinque Stelle quando, fra due anni, dovrà a norma di statuto lasciare la guida della Cgil.