Sarà Fiat, oggi Fca group, a fare da apripista sul Jobs Act. Mentre il Parlamento dà il suo via libera alla riforma voluta da Matteo Renzi, è il modello Fiat portato avanti con decisione da Sergio Marchionne a bruciare le tappe. La trattativa per il rinnovo del contratto aziendale del gruppo italo-americano è già partita tra azienda e sindacati (esclusa la Fiom, partecipano Fim-Cisl, Uilm, Fismic). E gli aumenti saranno calcolati sin dal 2015 in base alla produttività delle singole fabbriche, più che sul contratto collettivo nazionale. Gli incontri, in questo momento, sono in stand by in attesa della definizione del nuovo calendario – spiega a First Online il segretario nazionale Fim-Cisl, Ferdinando Uliano – per dicembre. “Dopo l’ultima riunione di due settimane fa – spiega ancora il sindacalista – abbiamo sentito la necessità di una pausa. Sono stati fatti passi avanti sui premi aziendali, ma abbiamo riscontrato delle rigidità da parte dell’azienda sull’eroragione dell’aumento salariale per il primo anno del contratto”.
In pratica, con un’inflazione allo 0,2% Fiat Chrysler frena sull’aumento del minimo contrattuale da gennaio, mentre i sindacati spingono per ottenere comunque un adeguamento economico. A buon punto è invece la discussione sui premi per i singoli stabilimenti che verrebbero erogati già dal 2015. E sulla parte normativa del contratto. La trattativa dovrebbe chiudersi entro fine mese ed è nei prossimi giorni che dovrebbe essere ripreso in mano il calendario degli incontri.
In altre parole, è sul collegamento tra gli aumenti in busta paga e l’aumento della produttività, a sua volta legata alla situazione dei singoli stabilimenti (82.000 dipendenti e 46 impianti tra Fca e Cnhl), che decollerà il nuovo contratto. E d’altronde è proprio il modello di produzione scelto da Marchionne a spingere nella direzione dei contratti aziendali come del resto prefigura il Jobs Act.
Per capire il modello WCm (World Class Manufacturing) adottato da Fiat Chrysler e assolutamente nuovo per l’Italia ma già applicato anche qui, è interessante e utile la lettura dell’articolo pubblicato recentemente da Il Mulino (qui allegato) nel corso del quale Diodato Pirone, giornalista da Il Messaggero specializzato in economia e politica, analizza e approfondisce gli aspetti innovativi del sistema produttivo Fiat. Un sistema, spiega lui stesso, “che spinge al coinvolgimento, dove gli ingegneri parlano con gli operai per progettare fabbriche a misura d’uomo e gli operai si trasformano in mini-ingegneri dei processi produttivi”.
L’abbraccio inaspettato tra Sergio Marchionne e un sindacalista americano nel corso dell’inaugurazione del nuovo stabilimento Fca a Tipton (Indiana) e l’impatto emotivo di questo gesto, i rapporti di co-gestione basati sulla condivisione di valori e cementati dall’interesse comune, fanno di Fiat Chrysler “un modello anomalo” che condizionerà la nostra industria nazionale. “La Fiat sta dicendo addio alla fabbrica del ‘900 – scrive Pirone – che viene sostituita da stabilimenti molto più piccoli, organizzati molto bene e costruiti intorno a un baricentro basso nelle linee di comando”. Per concludere: “Un episodio anomalo o si marcia verso relazioni sindacali modellate su quanto accade in America? Quanti chilometri ci sono fra il Lingotto e Tipton?”. Il banco di prova del rinnovo del contratto Fiat darà la risposta.