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Jean sulla Cina: “Con Xi Jinping sarà tutto come prima”

Si è concluso il Congresso del PCC. Ora la nuova segreteria dovrà affrontare i problemi strutturali della più grande economia asiatica e trovare un difficile equilibrio interno tra sviluppo economico e diritti politico-civili. Ma non è detto che nei prossimi anni assisteremo a uno sviluppo in senso democratico. Dal punto di vista commerciale, vi sarà probabilmente un ribilanciamento della domanda in favore delle importazioni, mentre gli Usa ridurranno la loro dipendenza dall’energia estera. In mezzo, l’Europa, che continuerà ancora per molto ad essere il punto di riferimento per le produzioni ad alto valore aggiunto.

Ecco che cosa ne pensa Carlo Jean, grande esperto di geopolitica e di startegia militare. Già generale di Corpo d’armata, attualmente insegna Geopolitica e geoeconomia presso l’Univesrità Marconi e Link Campus di Roma. Presiede il Centro Studi di Geopolitica economica.

FIRSTonline – Si è concluso il Congresso del Partito Comunista Cinese e Xi Jinping sarà il nuovo segretario, ma il grosso dei lavori è stato condotto nei corridoi, off-the-radar. Lei che cosa ne pensa?

Jean – Nei corridoi dicono cose diverse dall’assemblea. Poi, però, si arriva sempre a una sintesi, perchè ci sono interessi comuni, e tra questi il primo è quello di conservare il potere. C’è dunque continuità totale. Xi Jinping, ad esempio, si sapeva da tempo che sarebbe stato eletto segretario del Partito nel 2012.

FIRSTonline – Cosa potrebbe cambiare con la nuova segreteria?

Jean – Nulla. L’esperienza dice che quando ci sono state riforme del sistema politico, c’è stato il crollo. E da questo punto di vista la Cina ha imparato la lezione dall’ex Unione Sovietica: dopo Gorbacev, è venuto giù tutto. Siccome in Cina non si vuole nemmeno rischiare che succeda qualcosa del genere, perestroika e glasnost vengono tenute molto distinte, non vanno mai a braccetto.

FIRSTonline – Però in Cina si assiste al costante sviluppo di una classe media che, inevitabilmente, indicherà una via allo sviluppo in stile occidentale, con più diritti civili e politici.

Jean – Non è detto. Non pensiamo che i cinesi seguano i nostri dettami. Lo sviluppo della classe media non significa che vogliano anche i diritti. Come nel Cile di Pinochet, dove coesistevano un’economia molto aperta, nutrita dalle ricette economiche friedmaniane, e un regime autoritario. E’ quello che viene chiamato “Beijing consensus”. Basti vedere il caso del ministro delle ferrovie, cacciato, o il caso di Bo Xilai, leader provinciale espulso dal partito. Poi c’è il fatto che il governo, per mantenere coesione, ha puntato sul nazionalismo e si schiera contro il Giappone nel Mar Cinese Meridionale. Nazionalismo che risponde a una parte del popolo cinese molto patriottica.

FIRSTonline – Le tensioni nel Mar Cinese Meridionale cosa indicano, dal punto di vista geopolitico?

Jean – Geopoliticamente, la Cina rimarrà una potenza un po’ monca. Nel commercio internazionale, dipende quasi interamente dai trasporti marittimi, e le vie marittime devono passare attraverso la Malacca, a Ovest, e a Est dove ci sono le basi aeronavali giapponesi e della Corea del Sud, vicina agli Stati Uniti. Intanto gli stati dell’Asean si stanno rafforzando e non appena la Cina diventa più assertiva si avvicinano agli Usa.

FIRSTonline – Tornando all’economia, rimane un forte dualismo città-campagna. Nel lungo periodo, come è possibile che alle tensioni sociali non si risponda con le riforme?

Jean – Si assisterà anche a diverse repressioni. Mentre con il piano di modernizzazione il numero di persone dovrebbe trasferirsi dalla campagna alle città, verso l’economia terziarizzata. I vecchi però rimarranno nelle campagne, il che porrà problemi di sostenibilità sociale. Con la crescita economica, tendenzialmente, l’economia punta sempre più sulle importazioni. Già ora il costo della manodopera sta aumentando, soprattutto sulle zone costiere, mentre si sta tentando di sviluppare le zone delle “grandi pianure”, ma con non poche difficoltà: il 50% della popolazione vive ancora nelle risaie, con redditi bassi e bassa tutela familiare. Vige ancora il modello della famiglia confuciana.

FIRSTonline – Quanto alla politica economica, causa anche la crescente apertura alla finanza straniera, lo Yuan si è già significativamente apprezzato. Assisteremo a protratte “guerre valutarie” o a un ribilanciamento degli scambi?

Jean – Ci sarà un mix più bilanciato nella bilancia commerciale. Gli Usa, intanto, si staccheranno dal Medioriente quanto a rifornimenti energetici. Con lo Shale gas diventeranno esportatori di materie energetiche, il che darà un colpo al disavanzo commerciale e ridurrà il prezzo dell’energia. Questo tornerà anche a nostro vantaggio. Noi rimarremo comunque nella gamma alta della produzione, che continuerà ad essere un appannaggio europeo e italiano, visto che nell’alta gamma i cinesi non riescono a competere: si tratta di conoscenza diffusa difficilmente replicabile.

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