In sette anni come primo ministro della Nuova Zelanda, la 42enne Jacinda Ardern ha conseguito un prestigio e un riconoscimento internazionale che i grandi leader mondiali possono solo sognare. Lo ha fatto guidando un piccolo, seppur civilissimo, Paese ai margini dello scacchiere internazionale.
E lo ha fatto soprattutto con l’esempio, cioè mostrando che è possibile portare in politica e nella gestione della res publica quei valori di “esempio, onestà, coerenza e altruismo” proclamati, per esempio, dal nostro Sandro Pertini in modo abitualmente perentorio.
Anche La Pira diceva che l’esempio smuove le montagne. E la Ardern ha dimostrato di poter mettere in pratica molte di quelle qualità virtuose nella sua azione di governo e nel tipo di leadership empatica che ha espresso.
Ha anche mostrato che una leadership femminile può essere diversa e migliore di quella che generalmente è espressa dall’altro campo. Ormai gli esempi sono molti, ma quella della Ardern è emblematica. È l’unico premier della Nuova Zelanda, il cui elettorato è piuttosto ondeggiante e il sistema politico molto fluido dopo l’introduzione del proporzionale nel 1992, ad aver ottenuto un secondo mandato guadagnando la maggioranza assoluta dei seggi nella Camera dei rappresentanti.
D’altro canto, le donne nelle massime autorità dello Stato non sono certo una novità per questo Paese agli antipodi dell’Italia. Nel 2005, quasi un ventennio fa, le cinque più alte cariche dello Stato erano occupate da donne: la regina era Elisabetta II, la premier Helen Clark, la presidente della Camera dei rappresentanti Margaret Wilson, la presidente della Corte suprema Sian Elias e la carica di governor-general era ricoperta da Dame Silvia Cartwright.
Un’icona della sinistra globale
Subito dopo la sua inaspettata ascesa al potere nella carica di primo ministro neozelandese più giovane degli ultimi 150 anni, la Ardern è diventata una celebrità internazionale. Per gli ammiratori è stata il volto solare del progressismo e una gradita alternativa alla politica dell’allora presidente Donald Trump negli Stati Uniti. Tanto che si è parlato di “Jacindamania”.
Infatti, oltre a guidare in modo esemplare il paese in passaggi drammatici come l’attacco terroristico di Christchurch del 2019, l’eruzione del vulcano di White Island, la pandemia degli anni successivi, la Ardern ha tenuto alto e visibile da grande distanza, il vessillo della liberaldemocrazia issato sul pennone di un fortino assediato e cannoneggiato di continuo.
Tutte le azioni di questa leader si possono iscrivere indiscutibilmente nel perimetro della società liberademocratica e dei suoi principi basilari. Un perimetro che è anche il “recinto” delle società aperte. Non per niente Karl Popper ha scritto proprio in Nuova Zelanda uno dei suoi lavori più importanti e cioè La società aperta e i suoi nemici.
Il lato compassionevole e umano
Non c’è solo l’aspetto pubblico e politico ad elevare la statura della Ardern, c’è anche quello umano e privato.
Ha fatto notizia il modo sincero in cui si è stretta intorno alla comunità islamica dopo l’attentato di Christchurch e il suo essere sempre straordinariamente vicina alla gente durante i lockdown: si collegava tutti i giorni dall’ufficio o da casa per sostenere la popolazione.
Ha avuto una figlia durante la carica di premier in modo condiviso con il partner, l’ha portata con lei nelle missioni internazionali come quando ha preso parte all’assemblea generale delle Nazioni Unite.
Anche l’annuncio improvviso di ritirarsi da leader del Partito laburista e quindi di non candidarsi a premier nelle elezioni politiche del prossimo ottobre è stato un atto di trasparenza, di candore e di sincerità: “Non ho abbastanza benzina nel serbatoio per affrontare le sfide politiche che ci attendono. È tempo di andare.”, ha dichiarato al caucus del partito a Napier.
Il momento più alto del discorso di addio alla politica si è avuto quando si è rivolta alla figlia Neve di cinque anni e al partner Clarke Gayford, presentatore televisivo.
Alla figlia ha detto: “Neve, la mamma non vede l’ora di esserci quando inizierai la scuola quest’anno”. E al partner: “Finalmente possiamo sposarci”.
Un gesto altamente significativo
L’atto più significativo della sua azione di governo è, forse, la risposta personale e istituzionale all’attentato terroristico a due moschee di Christchurch nel 2019, un dramma che è costato la vita a 51 persone di religione musulmana. Visibilmente commossa, la Ardern si è rivolta alla comunità islamica con queste parole: “Rappresentiamo la diversità, la gentilezza, la compassione. Siamo la casa per coloro che condividono i nostri valori. Siamo un rifugio per coloro che ne hanno bisogno”.
72 ore dopo la tragedia il primo ministro ha quindi partecipato a una veglia in completo hijab e ha promesso che la nazione non solo avrebbe coperto i costi dei funerali delle persone perite nell’attentato, ma si sarebbe presa cura delle famiglie e dei loro bisogni per tutto il tempo necessario.
E poi è seguito l’atto politico. Nel giro di appena una settimana, il governo da lei presieduto ha imposto restrizioni sull’acquisto di armi, seguite dall’approvazione di una legge che vieta l’uso di grande parte delle armi semiautomatiche.
Il calo di popolarità del Partito laburista
Un recente sondaggio mostra che la Ardern resta il primo ministro ancora scelto dagli elettori: la maggioranza la preferisce al leader del Partito nazionalista, attualmente all’opposizione Christopher Luxon. Ma il Labour Party è in forte calo nei sondaggi rispetto al National Party, in vantaggio di 4 punti percentuali.
La perdita della Ardern può essere devastante per i laburisti che si accingono a scegliere un nuovo leader che potrebbe essere l’attuale ministra della giustizia Kiri Allan che, in caso di vittoria del Labour, diventerebbe il primo premier di origine maori.
La nuova Zelanda sta attraversando le stesse difficoltà che gli altri paesi sviluppati dell’Ocse stanno affrontando con l’aggravante di un calo del costo delle abitazioni del 12% con ripercussioni considerevoli sui mutui.
Le tappe della carriera della Ardern
- 2008. Viene eletta nelle liste del Partito laburista alla Camera dei rappresentanti della Nuona Zelanda dopo aver lavorato nel Regno Unito, compreso un periodo nell’ufficio del Primo Ministro Tony Blair.
- 2017. È eletta leader del partito laburista e diventa primo ministro meno di tre mesi dopo, dopo aver formato una coalizione con i partiti di minoranza.
- 2018. Dà alla luce la figlia Neve. Prende sei settimane di congedo di maternità e in seguito porta Neve all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
- 2019. Guida la Nuova Zelanda in un periodo di lutto dopo l’attacco terroristico a due moschee a Christchurch e in risposta fa approvare leggi più severe sul controllo delle armi. L’eruzione del vulcano sulla White Island a dicembre porta di nuovo alla ribalta il suo stile di leadership compassionevole.
- 2020. La Nuova Zelanda chiude le frontiere e adotta alcune delle misure di isolamento più severe al mondo in risposta al Covid-19. L’approccio duro è largamente sostenuto dalla popolazione e la premier guida i laburisti a una vittoria decisiva nelle elezioni di ottobre.
- 2022. Le politiche neozelandesi in materia di pandemia sono messe a dura prova dalle proteste di massa davanti al Parlamento. Il governo abolisce le restrizioni, ma il costo della vita e un forte aumento dei tassi di interesse e dell’inflazione colpiscono la popolarità della Ardern. Incontra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e firma un patto di sicurezza rafforzato per contrastare la crescente influenza della Cina nell’Indo-Pacifico.
- 2023. Ardern si dimette, affermando che la sua decisione è stata dettata non dai sondaggi ma dal suo sentirsi priva di energia nell’affrontare le prove politiche che l’attendono.
Fonti:
Nic Fildes, Ardern’s exit New Zealand prime minister to step down, The “Financial Times”,20 gennaio 2023
Nic Fildes, Jacinda Ardern to stand down as New Zealand’s prime minister, The “Financial Times”, 19 gennaio 2023
Natasha Frost, Jacinda Ardern, New Zealand’s Leader, Says She Will Step Down, “The new York Times”, 18 gennaio 2023Nic Fildes, Ardern accelerates border reopening as ‘Jacindamania’ wanes, The “Financial Times”, 16 marzo 20