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Iveco al top in Borsa dopo il crollo al debutto

Equita inizia la ricopertura con giudizio buy sul titolo – Gli analisti ritengono probabile la prospettiva di una fusione

Iveco al top in Borsa dopo il crollo al debutto

Giornata di riscossa a Piazza Affari per il titolo Iveco. Dopo il -9,1% registrato ieri, giorno dell’Ipo, oggi all’inizio del pomeriggio le azioni recuperano quasi l’8%, a 10,91 euro, mettendo a segno il miglior rialzo del Ftse Mib.

Gli analisti di Equita hanno iniziato la copertura con un giudizio “buy” e un target price a 18 euro, spiegando che il gruppo ha “le risorse per rilanciarsi, ma l’M&A è fondamentale per accelerare”.

In un report gli esperti spiegano anche l’andamento della seduta d’esordio: “Essendo quotata solo a Milano, è inevitabile il flowback da parte di venditori Usa forzati o altri interessati solo a Cnh”, che ieri ha scambiato oltre l’8% del capitale.

Equita ritiene “raggiungibili gli obiettivi di medio termine”, tra cui il fatturato in crescita del 4,5-5% Carg dal 2019, per raggiungere 15 miliardi nel 2024 e 17 miliardi nel 2026, con un utile netto adjusted a 0,6-0,8 miliardi nel 2026 e una cassa netta di 1,2-1,4 miliardi.

Il broker sottolinea come non ci sia “nessuna guidance di breve nonostante il backlog di 35 settimane su tutto il portafoglio, probabilmente per prudenza dovuta a carenza di componenti, inflazione sui costi e la nuova ondata di Covid”. Tra i driver principali ci sono il nuovo heavy-truck S-Way, innovazione prodotto, partnership, espansione dei servizi finanziari e il controllo dei costi.

Rispetto ai concorrenti, secondo Equita, Iveco al momento è “molto più piccola, meno diversificata geograficamente, meno esposta a heavy truck che hanno margini superiori e meno profittevole”.

Da un lato questo “impone multipli inferiori” rispetto agli altri costruttori, ma dall’altro spinge “Iveco verso M&A deal” e “rumors passati e recenti, ad esempio Faw e Daimler, vanno in questa direzione”.

Infine, gli analisti interpretano anche la recente riduzione della quota nella joint venture cinese con Saic (dal 50 al 20%) come una mossa “per avere mani libere per nuovi deal in Asia”.

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