Che aumenti o meno, l’Iva rimane la vittima preferita dagli evasori italiani. In nessun altro Paese dell’Ue si raggiungono vette simili. Se n’è accorta anche la Commissione europea, che in uno studio in via di pubblicazione ha definito “molto alte” le “inefficienze e le diseguaglianze” nel nostro Paese.
Il giudizio è legato a una somma: 36,134 miliardi di euro. A tanto ammonta, secondo Bruxelles, la differenza tra le entrate potenziali e quelle effettivamente incassate dallo Stato italiano nel 2011. Si tratta del livello più alto nell’intera Unione europea, pari al 27% delle entrate teoriche. Dopo di noi si posizionano Francia (32,2 miliardi), Germania (27 miliardi) e Regno Unito (19,5 miliardi).
Nel periodo 2000-2011 il rapporto è stato pari al 26%. Su questo lasso di tempo più ampio siamo al terzo posto della classifica europea (insieme all’Ungheria), dopo Slovacchia(29%) e Romania (42%).
In generale, il mancato versamento dell’Iva nei paesi dell’Ue ha raggiunto i 193 miliardi di euro nel 2011, pari all’1,5% del prodotto interno lordo (anche se le conclusioni del rapporto, come ha scritto ieri il quotidiano francese “Le Monde”, sono state criticate da alcuni Stati, che hanno contestato la metodologia impiegata).
Diverse le cause: recessione economica, frode fiscale, inefficienze amministrative, bancarotta. “Il rapporto suggerisce inoltre – spiega la Commissione – che elevate aliquote dell’Iva e sistemi fiscali complicati (…) sono le due principali ragioni del non rispetto del pagamento della tassa”.
Oggi l’aliquota italiana di riferimento è al 21%, ma dal mese prossimo potrebbe salire al 22%. In Europa, la più bassa è in Lussemburgo (15%), la più alta in Danimarca (25%).