La maggioranza non si oppone al pressing e dà il via libera al Parlamento per rimettere mano, almeno in parte, all’Italicum. A un anno e mezzo dall’approvazione definitiva della nuova legge elettorale, oggi a sorpresa la conferenza dei capigruppo della Camera ha deciso che l’Aula a settembre prenderà in esame la mozione presentata da Sinistra italiana, relativa alla possibile incostituzionalità di alcune parti dell’Italicum, e valuterà conseguenti modifiche da apportare alla riforma, considerando che per ottobre è comunque atteso il pronunciamento della Consulta.
In buona sostanza, il riesame dell’Italicum da parte della Camera può essere, a seconda del parere della Corte Costituzionale, pleonastico o anticipatorio. Il premier Matteo Renzi, che sta valutando il da farsi alla luce dei ballottaggi comunali e soprattutto del clamoroso risultato di Torino, dove le opposizioni di destra e di sinistra si sono unite e hanno sconfitto il Pd che aveva vinto al primo turno, per ora lascia fare al Parlamento. Il ministro Maria Elena Boschi minimizza dicendo che quello di Montecitorio “sarà solo un atto di indirizzo” ma i giochi sono aperti, con l’occhio al referendum costituzionale.
“Chiediamo che il Parlamento si esprima prima che si pronunci la Corte sulla incostituzionalità – ha riferito il capogruppo di Sel alla Camera Arturo Scotto, primo firmatario della mozione -. E poichè in queste ore il dibattito sulle modifiche è sotto traccia, noi riteniamo giusto che se ne parli apertamente in Aula”.
Tra i “vizi” sollevati la mozione fa riferimento alla sentenza della Consulta sul Porcellum, sottolineando come anche l’Italicum li ripresenti. I due aspetti sottolineati nel testo sono la “lesione dell’uguaglianza del voto e nella violazione del voto diretto date dall’enorme premio di maggioranza assegnato” e “la mancata previsione dei meccanismi idonei a consentire ai cittadini di incidere sull’elezione dei rappresentanti”.
Quanto al primo aspetto, si legge nella mozione, esso “è macroscopicamente presente nell’Italicum soprattutto in relazione al caso in cui nessuna lista ottenga almeno il 40% al primo turno”. Quanto al secondo aspetto la mozione osserva come nell’Italicum, seppur siano ammesse le preferenze “si prevedono tuttavia capolista bloccati” con il voto di preferenza “relegato ad un ruolo subordinato rispetto ai capolista, riguardando esclusivamente la lista che vincerà conseguirà il premio”.
Naturalmente non sta al Parlamento ma alla Consulta decidere se una legge è costituzionale o no e,in ogni caso, il punto veramente dirimente dell’Italicum non è tanto il premio di maggioranza – presente anche in maggioro misura in altri Paesi europei – ma se esso debba essere destinato alla lista prevalente, come prevede ora il testo dell’Italicum, o piuttosto alla coalizione, con tutte le implicazioni elettorali e politiche che ne conseguono.
L’ITALICUM
Proporzionale, premi di maggioranza, soglie di sbarramento, circoscrizioni provinciali e doppio turno: sono questi i principali ingredienti dell’Italicum, il sistema elettorale che ha sostituito il Porcellum e che divide l’Italia in 100 collegi, raccolti in 20 circoscrizioni. Ogni partito presenta mini-liste da 6 candidati per ogni collegio: il capolista è scelto dal partito, si vota tracciando una croce sul simbolo e l’elettore può anche esprimere due preferenze. I capilista, che devono essere almeno al 40% donne (o uomini) non possono presentarsi in più di 10 collegi ed entrano in Parlamento solo i partiti che superano il 3%. Il sistema è proporzionale ma con premio di maggioranza: chi arriva al 40% ha automaticamente la maggioranza dei seggi (340 alla Camera), altrimenti si va al secondo turno e chi vince ottiene 340 seggi. La riforma vale solo per la Camera, non per il Senato per il quale è in ballo la riforma costituzionale soggetta a referendum, in conseguenza del quale dovrà essere poi scelto il sistema elettorale di primo o secondo grado con legge ordinaria.