Gli italiani fanno pochi progetti per il futuro, vivono in una sorta di “letargo esistenziale collettivo”, perseguendo “l’interesse particolare” e aumentando le “diseguaglianze”. Ma risparmiano tanto. E’ questo il quadro che emerge dal 49esimo rapporto sulla situazione sociale nel Paese pubblicato questa mattina dal Censis.
Secondo l’analisi, individui, famiglie e imprese restano in un “recinto securizzante, ma inerziale: ne deriva una società a bassa consistenza e con scarsa autopropulsione, una sorta di limbo italico fatto di mezze tinte, mezze classi, mezzi partiti, mezze idee e mezze persone”.
Intanto, però, ammonta a più di 4mila miliardi di euro il valore del patrimonio finanziario degli italiani: in quattro anni (giugno 2011-giugno 2015) l’incremento è stato di 401,5 miliardi (+6,2% in termini reali). Negli anni della crisi la composizione del portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie ha sancito il passaggio a un’opzione “fortemente difensiva”: il contante e i depositi bancari sono saliti da una quota pari al 23,6% del totale nel 2007 al 30,9% nel 2014, mentre sono crollate le azioni (dal 31,8% al 23,7%) e le obbligazioni (dal 17,6% al 10,8%).
Negli ultimi dodici mesi (giugno 2014-giugno 2015) si conferma l’opzione cautelativa degli italiani, con un incremento di 45 miliardi di euro della liquidità (+6,3%) e di 73 miliardi in assicurazioni e fondi pensione (+9,4%), e con la rinnovata contrazione di azioni e partecipazioni (10 miliardi in meno, pari a una riduzione dell’1,2%).
La diversità sta però nell’impennata delle quote di fondi comuni, segno di un allentamento della morsa dell’ansia: 108 miliardi in più in un anno (+32,8%). “Non si torna però alla fiduciosa assunzione del rischio individuale, consapevoli che l’azzardo lascerebbe impresse cicatrici profonde sulle proprie solitarie biografie personali”, sottolinea il Censis. D’altro canto, il risparmio è ancora la scialuppa di salvataggio nel quotidiano, visto che nell’anno trascorso 3,1 milioni di famiglie hanno dovuto mettere mano ai risparmi per fronteggiare gap di reddito rispetto alle spese mensili.
IL CAPITALISMO IBRIDO
Sul versante delle imprese, secondo il Censis vince chi esporta (l’export vale il 29,6% del Pil), ma soprattutto chi riesce a inventare un nuovo stile del made in Italy “attraverso l’ibridazione”, la trasformazione dei settori tradizionali, coniugando “qualità, saper fare artigiano, estetica e brand”. Stando ai risultati dell’analisi, i settori vincenti sono la produzione di macchine e apparecchiature, con un surplus di 50,2 miliardi di euro nel 2014, l’agroalimentare, con un aumento del 6,2% dell’esport nei primi otto mesi di quest’anno, l’abbigliamento, la pelletteria, i mobili, i gioielli e un settore “trasversale per vocazione”, quello creativo-culturale, con 43 miliardi di export.
RIPARTONO CONSUMI MA A 5 MILIONI DI FAMIGLIE NON TORNANO I CONTI
Ripartono i consumi, ma si riapre la forbice sociale. Per la prima volta dall’inizio della crisi, la quota di famiglie italiane che nell’ultimo anno hanno aumentato la propria capacità di spesa è superiore a quella delle famiglie che l’hanno invece ridotta (il 25,6% contro il 21,3%). Continua però a crescere, sfiorando ormai il 20% del totale, il numero di famiglie che non riescono a coprire tutte le spese con il proprio reddito: circa 5 milioni di famiglie hanno difficoltà a far tornare i conti e tra quelle di livello socio-economico basso la percentuale sale al 37,3%.
MATTONE IN RIPRESA: BOOM DI MUTUI
Il mattone ha ricominciato ad attrarre risorse. Lo segnala il boom delle richieste di mutui (+94,3% nel periodo gennaio-ottobre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014) e l’andamento delle transazioni immobiliari (+6,6% di compravendite di abitazioni nel secondo trimestre del 2015 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Si diffonde la propensione a mettere a reddito il patrimonio immobiliare: 560.000 italiani dichiarano di aver gestito una struttura ricettiva per turisti, come case vacanza o bed & breakfast, generando un fatturato stimabile in circa 6 miliardi di euro, in gran parte sommerso.
IN ITALIA RECORD EUROPEO DI GIOVANI LAVORATORI AUTONOMI
L’Italia ha il più ampio numero di giovani lavoratori autonomi tra i principali Paesi europei: sono 941.000 (nella classe 20-34 anni), seguiti da 849.000 inglesi e 528.000 tedeschi. Il nostro Paese può contare anche su un bacino di potenziali start up vitale e in continuo fermento. Il 15% dei giovani italiani (16-30 anni) ha intenzione di avviare una start up nei prossimi anni. E sono circa 7.000 i giovanissimi titolari d’impresa in più oggi rispetto al 2009 (+20,4%) in alcuni e ben caratterizzati settori, riscuotendo preziosi risultati sul piano personale e di sistema. Tra i segmenti più dinamici un ruolo particolare è svolto dall’area della ristorazione e della ricettività, nella quale operano quasi 20.000 titolari d’impresa al di sotto dei 30 anni (il 9,8% del totale).
IN 6 ANNI IMPRENDITORI STRANIERI +31,5%
Tra il 2008 e il 2014 in Italia i titolari d’impresa stranieri sono aumentati del 31,5% (soprattutto nel commercio, che pesa per circa il 40% di tutte le imprese straniere, e nelle costruzioni, per il 26%), mentre le aziende guidate da italiani sono diminuite del 10,6%. Gli stranieri in Italia “inseguono una traiettoria di crescita verso la condizione di ceto medio, differenziandosi così dalle situazioni di concentrazione etnica e disagio sociale che caratterizzano le banlieue parigine o le innercities londinesi, dove l’Islam radicale diventa il veicolo del rancore delle seconde e terze generazioni per una promessa tradita di ascesa sociale”.
BOOM DI ACQUISTI ONLINE E SHARING ECONOMY
Il Censis stima in 15 milioni gli italiani che fanno acquisti su Internet: 2,7 milioni hanno comprato prodotti alimentari in rete negli ultimi dodici mesi e l’home banking è praticato dal 46,2% degli utenti del web. E il successo della sharing economy rende ancora più evidente i nuovi stili di consumo. Nell’ultimo anno il 4% degli italiani (circa 2 milioni) ha utilizzato il car sharing, ma tra i giovani la percentuale sale all’8,4%.