Precipitevolissimevolmente. La caduta del PIL italiano sta diventando a rotta di collo. Una sorta di Caporetto dell’economia.
Come prevedibile e previsto da FIRSTonline, in anticipo sugli altri media, tutti i centri studi, a cominciare da quello della Banca d’Italia, stanno smanettando sui modelli econometrici per capire di quanto ridurre le stime del PIL per il 2020 e decretare l’ingresso dell’Italia in una nuova recessione, la quarta in meno di dieci anni. Per esempio, Prometeia ha marginalmente ritoccato all’ingiù, da +0,1% a -0,3%, la variazione del PIL nel primo trimestre 2020.
REF Ricerche la rivede in modo decisamente più consistente. Facendo due conti ragionati, quasi sul retro di una busta, vengono fuori numeri da brivido: una riduzione compresa tra -1% e -3% cumulata nei primi due trimestri dell’anno. E il recupero non è affatto detto che sia a V.
I calcoli degli economisti di REF Ricerche partono da valutazioni sui singoli settori, divisi in quattro gruppi a seconda della forchetta di variazione del valore aggiunto che ci si può attendere. Alcuni hanno segno positivo (+2-6%): sono quelli che stanno beneficiando dell’isterica reazione dei consumatori nell’accaparrarsi cibo, amuchina e così via, e valgono l’8,5% del PIL. Altri non vengono sostanzialmente contagiati: i servizi pubblici, l’agricoltura e gli allevamenti, e molti servizi privati; sono il gruppo più importante, pesando per il 54,6% del PIL.
Poi ci sono i comparti che patiscono flessioni. Comprese entro il -4% per una serie di settori manifatturieri e per l’energia, le costruzioni, il commercio non alimentare e all’ingrosso; nell’insieme hanno un’incidenza del 25,1% sul PIL italiano. Ed estese fino al -40% per tessile, trasporti aerei e ferroviari, alberghi, ristoranti, bar, spettacoli, attività sportive ed eventi. Contano per l’11,7% del PIL.
Queste stime comportano che il PIL italiano sarà più basso di un valore compreso tra 9 e 27 miliardi. Per i conti pubblici ciò si traduce in minori entrate e maggiori uscite (per esempio, più Cassa integrazione e sussidi di disoccupazione). Considerando solo le minori entrate, il deficit pubblico si allarga di 5-13 miliardi. Anche per questo i mercati voltano le spalle ai BTp.
Questa epidemia, come rileva REF Ricerche, è la prima ai tempi dei social media, e ciò diffonde il panico e, data la quantità di fake news che girano in rete, la disinformazione. È anche la prima nell’era del telelavoro, che consente di ridurre gli spostamenti e continuare a lavorare da casa; penalizzando, tuttavia, il settore dei trasporti. Infine, è anche la prima nell’epoca degli acquisti on-line; molti preferiranno questo canale di vendita anziché recarsi al supermercato e, una volta fatta l’abitudine nell’emergenza, difficilmente torneranno indietro, per comodità e maggiore trasparenza dei prezzi.
Le stime di REF Ricerche potrebbero rivelarsi pessimistiche nel caso di un rapido ritorno alla normalità. Ma ciò appare difficile: una volta aperto il vaso e lasciata uscire la paura, farcela rientrare richiede molto tempo.
Oppure ottimistiche, se il virus e il conseguente panico si diffondessero in altre nazioni, come sta avvenendo. La Svizzera ha annullato il salone dell’auto di Ginevra, principale appuntamento annuale del settore. Gli USA hanno annunciato che potrebbe rendersi necessaria la chiusura di alcune scuole. E così via.
Ps: si è saputo ieri che l’OCSE ha cambiato modalità di presentazione delle nuove previsioni, in calendario lunedì 2 marzo, contenenti anche stime per l’effetto del virus. Non più una vera conferenza stampa, ma una virtuale, con domande da inviare via Instagram. Enzo Iannacci avrebbe cantato: «Per non essere da meno».