Ennesima batosta per l’Italia in una settimana da incubo. Dopo il dato sul PIL, che ha certificato l’entrata del Paese in una fase di recessione tecnica, e le diverse riduzioni delle stime sulla crescita italiana nel 2019, arriva un altro, pesantissimo, dato negativo, stavolta sull’industria.
Secondo l’Istat, a dicembre del 2018 la produzione industriale è scesa dello 0,8% rispetto a novembre. È la quarta contrazione consecutiva. Prendendo in considerazione il quarto trimestre invece, la flessione è dell’1,1% rispetto ai tre mesi precedenti. Ma è il dato annuo a destare maggiore preoccupazione. Nel 2018,l’indice corretto per gli effetti di calendario, risulta in ribasso del 5,5%. Si tratta della diminuzione tendenziale più forte degli ultimi sei anni, vale a dire dal dicembre del 2012, anno in cui l’Italia affrontava il periodo più nero della sua crisi. Nella media del 2018 la produzione è cresciuta dello 0,8% rispetto all’anno precedente.
“A dicembre – spiega l’Istat – diminuisce nuovamente la produzione industriale italiana, con una variazione ampiamente negativa sia su base congiunturale sia in termini annui. La flessione è diffusa a livello settoriale. Dopo il punto di massimo di dicembre 2017, in tutti i trimestri del 2018 la produzione ha registrato, al netto della stagionalità, flessioni congiunturali, con un calo più marcato nell’ultimo trimestre. Ciononostante, nel complesso dell’anno i livelli produttivi risultano in moderata crescita, grazie all’effetto di trascinamento dovuto al positivo andamento dell’anno precedente. Sempre in media annua, si rileva una dinamica positiva per i beni strumentali e per quelli di consumo, mentre sono in flessione i beni intermedi e l’energia”.
A dicembre 2018 produzione industriale -0,8% su novembre e -5,5% su base annua. Nell’ intero 2018 produzione +0,8% rispetto all’anno precedente #istat https://t.co/7WOUqojLmj pic.twitter.com/YGbuBw7Fpk
— Istat (@istat_it) 8 febbraio 2019
Tornando a dicembre, l’indice destagionalizzato mensile mostra un lieve aumento congiunturale solo nel comparto dei beni intermedi (+0,1%); diminuiscono invece in misura marcata i beni di consumo (-2,9%) e l’energia (-1,5%) mentre i beni strumentali registrano una variazione nulla.
Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano nell’ultimo mese del 2018 “un’accentuata diminuzione tendenziale per i beni di consumo (-7,2%) e per i beni intermedi (-6,4%); diminuzioni più contenute si osservano per l’energia (-4,4%) e per i beni strumentali (-3,5%)”, spiega ancora l’Istat.
Tutti i principali settori di attività economica registrano variazioni tendenziali negative. Le più rilevanti sono quelle dell’industria del legno, della carta e stampa (-13,0%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-11,1%) e della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-7,9%).
A dicembre 2018, brusco calo anche per il comparto auto, che su base tendenziale mostra una flessione del -16,6% (dato corretto). Nel 2018 la produzione è scesa del 5,9% rispetto all’anno precedente.
ISTAT: GENNAIO DIFFICILE PER L’ECONOMIA ITALIANA
L’istituto nazionale di statistica rincara la dose nella prima nota mensile del 2019 sull’andamento dell’economia italiana. A gennaio infatti, l’indicatore anticipatore dell’economia italiana “ha registrato una marcata flessione, prospettando serie difficoltà di tenuta dei livelli di attività economica”.
“Il rallentamento dell’economia internazionale – spiega l’stat – si è prolungato anche nell’ultima parte dello scorso anno, colpendo in particolare il settore industriale e la domanda internazionale” e nel quarto trimestre 2018 “il Pil italiano ha segnato la seconda variazione congiunturale negativa consecutiva, determinata da una nuova flessione della domanda interna”. Il mercato del lavoro “ha confermato il quadro di sostanziale stabilità dell’occupazione in presenza di lievi miglioramenti della disoccupazione”, mentre “si conferma la tendenza di decelerazione dei prezzi condizionata dai ribassi dei costi energetici. Il differenziale con l’inflazione dell’area euro torna ad allargarsi”.
In controtendenza il clima di fiducia dei consumatori, che dopo due flessioni consecutive a gennaio “ha segnato un aumento”, a differenza dell’indice composito del clima di fiducia delle imprese, per il quale “è proseguito il peggioramento”.
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