Nel 2021 l’Italia ha festeggiato i 75 anni di vita repubblicana. E da 23 anni l’economia italiana ha smarrito il filo di quella crescita che l’ha portata a essere la seconda nazione manifatturiera d’Europa, la settima nel Mondo; era quinta, prima dell’ascesa della Cina e dell’India, ben più popolose della Penisola.
Da queste due cifre, 75 e 23, scaturisce l’idea del libro “L’Italia e il filo della crescita” da me curato e edito da Marsilio. L’opera è strutturata in due parti. La prima racconta la storia economica, demografica e sociale d’Italia dal 1946 in poi, con un particolare focus sul periodo successivo al 2000. Un racconto fatto non di parole ma di statistiche, rappresentate in grafici che hanno una grande capacità di spiegarsi da sé. Quasi fossero fotografie che fanno titolo sulla prima pagina di un giornale. Al più sono aiutati da un titolo che indichi subito al lettore il senso ultimo di quelle linee-barre-cifre. La narrazione si dipana ovviamente nel tempo, ma anche nello spazio, attraverso il confronto con quei paesi che possono costituire validi punti di riferimento.
La storia così narrata è, come Dio comanda, divisa in capitoli. Il primo consente di avere uno sguardo a volo d’uccello sulla prestazione economico-sociale del Paese. Gli altri capitoli sono costruiti ispirandosi alla contabilità della crescita, partendo dagli “ingredienti” (dalle risorse): lavoro e capitale, imprenditorialità e dotazione infrastrutturale, e così via. A seguire: il contesto, lo stile di vita (attraverso la lente dei consumi delle famiglie) e il benessere. Infine, la sostenibilità, guardata da ogni sfaccettatura. Ciascun capitolo è poi suddiviso in parti, in maniera più o meno articolata, in base all’argomento che in esso viene considerato.
Il racconto è stato realizzato grazie alla perizia, alla competenza e alla pazienza certosina di Marina Barbini, Valentina Ferraris e Fedele De Novellis, supportati da Lorenzo Di Matteo. Sono gli studiosi che a REF Ricerche analizzano i conti economici del Paese ed elaborano le previsioni sulle sue principali variabili. Senza di loro l’impresa sarebbe stata semplicemente irrealizzabile.
ITALIA: LA PERFORMANCE DEL PASSATO E LE SFIDE DEL FUTURO
Dopo aver così esaminato il passato, è apparso opportuno, anzi doveroso, volgere lo sguardo al futuro e capire come possa essere costruito. Quali nodi vadano sciolti, ostacoli rimossi, meccanismi oliati o sostituiti, per permettere all’Italia di ritornare, quanto meno, sul medesimo sentiero di sviluppo dove già si trovano gli altri grandi sistemi economico-sociali europei.
I temi da prendere in considerazione sono tantissimi: dall’istruzione alla burocrazia, dal ruolo dello stato alla concorrenza, dalla ricerca all’evasione fiscale, dalla cultura al finanziamento delle imprese, dal sistema creditizio alla formazione, dalla demografia al diritto societario, dalla parità di genere ai giovani. Sarebbe lungo e noioso elencarli tutti qui. Gli indici, in fondo, servono anche a questo.
Nell’insieme sono state trattate quasi settanta questioni rilevanti per la crescita economica, ciascuna in modo monografico da un singolo autore. Con piena libertà di stile e taglio. Unico vincolo, ferreo, è stato di rimanere entro i quattromila caratteri, due pagine esatte del volume, senza note a pie’ di pagina e con la bibliografia unificata in fondo a tutti gli scritti. Tale estrema sintesi ha due finalità: contenere il libro entro dimensioni “da viaggio”, cioè facilmente trasportabili; e fornire ai lettori un’idea chiara, senza dover essere cultori delle singole materie.
Se questi scopi siano stati conseguiti o meno è un giudizio che non è possibile formulare senza commettere qualche peccato. Di sicuro l’impegno c’è stato e grande. Soprattutto da parte di chi ha fatto la fatica di condensare in poco spazio competenze acquisite in una vita di studi e professione. Quasi un’alchimia. A loro va un grazie speciale; per aver aderito all’iniziativa e sopportato le osservazioni, gli interventi e le non poche limature, spesso veri e propri tagli, ai testi.
Tutte le regole hanno un’eccezione. Qui è costituita dal contribuito fornito da Massimo Bordignon sulla politica di bilancio dell’Unione europea. Un tema decisivo per la tenuta dell’Unione europea e la sua trasformazione in una vera confederazione, non più una somma di stati nazionali sovrani.
D’altra parte, le sfide che ci attendono sono spaventevoli: invecchiamento della popolazione, migrazioni massicce, velocissimo cambiamento tecnologico, tensioni internazionali crescenti. E prima di tutte: il contrasto al cambiamento climatico. L’Europa ha appena le dimensioni minime per affrontarle. Figuriamoci i singoli paesi che la compongono.
L’ITALIA E L’IMPORTANZA DELL’UNIONE EUROPEA
Nella pandemia l’UE ha dato un importante colpo d’ala. Next generation EU va molto al di là di quelle misure prese all’ultimo minuto e limitate al minimo vitale, giusto per evitare di cadere nel burrone della dissoluzione. È l’embrione di una politica di bilancio comune, con emissione di titoli di debito comuni, i famosi eurobond. E altri titoli si sta meditando di mettere sul mercato per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina, quando la guerra sarà finita. L’Unione che vara un mini Piano Marshall ad hoc, memore di quanto gli Stati Uniti d’America fecero settantacinque anni fa, non compie solo un doveroso atto di solidarietà verso una nazione che, per storia e religione, è parte integrante del suo passato, ma pone un’altra pietra angolare della costruzione degli Stati Uniti d’Europa.
I tragici avvenimenti degli anni Venti del secondo millennio dell’era cristiana hanno dimostrato, se mai ce ne fosse stato bisogno, quanto sia importante completare il disegno dei padri fondatori dell’Unione. Per non perdere le conquiste fatte: pace, democrazia e libertà, inscindibilmente legate. E non dover ritrovarci un giorno, come in un beffardo e crudele gioco dell’oca, nelle condizioni tremende da cui dovemmo ripartire in quel 1946 da cui abbiamo preso le mosse in questo lavoro. Per noi e per chi verrà dopo di noi.