TORNA A SALIRE LO SPREAD CON IL BUND TEDESCO
E, DOPO L’ASTA, IL RENDIMENTO DEI BTP RISALE AL 5,14%
Lo spread tra il Btp decennale e il Bund tedesco torna a salire. Il differenziale di rendimento tra i due titoli balza a 297 punti, mentre il rendimento sul decennale italiano vola al 5,14% dal 5,09% di stamane in apertura. L’anadmento del mercato sembra in contraddizione con l’assorbimento dei titoli offerti in asta, la prima dopo l’intervento della Bce a favore dei titoli italiani. La domanda (6,739 miliardi) è risultata infatti in linea con l’offerta (range 5,5-8 miliardi). Ma il titolo decennale è stato assegnato a un tasso medio del 5,22%, in calo di 0,55 punti rispetto all’ultima analoga operazione, che però non scontava il paracadute della Bce. Alla luce di questa nuova situazione va anche giudicato il calo di quasi un punto registrato dal titolo triennale che ha segnato un rendimento del 3,87% (-0,92 punti) mentre i Cct indicizzati all’Euribor, offerti per poco meno di 1 miliardo di euro, hanno visto un rendimento del 4,52% (-0,13 punti).
PIAZZA AFFARI SCIVOLA IN TERRENO NEGATIVO
IN FORTE CALO L’INDICE DELLA FIDUCIA TEDESCO
Scivolano in terreno negativo le principali borse europee, in liena con il calo dei futures su Wall Street (-0,15% sul Dow Jones Industrial) e in vista dei dati in arrivo nel pomeriggio: i prezzi delle abitazioni a giugno, ore 15, e la fiducia dei consumatori in agosto, ore 16. Peggiora intanto l’indice della fiducia in Germania, il paese leader della Commissione Ue. Il sentimento economico ha registrato in agosto un calo di 5 punti, a 97,3 nella zona dell’euro e di 4,7 punti, a 98,3, in quella della Ue a 27. Tra i paesi più grandi dove è stato registrata la perdita maggiore di fiducia, Germania (-5,7) seguita dalla Gran Gretagna (-5,6). Contenuto il calo in Italia dove l’indice ha perduto 0,7 punti, e invariata in Spagna (-0,3).
A Milano, dopo un inizio favorevole, l’indice Ftse Mib perde lo 0,7% a 15.031 punti. Resistono in terreno positivo Fiat Industrial (+1,46%), Atlantia (+1,31%), Fonsai (+0,92%) e Buzzi (+0,91%). Buona anche la performance del settore lusso; Luxottica +0,5%, Tod’s +1%, Ferragamo +4,8% mentre Campari mette a segno un rialzo dello 0,3%. Mentre perdono colpi le altre blue chips. In particolare scivolano Terna (-2,2%), Stm (-1,56%), Enel (-1,49%) e Fiat (-1,51%). Sotto pressione le banche anche Ubi (-1,9%), dopo la corsa iniziale a seguito dei dati semestrali. Deboli anche Intesa Sanpaolo (-2,1%), Unicredit (-1 %), Bpm (-1,615) Banco Popolare (-1,4%). Perde così slancio la spinta del settore bancario dove, nelle prime battute aveva brillato l’effetto traino della fusione dei due istituti greci, Alpha (+17,81%) ed Efg Eurobank (-1,34%). In luce anche Piraeus Bank (+12,5%) e National Bank of Greece (+7,8%), sull’onda di ipotesi di nuovi consolidamenti nel settore.
Il riassetto di Edison potrebbe essere oggetto di un ulteriore rinvio. Una decisione verrà presa dopo l’incontro tra Henry Proglio, pdg di Edf e il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani. Ma, nell’attesa in tal senso già si pronuncia Andrea Viero, direttore generale di Iren, una delle multiutility socie di Foro Buonaparte. ”Ho l’impressione – ha detto – che assisteremo ad una proroga. Ho letto che Proglio ha detto due mesi e quindi potrebbe essere la meta di novembre”.
VISCO (BANKITALIA): CRESCITA DEL PIL SOTTO L’1%
PRESSIONE FISCALE VERSO IL RECORD A QUOTA 44,5%
La crescita del Pil italiano quest’anno ”potrebbe essere inferiore al punto percentuale” e ”ancora più debole nel 2012”. Inoltre ”l’aggiustamento dei conti, necessario per evitare uno scenario ben più grave, avrà inevitabilmente effetti restrittivi sull’economia”. Lo ha detto il vicedirettore generale di Bankitalia Ignazio Visco nel corso dell’audizione al Senato. Per Bankitalia, visto anche il rallentamento del commercio mondiale, si rischia ”una fase di stagnazione che rallenterebbe anche la flessione del peso del debito sul Pil”. Per questo occorre che ”il riequilibrio dei conti si associ a una politica economica volta al rilancio delle prospettive di crescita della nostra economia”. Ovvero ”eventuali cambiamenti nella struttura della manovra dovrebbero andare nella direzione di ridurre il peso degli aumenti delle entrate, accrescere il ruolo delle misure strutturali, minimizzare gli effetti negativi sul prodotto, contenere l’incertezza circa l’attuazione di alcune misure (quali la delega fiscale e assistenziale e le modalità con cui verrà esercitata la relativa clausola di salvaguardia”.
L’esatto opposto, vien da dire, di quanto emerge dalla manovra appena concordata, assai carente sotto il profilo dei tagli. E così, alla luce della manovra così come è stata presentata, la pressione fiscale salirebbe nei prossimi anni a livelli record. ”La pressione fiscale – ha sottolineato Visco – salirebbe soprattutto nel 2012 e nel 2013 (rispettivamente di 1,1 e 0,7 punti); nel 2014 si attesterebbe al massimo storico del 44,5%”. Non solo. Il livello ”sarebbe ancora maggiore – ha aggiunto – se gli enti decentrati compensassero, anche solo in parte, la riduzione dei trasferimenti statali con un aumento dell’imposizione a livello locale”. Dello stesso parere il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino, anche lui in audizione al Senato. ”Nell’ipotesi più ottimistica l’aumento della pressione fiscale sarà di 2 punti percentuali nel 2014”.