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Italia in stallo: classe media in crisi, cultura in declino e crescita al palo. L’allarme del Censis

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L’Italia è un paese sospeso tra il passato e il futuro, intrappolato in una “medietà” che non promette né grandi risalite né catastrofi irreversibili. Nel 58° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, presentato venerdì 6 dicembre 2024, emerge un’Italia sempre più disillusa e divisa, con una crescente sfiducia nei confronti dei suoi valori storici e una cultura in forte declino. Il Paese sembra muoversi in un limbo, dove la speranza di progresso cede il passo alla rassegnazione.

Nonostante il lungo periodo di recessione, l’Italia non ha vissuto il crollo totale, ma nemmeno ha saputo compiere quel balzo verso il progresso economico e sociale. Negli ultimi vent’anni, il reddito disponibile pro-capite è diminuito del 7%, e la ricchezza netta per persona è calata del 5,5% tra il 2014 e il 2024. La classe media si sfalda, e l’anti-occidentalismo guadagna terreno: il 66% degli italiani accusa l’Occidente dei conflitti in corso, mentre il 71% teme che la Ue vada incontro a un irreversibile declino senza riforme radicali. Le tradizionali bandiere della democrazia, dell’europeismo e dell’atlantismo sembrano ormai sventolare fiacche, sopra un mare di incertezze.

Italia in crisi: pronti per il cambiamento o intrappolati nell’ignoranza?

La mutazione del paese non è solo politica o economica, ma anche culturale. L’Italia è al primo posto in Europa per acquisizione di cittadinanza, ma resta la domanda: siamo pronti a questa trasformazione? Secondo il rapporto Censis, la risposta è no. In un Paese dove il 19% degli italiani confonde Giuseppe Mazzini con un politico della Prima Repubblica, uno su due ignora l’inizio della Rivoluzione francese, e il 41,1% scambia Gabriele d’Annunzio con il poeta dell’Infinito, le carenze culturali sono evidenti. Ma non finisce qui: il 35,1% considera Eugenio Montale un potenziale presidente del Consiglio e il 32% pensa che la Cappella Sistina sia stata affrescata da Giotto o Leonardo Da Vinci. Queste lacune sono preoccupanti, ma ancora più insidiosi sono i pregiudizi che prosperano in un clima di ignoranza crescente. Ad esempio, il 20% degli italiani crede che gli ebrei controllino la finanza globale, mentre il 13% associa l’intelligenza a fattori etnici.

Economia ferma: dove sono finiti i progressi?

La situazione economica resta altrettanto stagnante. Nonostante l’incremento di un milione e mezzo di occupati rispetto ai periodi più critici della pandemia, l’Italia rimane un fanalino di coda in Europa per tasso di occupazione. Se il tasso di attività italiano fosse allineato con la media europea, ci sarebbero 3 milioni di lavoratori in più. Ma i numeri non ingannano: l’economia non decolla, con un Pil che cresce solo dello 0,5%. La crescita resta fragile, sostenuta solo dall’indebitamento pubblico, e la distanza tra l’Italia e l’Europa in termini di produttività continua ad allargarsi.

Giovani in fuga e povertà in crescita

A peggiorare la situazione, i giovani continuano a cercare fortuna all’estero. Tra il 2013 e il 2022, oltre 350mila italiani tra i 25 e i 34 anni hanno lasciato il Paese, e la percentuale di laureati tra loro è aumentata drasticamente, passando dal 30,5% del 2013 al 50,6% del 2022. Per chi resta, però, la realtà è tutt’altro che rosea: il 51,8% dei giovani soffre di ansia o depressione e il 32,7% ha avuto esperienze di attacchi di panico. Le difficoltà economiche e sociali si riflettono anche sulla salute mentale delle nuove generazioni, esacerbando una condizione di disagio che sembra crescere ogni anno. La disillusione è evidente: l’85,5% dei giovani esprime sfiducia nel futuro, convinto che risalire nella scala sociale sia ormai un’impresa ardua.

Come se non bastasse, la povertà continua ad aumentare, con il 27,2% degli italiani a rischio di povertà prima dei trasferimenti sociali, e i sussidi pubblici non sono sufficienti a fermare questa tendenza.

Sanità in crisi e pensioni a rischio

Sul fronte del welfare, la situazione è altrettanto drammatica. Il sistema sanitario, ormai in affanno, costringe il 62% degli italiani a rinviare visite mediche o esami per via delle lunghe liste d’attesa. La spesa sanitaria privata è salita del 23% negli ultimi dieci anni, segno che sempre più persone si rivolgono a strutture private, ma a un costo che solo i più abbienti possono sostenere. E quando si parla di pensioni, la realtà è ancor più inquietante: il 75% degli italiani, soprattutto i più giovani, non ha alcuna speranza di avere una pensione adeguata quando lascerà il lavoro.

Immigrazione e identità: un dibattito senza fine

La questione migratoria è un altro punto di rottura, con l’Italia prima nella Ue per numero di cittadinanze concesse, ma il dibattito sull’“italianità” è sempre più acceso. Più della metà degli italiani (57,4%) ritiene che l’identità nazionale debba rimanere immutata, alimentando una percezione di insicurezza. Nonostante la criminalità in calo, il 38,3% degli italiani si sente minacciato dai migranti, e cresce l’ostilità verso chi appartiene a religioni (il 21,8%) o etnie diverse (21,5%). La paura si riflette anche nel numero crescente di armi da fuoco detenute legalmente, con 1,7 milioni di italiani in possesso di un’arma e 3,7 milioni di membri delle loro famiglie che vi hanno accesso.

Italia: la ricchezza in mano agli anziani, il futuro ai giovani?

Sul fronte sociale e demografico, l’Italia è a un bivio. La denatalità e l’invecchiamento della popolazione stanno concentrando sempre più la ricchezza nelle mani delle generazioni anziane: oggi, queste detengono oltre il 58% della ricchezza netta delle famiglie. Se da un lato questo trasferimento di ricchezze potrebbe sembrare un’opportunità per i giovani, dall’altro potrebbe rallentare il dinamismo economico, riducendo la propensione al rischio e rendendo ancora più ardua la risalita dell’Italia nella scala economica globale.

Nonostante tutto, la speranza potrebbe risiedere nei giovani, che mostrano valori collettivi più marcati rispetto al passato e si preoccupano per l’ambiente e un futuro sostenibile. Tuttavia, la loro formazione e le difficoltà economiche restano ostacoli non da poco; la sensazione di precarietà economica e culturale rimane lì, pesante come un macigno. L’Italia così rimane intrappolata in un circolo di preoccupazioni sociali, culturali ed economiche, incapace di trovare quella spinta verso la rinascita.

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Categories: Economia e Imprese