I dati sul Pil italiano mostrano una congiuntura in lenta ripresa, che passa da +0,4% del I trimestre 2015 al +0,1% del IV trimestre. Tra le sue componenti, gli investimenti però non riescono ancora a ripartire dopo la crisi. Ne è prova il loro andamento in calo tra luglio e settembre (-0,4%) e la propensione ad investire diminuita dal 20% del 2008 a poco più del 15%.
Costruzioni e mezzi di trasporto hanno inciso in maniera più marcata sul ribasso degli investimenti (rispettivamente -40% e -65% dal 2008), mentre la proprietà intellettuale, che comprende gli investimenti in ricerca e sviluppo, software e basi dati ha risentito meno dell’effetto crisi, riportando una diminuzione complessiva negli ultimi sette anni del 4%.
Nel 2014 in Italia, la spesa in R&S è stata pari a 20,8 miliardi di euro, in crescita di più dell’80% rispetto al 2000. Le imprese ne realizzano la quota maggiore (56%), soprattutto quelle operanti nella manifattura. Le amministrazioni pubbliche invece hanno destinato quasi l’1% della spesa pubblica complessiva alla R&S, metà della quale alle università.
Nel confronto con le altre grandi economie europee, il livello della spesa in R&S in Italia risulta contenuto. In rapporto al Pil, l’1,3% italiano si confronta con il 2,8% tedesco e il 2,2% francese. Solo la Spagna presenta una percentuale di poco inferiore (1,2%). Per incoraggiare l’innovazione e lo sviluppo tecnologico in Italia, a partire dal 2014, sono state introdotte diverse misure atte ad incentivare gli investimenti in R&S e rendere più competitivo il paese nel quadro internazionale.
Volendo utilizzare il numero di brevetti depositati come possibile indicatore di performance, l’Italia si posiziona decima a livello mondiale. Durante la crisi, la quantità di brevetti depositata all’interno del paese da soggetti residenti è diminuita del 10%. È invece aumentato l’ammontare che gli italiani hanno depositato presso uffici esteri (+15%).
Entrando nel dettaglio dei settori, per quanto riguarda quello privato, nel 2014 le imprese italiane hanno speso in R&S circa 11,5 miliardi di euro. Del totale stanziato dalle stesse, la maggior parte è stata sostenuta da quelle operanti nel settore della manifattura (72%), a seguire servizi di informazione e telecomunicazione (11%) e attività professionali, scientifiche e tecniche (9%).
Le imprese manifatturiere che più investono in R&S sono quelle che producono prodotti di elettronica (15%), macchinari e apparecchiature meccaniche (16%), autoveicoli e altri mezzi di trasporto (30%). Sulla base del numero di lavoratori si osserva inoltre che, nel 2014, le imprese che maggiormente hanno investito in ricerca e sviluppo contano più di 500 addetti (60% della spesa totale). Il restante è ripartito in maniera simile tra le imprese medie e quelle minori.
I circa 8 miliardi spesi dal settore pubblico rappresentano lo 0,99% della spesa pubblica totale italiana, la cui quota ha registrato dal 2005 una flessione di circa 3 p.p. in media l’anno (era pari all’1,36%). Il taglio maggiore di spesa lo subisce il settore dei trasporti, il cui valore si dimezza rispetto al 2008, in crescita dell’8% invece gli stanziamenti alle Università.
La quota a loro destinata è pari al 43,8% del totale di spesa in R&S, mentre la parte restante è indirizzata verso produzioni e tecnologie industriali, rotezione e promozione della salute umana ed esplorazione ed utilizzazione dello spazio, i quali compongono ciascuno circa il 10% del totale.
Osservando i valori per macro aree, il 60% della spesa in R&S si divide tra nord ovest e nord est, tre quarti della quale realizzata dalle imprese. Al centro è equamente divisa tra settore pubblico e privato, mentre al sud (15,6% della spesa totale) sono le università ad occupare la quota maggiore (più del 50%).
A livello regionale, nel 2014, al primo posto per spesa effettuata in R&S c’è la Lombardia, che ricopre il 21,6% del totale (il 27% se si considerano solo le spese effettuate dalle imprese). Da sole, le prime quattro regioni (Lombardia, Lazio, Piemonte ed Emilia Romagna) sostengono circa il 60% del totale.