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Italia hub europeo del gas? E’ il momento giusto. Così potremo tagliare di nuovo le bollette

Foto di Jan W da Pixabay

Ghiotte occasioni d’affari nel commercio dell’energia? Sì se l’Italia diventa un hub europeo del gas. L’ipotesi è realistica anche se parlare di occasioni d’affari nell’energia può sembrare in questi giorni una deprecabile tentazione, una colpevole eresia. Non è così. Per noi italiani la crisi del gas rappresenta, a sorpresa ma non troppo, un’occasione da non perdere. “Italia hub continentale del gas” suggerivano caldamente molti analisti già una decina di anni fa. Ci fu più di un’obiezione: in quel momento le infrastrutture erano perfino sovrabbondanti rispetto ai nostri bisogni, che non crescevano né al momento né tendenzialmente. Contro-obiezione: la transizione ecologica avrebbe fatto comunque perno sul gas per molti anni, perché la dismissione combinata nucleare e dei fossili più inquinanti (carbone e olio combustibile) avrebbero dato nuovo impulso ai consumi europei di metano, rendendo opportuno e redditizio un massiccio investimento in nuove infrastrutture, per sviluppare proprio uno schema di approvvigionamento continentale che vedesse il nostro paese come infrastruttura di transito. Un hub, appunto.

Ecco ora la crisi, la guerra, il gas a singhiozzo. Ed ecco che la combinazione tra il nuovo credo della diversificazione dal gas russo e la consapevolezza che di massicce quantità di metano non potremo fare a meno per almeno vent’anni, o più verosimilmente trent’anni, danno di nuovo voce ai sostenitori dell’hub italiano del gas.

Italia hub del gas? Cosa sta succedendo

I segni dell’affare si stanno sviluppando in questi giorni, proprio in nome della crisi: con l’attivazione (tardiva e abbondantemente osteggiata) del gasdotto TAP che dalla Grecia ci porta il gas dell’Azerbaigian e con il potenziamento delle infrastrutture di import esistenti, l’Italia ha mostrato di non essere messa così male rispetto alla crisi dell’import dalla Russia. O meglio: è messa meglio degli altri. Stoccaggi pieni quasi al 90%, meglio di quanto si temeva, flussi dall’Algeria e dal quadrante est al massimo oggi possibile, rigassificatori (sebbene pochi) a pieno regime. Con la fascia minima prevista dalle raccomandazioni europee e dal piano di rendimento dei consumi abbozzato dal Governo uscente nelle scorse settimane potremmo farcela. Superemo l’inverno, a costo di svenarci comunque un po’, poi si vedrà.

Il prezzo del gas sale in Europa ma scende in Italia

Sta di fatto che negli equilibri di prezzo che si stanno realizzando nell’aggrovigliato sistema delle borse e delle transazioni europee ormai da parecchi giorni il gas portato in Italia ci viene a costare assai meno della metà rispetto ai picchi generalizzati nel resto del Continente: l’indice Ttf, che esprime le quotazioni alla borsa di Amsterdam che canalizza praticamente tutte le transazioni europee, lunedì scorso ha superato i 220 euro a megawattora, mentre i nostri valori al Psv, il punto di scambio virtuale che fa riferimento per i nostri costi del metano, ha toccato la punta minima di 80 euro a MWh.

Sarà per logica predatrice magari poco opportuna, sarà perché gli affari anche quelli momentanei vanno colti al volo, sta di fatto che l’Italia in questi giorni sta esportando grandi quantità di gas nel resto dell’Europa, o meglio le sta “girando” agli altri paesi nel transito attraverso gasdotti importazione da nord grazie anche ai provvidenziali adeguamenti tecnici si sono fatti negli scorsi anni per consentire l’inversione di flusso nei grandi tubi. Succede soprattutto all’ingresso di Tarvisio, a nord, dove tratteniamo meno di un terzo del gas che sarebbe a noi destinato, girando il resto a caro prezzo ai nostri partner europei.

Scelta opportuna considerando le nostre comunque perduranti esigenze di riempimento degli stoccaggi? E non sarebbe forse il caso di capitalizzare su gas presso naturalmente calmierato in vista della imminente decisione dell’Authority per l’energia (Arera) sui rincari delle bollette da decidere per i prossimi mesi per il gas dopo la batosta disposta per l’elettricità? Giudicherà e nel caso interverrà chi di dovere, a partire dall’Authority di settore.

Perché l’Italia può diventare strategica per il gas

Una cosa è certa: i fautori dell’Italia hub del gas hanno perfettamente ragione. Il perché è presto detto: a prescindere dalla possibilità di riparare catastrofici guasti di queste ore nei due mega-gasdotti Nord Stream 1 e 2 che portano il gas russo l’Europa attraverso il Baltico (i nostri partner tedeschi sostengono addirittura la tesi dell’irreparabilità assoluta) l’Europa chiederà per molti anni consistenti e forse addirittura crescenti quantità di metano proveniente dagli altri quadranti.

Lasciare alla Spagna e alla sua intraprendenza nel realizzare nuovi rigassificatori per il gas proveniente via nave dall’Atlantico e nuovi gasdotti ad ovest destinati a distribuire questo gas in Europa? Probabilmente la via da seguire non è quella della competizione ma semmai della collaborazione, in sinergia proprio con la strategia iberica: a loro il grosso dei nuovi rigassificatori, a noi il compito di elaborare un buon mix combinando qualche utilissimo rigassificatore in più rispetto ai pochi che abbiamo e un rafforzamento dei gasdotti da sud e da est. I progetti italiani non mancano. Anzi, a ben vedere ce ne sono in campo molti, in qualche caso nella fase già preoperativa.

Nel 2021 abbiamo consumato in Italia 71,34 miliardi di metri cubi di gas, russo per il 37,8%, con l’Algeria al secondo posto nel nostro import con il 28,4%. Bene, nel frattempo con l’acuirsi della crisi siamo già riusciti a sostituire quasi due terzi del gas che importavamo dalla Russia. Lo abbiamo fatto con quote aggiuntive di gas dall’Algeria (che è diventato così il nostro principale fornitore, scalzando la Russia) e dalla Norvegia.

Abbiamo spinto al massimo regime i tre rigassificatori già operativi in Italia, che saranno chiamati a lavorare anche le quote aggiuntive di gas è liquefatto che con i nuovi contratti recentemente siglati dal nostro Governo promette di venire da paesi come il Qatar, il Congo ma anche l’Egitto. Il terminale di Rovigo è ora capace di 8 miliardi di metri cubi l’anno, mentre Panigaglia garantisce 3,5 miliardi di mc e Livorno poco meno di 4, per una capacità totale di rigassificazione di poco più di 15 miliardi di metri cubi l’anno. Ma seguiranno presto le due navi rigassificatrici (trasportano e rigassificano direttamente a bordo una volta approdate, con grande flessibilità nella collocazione operativa) appena acquistate dalla Snam, che promettono di aggiungere ognuna 5 miliardi di metri cubi l’anno. Comprarne (o realizzarne, visti i pregi della nostra cantieristica) altre? Le decisioni potrebbero (dovrebbero, auspicano in molti) giungere a breve.

Diversificare i fornitori di gas: siamo sulla buona strada

A rendere realistica l’ipotesi di una soluzione strutturale non solo ai nostri mali metaniferi ma anche all’ipotesi di Italia hub del gas da realizzare con un avanzo strutturale dell’import rispetto al nostro fabbisogno c’è una rosa di altri progetti, alcuni concreti altri tutti da verificare. Alla massimizzazione dei nostri approvvigionamenti di gas sta già contribuendo concretamente il gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline) che ci porta il gas dall’Azerbaigian. Puntano sul TAP le speranze di incremento più concrete a breve termine: dai 7,5 miliardi di metri cubi del 2021 siamo già saliti ad un flusso pari a 9 miliardi l’anno, e un potenziamento fino a 20 miliardi di metri cubi l’anno promette di concretizzarsi in due o tre anni con il solo adeguamento dei sistemi di pompaggio, grazie al fatto che l’operazione era già stata predisposta durante la sua tormentata costruzione, che come ricorderà era stata osteggiata nella sua tratta italiana da molte associazioni ambientaliste (nonostante la mostrata neutralità ecologica dell’opera) con il sostegno di una buona fetta delle forze politiche in nome della più irresponsabile propaganda locale.

Anche il gasdotto EastMed approderà in Italia ma la Turchia…..

Più di un’incognita c’è invece per un altro progetto che potrebbe essere decisivo per il nostro “hub”: per trasportare in Europa le enormi quantità di nuovo gas delle recenti scoperte nel Mediterraneo orientale al largo di Israele, Cipro ed Egitto si sta pensando un nuovo mega gasdotto che passerebbe per Cipro, Creta e Grecia continentale. Si tratta del progetto EastMed, che come approdo ideale in Europa prevede proprio il nostro paese. Si parla di almeno 20 miliardi di metri cubi di gas l’anno ma le potenzialità di produzione del nuovo bacino (la cui consistenza è inizialmente valutata in ben 3,5 mila miliardi di metri cubi di metano di ottima qualità) potrebbero arrivare e superare i 30 miliardi di mc l’anno. Il progetto è stato classificato ufficialmente dall’Unione Europea come “prioritario”.

Tecnicamente EastMed potrebbe cominciare a fornire gas, una volta realizzato il gasdotto, già entro il 2027. Ma per avviare concretamente il progetto c’è un primo problema da risolvere: la Turchia considera “di proprio esclusivo interesse economico”, reclamandone i diritti, gran parte delle aree che comprendono i possibili giacimenti nonché parte delle aree dove dovrebbero essere realizzate le strutture di trasporto. Problema non di poco conto, se consideriamo il ruolo e l’atteggiamento dei paesi interessati nello scenario geopolitico di questo sconquassato inizio millennio. Scenario nel quale l’Italia ha solidi motivi per giocare il suo ruolo. A partire proprio dal nuovo hub del gas tra Mediterraneo e Europa.

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