Resta abbastanza ottimista il Fondo monetario Internazionale sull’Italia, mantenendo previsioni in linea con quelle di altre istituzioni economiche nazionali e sovranazionali, che pure recentemente hanno tagliato le stime di crescita. E’ quanto contenuto nell’ultimo rapporto sulla missione a Roma, nel corso del quale Rishi Goyal, a capo delle missione in Italia del Fondo, è anche intervenuto sulle riforme e sulla situazione del sistema bancario.
STIME – Secondo l’Istituto di Washington, che ha rivisto al ribasso le precedenti stime, l’Italia crescerà quest’anno “di poco meno dell’1%” e nel 2017 “di circa l’1%”, rispetto all’1,1% per il 2016 e all’1,3% per 2017 e 2018 precedentemente pronosticati. La ripresa dovrebbe essere trainata soprattutto dalla domanda interna, che è vista in crescita dell’1,3% lungo tutto il periodo, mentre l’export dovrebbe accelerare solo nel 2017. L’inflazione è a zero ma potrebbe dare qualche segno di vitalità nel 2017 (0,7%), mentre la disoccupazione dovrebbe continuare a scendere attestandosi al 10,9% l’anno venturo.
BREXIT – E’ anche Brexit a condizionare il ribasso, oltre al problema dei rifugiati e ad altri fattori di incertezza come la volatilità dei mercati ed il rallentamento del commercio mondiale. “I rischi al ribasso sono cresciuti un po’”, recita il documento, anche se Rishi Goyal ha specificato che la revisione al ribasso delle stime del Fondo “non è una cosa che ha un legame diretto con il Regno Unito, che è relativamente limitato sia sul fronte commerciale sia su quello relativo all’esposizione del settore finanziario. In generale è l’aumento della volatilità nei mercati finanziari e una maggiore incertezza a pesare probabilmente sugli investimenti e la crescita in Italia. Rigidità strutturali di lunga data e bilanci bancari logori con un debito pubblico alto (vicino al 133% del Pil) lasciano poco spazio per superare shock”.
RIFORME – Non mancano però le buone notizie: le autorità italiane, sostiene l’Fmi, hanno “la situazione sotto controllo, dal momento che stanno portando avanti un insieme molto importante di riforme in varie aree”. Per Goyal “ora è il momento giusto per ampliare e rendere ancora più efficaci queste riforme in modo tale che portino a un pacchetto di riforme strutturali e a misure fiscali pro-crescita che possono spingere la crescita nel breve termine”. Così facendo, ha concluso il capo missione del Fondo, si possono creare “i cuscinetti fiscali che rendono la crescita più robusta e si possono fornire più strumenti o lo spazio utile per potere affrontare shock avversi”.
BANCHE – Secondo Goyal del Fondo Monetario Internazionale l’intervento del governo italiano a sostegno degli istituti di credito della nazione “è un’opzione nell’ambito delle regole esistenti”. Goyal ha spiegato che le regole Ue sul cosiddetto bail-in prevedono una “flessibilità adeguata quando la stabilità finanziaria è a rischio” e pertanto la Bank Recovery and Resolution Directive (Brrd, che trasferisce il costo delle crisi dal settore pubblico agli azionisti e ai portatori di altre passività bancarie) è in grado di gestire i problemi legati alle banche italiane, che tra l’altro alla fine del 2015 erano appesantite da 360 miliardi di euro di non performing loans ossia il 18,1% dei prestiti complessivi.
Per il rappresentante del Fondo “sta alla discrezione delle autorità italiane e della Commissione europea trovare una soluzione nel caso in cui una banca richieda una ristrutturazione, cosa che presuppone all’interno del framework (della Brrd) una certa suddivisione dei costi per sostenere il salvataggio”. Il punto dunque, per il Fondo, è come autorità e istituzioni europee discuteranno al meglio per trovare la soluzione migliore su questo. Quanto agli Npl – di cui 210 miliardi di euro del totale calcolato dal Fondo sono in uno stato di insolvenza – le preoccupazioni che ne derivano “sono giustificate e prese seriamente in considerazione dalle autorità”.
Ma, sostiene infine il rapporto del Fondo, “non dovrebbero essere sovrastimate anche perchè progressi ci sono stati grazie a una serie di misure adottate dal governo italiano”. L’istituzione guidata da Christine Lagarde sostiene inoltre che il Fondo Atlante – lo strumento creato in Italia nel settore privato per facilitare la ricapitalizzazione e la gestione dei prestiti in sofferenza degli istituti di credito – “anche se con risorse al momento relativamente modeste, può dimostrare che l’acquisto di ‘bad debt’ a un prezzo maggiore di quello ora offerto da investitori specializzati può di fatto produrre rendimenti attraenti”. Secondo l’Fmi, “più il fondo Atlante ha successo, più diventerà possibile raccogliere nuove risorse creando un circolo virtuoso”.
RENZI – Non è tardata ad arrivare la reazione del presidente del Consiglio dopo la pubblicazione dei dati rivisitati: “Hanno ridotto tutti le stime dopo la Brexit: è una brutta cosa che ci sia stato questo risultato, i danni, ahimè, li sentiremo con un piccolo rallentamento dell’economia ma l’impressione è che per gli inglesi sarà un bel problema. Sul medio periodo farà più male a loro che a noi”. Così a Rtl 102,5 il premier Matteo Renzi ha commentato la riduzione delle stime di crescita per l’Italia da parte del Fondo Monetario internazionale, anche come conseguenza della Brexit.