La discussione è cominciata e sembra a buon puto. Almeno a livello diplomatica. Italia e Svizzera sono vicini ad una convenzione per regolarizzare i capitali detenuti in territorio elvetico da non residenti e sull’introduzione di un’imposta alla fonte sui redditi da capitale futuri.
Lo hanno annunciato una nota del ministero dell’Economia italiano e un comunicato del Dipartimento fiscale elvetico, anticipando che ci sarà “prossimamente” un incontro tra il premier Mario Monti e il presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf.
Il 24 maggio, invece, si terrà la prima riunione del gruppo tecnico creato ad hoc oggi.
“Le parti prendono atto con soddisfazione che la questione concernente i ristorni dei frontalieri è risolta e che il relativo ordine di pagamento in favore dell’Italia è stato dato”, dice, inoltre, la nota del Tesoro italiano, riferendosi ai rimborsi fiscali spettanti ai comuni italiani di frontiera il cui pagamento era stato congelato dal Canton Ticino.
Il negoziato riguarda uno schema di accordo analogo a quello siglato dalla Svizzera con Germania e Regno Unito.
L’intesa si baserebbe su due elementi: una sanatoria sulle imposte evase nel passato e l’attribuzione alla Svizzera del ruolo di sostituto di imposta per lo Stato italiano sulle tasse da versare in futuro.
Se l’accordo fosse firmato, pagando un’imposta su redditi e utili da capitali gli italiani con attivi in Svizzera potrebbero continuare a mantenere l’anonimato.
Il governo di Mario Monti si è mostrato in passato freddo per via della sanatoria contenuta nel modello di concordato.
“Questo è un aspetto su cui bisognerà fare delle valutazioni”, aveva detto la scorsa settimana il sottosegretario al Tesoro Vieri Ceriani a proposito del condono.
Ora Roma sembra aver superato i suoi dubbi anche alla luce del sostanziale via libera arrivato dalla Commissione europea a questi tipi di accordi, elemento a cui fa esplicito riferimento il comunicato del ministero che annuncia l’avvio del negoziato.
Gran Bretagna, Germania e Svizzera hanno infatti rinegoziato i termini delle loro intese con Berna per superare le obiezioni poste da Bruxelles nei mesi scorsi.
La Commissione europea temeva che gli accordi bilaterali potessero violare alcune direttive in materia fiscale e, soprattutto, allentare il contrasto all’evasione fiscale.